Le tasse sono altissime e gli 80 euro «un surrogato» che avrà l’unico effetto di ritardare la riforma del fisco. Da oggi Matteo Renzi sarà costretto ad inserire nel lungo elenco di «gufi», che a suo dire tifano contro l’Italia, anche la Corte dei Conti. Un atto dovuto, per il premier toscano, considerata la robusta lista di doglianze contenuta nel Rapporto 2014 sulla finanza pubblica presentato ieri dal presidente dei magistrati contabili Raffaele Squitieri.
Al centro dell’impietosa analisi della Corte dei Conti c’è proprio la questione degli sgravi fiscali, su cui il governo ha costruito in questi primi cento giorni di attività gran parte del suo consenso politico ed elettorale. La tesi dei magistrati contabili è che il nostro sistema tributario sia cosa troppo seria e troppo malandata per pensare di archiviare la pratica con qualche spicciolo consegnato nelle tasche di alcuni contribuenti. «Evasione, erosione, fughe dalla progressività, ma anche politiche redistributive basate sulle detrazioni d’imposta, così come scelte selettive affidate a strumenti surrogati (i prelievi di solidarietà, i bonus, i tagli retributivi)», si legge nella relazione, «sono all’origine di un sistematico svuotamento della base dell’imponibile, finendo per intaccare la portata e l’efficacia redistributiva dell’imposta». Il problema, continuano i magistrati contabili, è che queste scelte «allontanano e rendono più difficile l’attuazione di un disegno equo e strutturale di riduzione e redistribuzione dell’onere tributario».
Proprio il contrario, insomma, di quello che si dovrebbe fare per liberare il Paese da una morsa del fisco diventata insostenibile. La pressione delle tasse alla fine del 2013 era al 43,8% del Pil, quasi 3 punti oltre il livello del 2000 e quasi 4 punti rispetto al valore medio degli altri 26 Paesi europei. Quanto al lavoro, spiega la Corte dei Conti, «l’eccesso di prelievo trova conferma nei dati dell’Ocse che evidenziano un cuneo fiscale pari al 47,8% in Italia rispetto a una media Ue a 21 pari al 42%». Il quadro complessivo è quello di un prelievo fiscale «eccessivo e mal distribuito» su cui pesa, ovviamente, come un macigno anche il conto dell’evasione. Il confronto internazionale, riferito al fenomeno dell’economia sommersa, vede l’Italia ai vertici quanto a dimensioni del fenomeno: il 21,1% del pil nel 2013. Di oltre 50 miliardi «è l’evasione stimata per il solo 2011 per Iva e Irap che, con 150 miliardi, spiegano un quinto delle entrate tributarie complessive della Pa». In questo scenario, la ricetta suggerita dalla magistratura contabile passa per la spending review. «Un contenimento della spesa», si legge nel testo, «è la strada obbligata per ridurre il peso della tassazione sull’economia». La spinta verso una riduzione ed un riequilibrio della pressione tributaria, si deve però «confrontare con i vincoli della finanza pubblica e con l’idoneità degli strumenti a disposizione».
Sul fronte dei conti, avverte Squitieri, «la condotta di finanza pubblica richiede ancora molta accortezza e grande disciplina», ma, «rigore e disciplina segnano la politica di bilancio da almeno 4 anni». Ecco perché «uno sforzo eccezionale» non può « realisticamente essere protratto troppo oltre in assenza di crescita economica». Di certo, incalza il magistrato, «preoccupa la tendenza del debito pubblico».
L’unica strada per conciliare rigore e crescita, a giudizio della Corte dei Conti, «è quella delle riforme». Su questo versante l’esecutivo «ha annunciato interventi strutturali in tutti i campi dell’economia e dell’amministrazione». Una strategia che trova il sostegno «convinto» della magistratura contabile, perché «questa occasione non si può perdere».
L’uno due della Corte dei Conti non sarà un bel biglietto da visita per il premier Renzi, da ieri sera a Bruxelles per il G7. Ma il governo ha tentato di incassare il colpo senza scomporsi. Il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, ha voluto rassicurare sull’alto stock del debito, spiegando che «la «sostenibilità di lungo periodo delle finanze italiane è maggiore di quella di altri paesi Ue» e ricordando che «l’Italia ha fatto e continua a fare i compiti a casa». Tra il 2011 e il 2013, ha detto, «il valore delle manovre è stato di 67 miliardi». Poi ha girato la palla a Bruxelles, avvertendo che «l’Europa è al bivio: o una politica economica che sia un indirizzo molto forte su una visione per i prossimi anni o, se non si coglie questa finestra, l’opportunità andrà persa». Quanto al bonus, il viceministro all’Economia, Enrico Morando, ha detto di «avere massima considerazione per la Corte dei Conti», ma il consiglio dell’Ue «lo apprezza senza alcuna ambiguità».
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