domenica 14 dicembre 2014

Tasse sulla casa: stop all'aumento. Forse il governo l'ha capita

Tasi sulla prima casa «solo» al 2,5 per mille anche per il 2015. Alla fine la decisione è arrivata. Dopo una manciata di giorni vissuti nel terrore, con la prospettiva di un raddoppio secco dell’imposta sui servizi indivisibili per il prossimo anno, i contribuenti italiani possono almeno trattenere il respiro, in attesa dell’approvazione definitiva della legge di stabilità.

Ieri, in commissione Bilancio del Senato, dal pacchetto di 60 emendamenti presentato dal governo è infatti spuntata la classica toppa al passo falso di Matteo Renzi sulla local tax. Malgrado gli annunci del premier, infatti, i tecnici di Via XX Settembre, di fronte alla complessità di unificare in un solo tributo tutta l’imposizione locale, hanno dovuto gettare la spugna e chiedere un rinvio della riforma almeno al 2016. Effetto collaterale: nel 2015 sarebbe esplosa la bomba a tempo inserita dall’ex presidente del Consiglio Enrico Letta nella legge istitutiva della Iuc, che prevede un tetto sull’abitazione principale solo per il 2014 e lascia successivamente i sindaci liberi di portare l’asticella fino al 6 per mille, esattamente come la vecchia Imu. Una prospettiva catastrofica non tanto e non solo, sotto il profilo politico, per Renzi quanto per il Paese, che negli ultimi tre anni, secondo i calcoli di Confedilizia, ha già dovuto sopportare un aumento della tassazione sulla casa che si aggira sui 44 miliardi. Un macigno che ha mandato a picco il mercato immobiliare (con cali a doppia cifra sia dei prezzi sia delle vendite) e disintegrato la fiducia dei consumatori (per Prometeia la spesa delle famiglie è tornata ai livelli del 1999).

L’intervento in zona Cesarini del governo, che ripropone il tetto al 2,5 per mille e le detrazioni finanziate con lo 0,8 per mille aggiuntivo da spalmare tra prime case e altri immobili, tranquillizza fino a un certo punto. Intanto, si tratta di una proroga dell’attuale regime solo per il 2015. Il che significa che tra 12 mesi siamo di nuovo punto e daccapo. In secondo luogo, la tenuta politica e finanziaria dell’emendamento è tutta da verificare, considerato che lo scorso anno per tenere buoni i sindaci il governo ha dovuto sborsare ai comuni 625 milioni che ora, chiaramente, non sono disponibili.
Nell’attesa che si sciolgano tutti i nodi gli italiani martedì dovranno mettere mano al portafoglio per un tax day che si preannuncia micidiale. Il bottino complessivo che finirà nelle casse dello Stato in un solo giorno, ha calcolato la Cgia di Mestre, ammonta a ben 44 miliardi di euro, praticamente più dell’intera manovra finanziaria. Il versamento dell’Iva garantirà l’importo più cospicuo, pari a 16 miliardi. Dalle ritenute Irpef l’erario incasserà altri 12 miliardi, mentre l’ultima rata dell’Imu costerà agli italiani 10,6 miliardi. La Tasi, presente per la prima volta, consentirà ai comuni di incassare 2,3 miliardi. L’altra new entry, la Tari sui rifiuti, assicurerà con un gettito di quasi 1,9 miliardi. Un altro miliardi arriverà dall’Irpef dei lavoratori autonomi e gli ultimi spiccioli, si fa per dire, dall’imposta sostitutiva sulla rivalutazione del Tfr e dalle ritenute sui bonifici per le detrazioni Irpef. Al grande salasso sono invitate anche le imprese, che per gli immobili produttivi dovranno versare sia l’Imu sia la Tasi.Per loro il tabellino degli ultimi anni è da film horror. Dai 4,7 miliardi dell’Ici del 2011 il gettito quest’anno è salito a 9,6 miliardi. Con un incremento impressionante, e per molte pmi letale, di 4,9 miliardi.

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