giovedì 24 aprile 2014

Mistero sul bonus di Renzi. Il decreto ancora non c'è

«Se non è la tela di Penelope», ha ironizzato Renato Brunetta, «poco ci manca». In effetti, anche ieri, malgrado le agenzie dessero per imminente la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale, il testo del decreto sul bonus da 80 euro non è arrivato. Eppure, c’è chi assicura che il dl sia stato ultimato, impacchettato e spedito al Quirinale. Cosa è successo sul Colle per spingere il capo dello Stato, Giorgio Napolitano, a ritardare l’ufficializzazione degli interventi messi a punto dal governo? La versione più diffusa che circola, forse messa in giro ad arte dalle solite «fonti» di Palazzo Chigi, è che ci sia stato solo un problema di tempi. Un disguido tecnico, insomma, che avrebbe costretto i funzionari a rinviare ad oggi la pubblicazione in Gazzetta.


In attesa del testo ufficiale, nella serata di ieri è ampiamente circolata la bozza che si presume definitiva. La prima cosa che balza all’occhio, scorrendo il provvedimento, è che il premier, malgrado la rabbia di Confindustria, non ha fatto alcun passo indietro sul miliardo di coperture che arriverà dalla riduzione delle esenzioni Imu per il settore agricolo e l’unificazione delle rate per il pagamento dell'imposta sulla rivalutazione dei beni aziendali. Anzi, nell'ultima versione del dl sono state addirittura leggermente ritoccate al rialzo le aliquote intermedie dell’Irap, quelle che le imprese dovranno pagare quest’anno in sede di acconto (101,5% dell’intero importo) in attesa di recuperare le somme a giugno 2015 in sede di conguaglio. Il calcolo complessivo, come emerge dalla tabella allegata al provvedimento, stima un minore gettito nel 2014 di 700 milioni e di 3,1 miliardi, sempre per effetto del meccanismo degli acconti, per il 2015. A regime, però, la norma dovrebbe comportare una riduzione di imposte per le imprese di 2 miliardi. Il che significa meno del 10% (il taglio promesso) dei 24 miliardi di Irap complessiva versata nel 2012.

Per il resto, il bonus totale che i lavoratori con un reddito tra 8 e 24mila euro si troveranno in busta paga tra maggio e dicembre 2014 ammonterà a 640 euro. Si tratta quindi degli 80 euro mensili promessi dal governo, che decresceranno con l’aumentare del reddito dai 24 ai 26 mila euro, soglia oltre la quale è previsto l’azzeramento del beneficio. La norma è valida solamente per l’anno in corso, ma nel testo si assicura che il bonus diventerà strutturale con la legge di stabilità per l’anno 2015. Per la riduzione dell’Irpef ai lavoratori dipendenti (che per ora vale 6,65 miliardi) spunta un fondo apposito, dotato degli effetti strutturali dei tagli, vale a dire 2,7 miliardi per il 2015, 4,7 per il 2016, 4,1 per il 2017 e 2 a decorrere dal 2018.

Per quanto riguarda il capitolo dei risparmi di spesa, i tagli ai ministeri e a Palazzo Chigi passa da 200 a 240 milioni di euro. Dalla riduzione degli acquisti per beni e servizi arriveranno 2,1 miliardi divisi tra Stato, Regioni ed enti locali. I contratti si dovranno ridurre del 5%. La rinegoziazione prevede la possibilità di recedere entro 30 giorni senza penali. Nella Pa, per il 2014, non saranno consentiti incarichi di consulenza che prevedano una spesa superiore a quella del personale amministrativo. Il tetto è al 4,2% per gli enti con spesa massima di 5 milioni di euro e all’1,4% per quelli che superano i 5 milioni. Un taglio dal quale sono esclusi i settori Università e Sanità. Viene confermato a 240.000 euro il tetto per i dirigenti (vale 40 milioni) e i manager pubblici e il contributo di 150 milioni che dovrà arrivare dalla Rai. Confermato pure l’innalzamento della tassazione delle rendite al 26% dal 1 luglio, che comprenderà anche gli interessi sui conti correnti e depositi bancari e postali, con l’esclusione dei titoli di stato. Il gettito stimato è 720 milioni nel 2014, 2,3 miliardi nel 2015 e 3 nel 2016. Quanto alla lotta all'evasione il governo ha ridimensionato da 3 a 2 i maggiori incassi previsti per l’anno prossimo che saranno destinati al taglio del cuneo.

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