Settecento milioni dati, un miliardo tolto. Si preannuncia una vera e propria beffa quella architettata da Matteo Renzi ai danni delle imprese. Il decreto Irpef ancora non è approdato in Gazzetta ufficiale e, teoricamente, c’è il tempo per limature, modifiche e aggiustamenti. Se le ultime bozze circolate dovessero essere confermate, però, l’effetto fiscale del provvedimento a carico delle aziende sarà clamoroso, con un saldo finale per il 2014 chesi rivelerà addirittura negativo malgrado i tagli di imposte annunciati.
Dalla sforbiciata del 10% all’Irap, con la riduzione dell’aliquota ordinaria dal 3,9 al 3,5%, le imprese avranno un beneficio fiscale a regime di circa 2,6 miliardi. Lo sgravio per quest’anno, però, sarà limitato all’acconto di novembre, che sarà pagato con una tassazione Irap al 3,7%, in attesa di ricalcolare l’importo reale (con Irap al 3,5%) con il saldo di giugno 2015. Il risparmio fiscale del 2014 viene quindi quantificato in 700 milioni.
Una bella cifra, se non fosse che nello stesso anno il settore dovrà far fronte a circa 1 miliardo di maggiori esborsi. Quattrocento milioni arriveranno nelle casse dello Stato dalla rimodulazione di alcune agevolazioni fiscali. In particolare si tratta di una limitazione dell’esenzione Imu per le imprese agricole che operano nelle zone svantaggiate, che vale circa 350 milioni, e dell’eliminazione del regime di esonero per le cosiddette imprese marginali, che vale 21 milioni. Altri 33 milioni arriveranno dalla riduzione degli sgravi fiscali per le imprese agricole che producono energia da fonti rinnovabili.
Il colpo da maestro dei tecnici che hanno messo a punto il decreto Irpef riguarda, però, gli altri 600 milioni. La misura che compare nel provvedimento va a modificare una novità fiscale introdotta solo qualche mese fa dalla legge di stabilità firmata dall’ex premier Enrico Letta. Si tratta della norma relativa alle rivalutazioni dei beni d’impresa in base alla quale il maggiore valore veniva tassato attraverso il pagamento di una imposta sostitutiva del 16% per i beni ammortizzabili e del 12% per quelli non ammortizzabili. Secondo la manovra dello scorso anno l’imposta sarebbe stata spalmata su un periodo di tre anni. Al termine del quale l’impresa avrebbe potuto dedurre i maggiori ammortamenti sui beni rivalutati.
Ed ecco la trovata di Renzi per fare cassa. In barba a qualsiasi principio di certezza del diritto il decreto Irpef cambia le regole in corsa e stabilisce che l’imposta sostitutiva debba essere versata subito ed in un’unica soluzione.Complessivamente si tratta di una stangata di circa 600 milioni di euro. Esborso che però, incredibilmente, non darà la possibilità all’impresa di dedurre subito gli ammortamenti.
La scadenza, salvo modifiche dell’ultima ora, resta infatti fissata al periodo triennale previsto dalla legge di stabilità. Nei fatti, si tratta diun prestito forzoso a costo zero verso lo Stato. Una furbata che piacerà pochissimo alle imprese e sta facendo storcere il naso anche nella maggioranza. Rispondendo sul blog Phastidio.net ad una lettera dell’economista Mario Seminerio, il sottosegretario all’Economia, Enrico Zanetti, che di fisco se ne intende, la definisce «una disposizione decisamente poco ortodossa» che lo lascia «parecchio interdetto», soprattutto se si considera che Renzi «vantava poche settimane fa disponibilità di coperture addirittura doppie rispetto alle necessità».
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