martedì 7 ottobre 2014

Stangata Tasi-Imu sui capannoni: +200%

Non saranno solo i proprietari di casa a piangere il prossimo 16 ottobre. All’appuntamento col fisco, infatti, dovranno presentarsi anche imprenditori, artigiani e commercianti. E il conto sarà salatissimo anche per loro. Come per i proprietari di abitazioni diverse da quella principale, chi fa impresa quest’anno dovrà fare i conti con il combinato disposto di Imu e Tasi, un mix micidiale che comporterà aumenti rispetto alla vecchia Ici che si aggirano sul tra il 100 e il 200% con picchi a volte ben superiori.

Gli immobili strumentali ad uso produttivo del gruppo D sono soggetti ad una aliquota Imu, come per il 2013 e il 2012, che può oscillare da un valore minimo del 7,6 per mille ad una valore massimo del 10,6 per mille. AL balzello nel 2014 si è aggiunta anche la Tasi, con un’aliquota che può andare da zero al 2,5 per mille. Valore a cui si può anche sommare lo 0,8 per mille da destinare alle eventuali detrazioni Tasi. L’unico limite posto dal legislatore (che comunque su questi immobili incassa il gettito Imu ad aliquota base) all’avidità dei sindaci è che complessivamente il prelievo cumulato Tasi-Imu non può superare l’11,4 per mille.
Inutile dire che la maggior parte dei comuni, se non tocca la soglia ci va molto vicino. Con un ulteriore aggravio per le imprese rappresentato dalla diminuzione nel 2014 della percentuale di imposta da poter portare in deduzione dal reddito dal 30 al 20%. Mentre la Tasi può essere portata tutta ad abbattimento dell’imponibile Ires e Irap.

Il risultato è un aumento generalizzato rispetto al 2013 e una stangata micidiale rispetto al 2011, quando c’era la vecchia tassa. Secondo quanto racconta il presidente di Grafica Veneta, Fabio Franceschi, intervistato nell’ultimo libro di Stefano Lorenzetto «L’Italia che vorrei», «fra Ici e altri balzelli immobiliari«, il conto per la sua imprea tipografica era di 30mila euro l’anno. «Con la Tasi», ha detto, «ne pago 500mila. Il 1.600 per cento in più. Da proprietario della fabbrica sono diventato inquilino dello Stato». Anche senza toccare questi rincari siderali, la media di capannoni e negozi andrà comunque incontro ad una stangata da fare impressione.
  Rispetto al 2013, secondo quanto risulta dai dati della Cgia di Mestre, gli incrementi più pesanti si registrano a Pisa, dove il salasso sarà maggiore del 31%, con un aumento medio di 791 euro. La zona guarda caso è la stessa dove lo scorso anno  l’imprenditore di Cascina, Alberto Rocchi, ha deciso di smontare pezzo per pezzo il suo capannone dopo aver ricevuto dal commercialista un conto Imu per tutta la ditta di 80mila euro. Di cui 45mila euro solo per l’immobile smantellato di 10mila metri quadri.

Mazzata anche per gli imprenditori di Brindisi (+18%, +2.314 euro) e Treviso (+17%, con un ricaro di 321 euro). Rispetto al 2011, invece, gli aggravi sono pesantissimi per tutti. Le situazioni più critiche si registrano a Prato, Cagliari, Brescia e Torino, dove la tassazione sui capannoni è più che raddoppiata. A Reggio Calabria, secondo la Cgia, il balzello è cresciuto in media del 124%, a Lucca del 128%, a Lecce del 133%, ad Aosta, del 143% e a Milano del 162%.
  Andando sugli esempi concreti il conto sale. Un negozxio a Roma in zona semicentrale di 30 metri quadri pagherà il 10,5% in più rispetto al 2013 e il 195,4% in più sul 2011.
Su un capannone da 700mila euro di valore catastale il mix Imu-Tasi sarà più salato della vecchia Imu del 168,6% a Milano, del 89,9% a Verona, del 91,9% a Roma e dell’82% a Cagliari. Il tutto, va ricordato, al netto delle deduzioni di cui sopra spacciate dal governo come grandi agevolazioni.

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