sabato 18 ottobre 2014

Sgravi Irap finanziati con aumenti Irap

Agevolazioni col trucco. Nella fretta di applaudire i tagli di Matteo Renzi non tutte le imprese si sono accorte che l’introduzione dei maxi sconti fiscali previsti dalla legge di stabilità non è affatto a costo zero. Anzi, gran parte degli sgravi sarà finanziata, se il testo della manovrà resterà quello che circola in queste ore, dall’abolizione di misure precedenti sempre volte ad abbattere il costo del lavoro. Il risultato è l’ennesima partita di giro, dove i numeri reali del beneficio alle imprese risultano molto inferiori a quelli urlati dal premier a colpi di «slide».

Partiamo dal capitolo più corposo, che riguarda l’Irap. Il taglio promesso da Renzi, sulla carta, è di tutto rispetto. Azzeramento dell’imposta regionale per quello che riguarda la componente lavoro relativa ai contratti a tempo indeterminato. Bene, anzi benissimo. Se non fosse che il taglio della legge di stabilità si porta via quello operato solo qualche mese fa con il decreto Irpef (quello del bonus da 80 euro, per intendersi).
Ma partiamo dall’inizio. L’Irap è una tassa che si calcola sul valore della produzione netta, ovvero la differenza tra i ricavi di un’impresa e alcuni costi sostenuti. Tra le uscite che possono abbattere l’imponibile ci sono le quote di ammortamento, i canoni di leasing, la locazione dei beni strumentali, l’acquisto di beni e servizi necessari per l’attività, ma non le spese per i lavoratori, gli interessi passivi pagati alle banche per prestiti e mutui, l’Imu e le spese di rappresentanza.

La grande rivoluzione prospettata da Renzi è quella di far transitare il costo sostenuto per i dipendenti a tempo indeterminato nella lista delle voci deducibili. Il costo dell’operazione, secondo i calcoli del governo è di 5 miliardi. Parte di questi arriveranno dall’aumento della tassazione per Fondazioni e fondi pensione e dalla stretta sui giochi. Gli altri, invece, arriveranno dalle stesse imprese. La legge di stabilità, infatti, si rimangia il taglio del 10% dell’Irap sbandierato a giugno da Renzi. Nel dettaglio, dal primo gennaio 2015 l’aliquota ordinaria tornerà dal 3,5% al vecchio valore del 3,9%. A cascata tutte le altre: le banche torneranno dal 4,20 al 4,65%, le assicurazioni dal 5,30 al 5,90%, le imprese agricole dall’1,70 all’1,90% e le aziende in concessione dal 3,80 al 4,20%. Per le imprese che hanno tanti dipendenti a tempo indeterminato, lo sconto del 2015 sarà comunque molto conveniente. Per le piccole imprese che hanno pochi lavoratori, per chi ha collaboratori e dipendenti a tempo e per chi ha molti oneri finanziari indeducibili (chi non ha prestiti in questo periodo?) sarà una stangata, perché pagherà un’Irap più salata, senza poter usufruire della maxi deduzione. In sostanza, denunciano dal Centro studi di Unimpresa, «i 5 miliardi di sconto Irap annunciati dal governo si riducono a circa 2,9 miliardi».

Discorso simile, se non peggiore, per la decontribuzione dei neoassunti a tempo indeterminato. In cambio della misura, prevista solo per i prossimi tre anni (che non vale ai fini Inail ed è limitato a 6.200 euro annui), le imprese perderanno per sempre alcune agevolazioni oggi in vigore. La prima norma che salta è la “407”, in vigore dal 1991. Si tratta dello sgravio contributivo per 36 mesi (del 50% o del 100% per le aziende del Mezzogiorno e le imprese artigiane), per chi assume lavoratori disoccupati da almeno due anni.
L’altra agevolazione che scompare è quella relativa all’apprendistato. Il contratto di formazione triennale prevede oggi la possibilità per l’azienda di pagare i contributi con aliquota agevolata al 10%, che diventano zero per le imprese sotto i 9 dipendenti. Lo sconto arriva al quarto anno. Se l’apprendista viene stabilizzato l’impresa può usfruire del regime agevolato per altri 12 mesi. Dal gennaio 2015 l’anno di proroga non sarà più consentito.
È grazie ai queste sforbiciate, secondo i tecnici di governo, che la dote per la decontribuzione dei neoassunti, per cui il governo ha previsto solo 1 miliardo l’anno, lieviterà a 1,8 miliardi nel 2015. 3,5 nel 2016 e 3,7 per il 2017.
L’ultimo raschiata del barile, infine, riguarda il fondo per gli incentivi della contrattazione aziendale. Saccheggiato già negli scorsi anni, per il 2015 passa da 557 a 349 milioni, con una bella sforbiciata di circa 220 milioni.

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