mercoledì 12 febbraio 2020

Banche e agenti del fisco ci lasciano senza tetto. Boom di pignoramenti

Da anni si parla di leggi a protezione delle proprietà immobiliari di chi è temporaneamente in difficoltà, di norme sul fallimenti personali, sull’esdebitazione, sulla tutela della prima casa. I Cinquestelle avevano addirittura chiamato a Palazzo Chigi Sergio Bramini, l’imprenditore che si era visto pignorare l’abitazione per alcuni debiti non saldati malgrado i suoi crediti vantati verso la pubblica amministrazione, il simbolo della protesta contro le vessazioni del fisco e l’inflessibilità delle banche.
Annunci, promesse e norme non sono, però, serviti a molto. Gli istituti di credito (ancora alle prese con montagne di sofferenze) e gli agenti della riscossione (pressati dall’inesauribile fame di incassi tributari dei governi) hanno proseguito senza cedimenti il loro assedio a famiglie e imprese in difficoltà finanziarie per rientrare in possesso del dovuto.
E quando l’economia si ferma, la crescita arranca e i balzelli aumentano, il numero delle vittime, inevitabilmente, lievita. Come dimostrano i dati sfornati ieri dal Centro studi di Sogeea, che nel suo consueto rapporto semestrale sulle aste immobiliari ha fotografato il dramma di migliaia di italiani che hanno dovuto abbandonare la propria casa.

Classe media
Al 31 dicembre 2019 sono state rilevate 23.904 aste immobiliari dovute al pignoramenti di edifici (escludendo i terreni e altre tipologie di proprietà) per un valore complessivo di 3,5 miliardi. Si tratta del 25% in più rispetto allo scorso anno. Un incremento che segue quello del 21% già registrato nel primo semestre dello scorso anno. Nell’elenco ci sono anche immobili di pregio, come lo storico cinema Adriano di Roma, l’Hotel Daniel’s di Via Frattina, sempre nella Capitale, il Castello di Ozegna a Torino, Villa Odescalchi a Como. Ma il grosso dei beni tolti dai tribunali ai precedenti proprietari è di tipo residenziale (23.710) di taglio assai più modesto. Il 67% delle case messe in vendita tramite asta ha un prezzo inferiore ai 100mila euro, percentuale che sale fino all’88% se si prendono in esame anche gli immobili il cui prezzo è compreso tra 100mila e 200mila euro. A fare le spese della crisi e a subire i pignoramenti, insomma, è principalmente la classe medio-bassa.

«Troppo spesso»,  spiega Sandro Simoncini, docente di urbanistica e di economia delle imprese all’università Uninettuno e direttore scientifico del Centro Studi, «quando parliamo di case all’asta ci si dimentica la storia dolorosa di quell’immobile. Chi compra oggi non la fa semplicemente per investire i suoi soldi, ma per realizzare un progetto di vita. Lo stesso progetto che per qualcun altro, purtroppo, è naufragato in un fallimento. Per questo sarebbe opportuno creare un fondo di salvaguardia che possa aiutare un imprenditore o un proprietario a conservare il proprio immobile».
Dal punto di vista territoriale, più della metà degli immobili residenziali in vendita (13.152 unità) si concentra nel Nord del Paese. A guidare la classifica, infatti, c’è la Lombardia (3.343). A seguire ci sono la Sicilia (2.720), il Lazio (2.565 immobili), il Veneto (2.265) e la Toscana (2.151). Sopra quota 1.500 immobili anche il Piemonte (1702) e la Campania (1.610). A livello di province, invece, spiccano le 1.443 case all’asta di Roma. Seguono Vicenza (944), Catania (846) e Bergamo (800).
Sul versante turistico ricettivo, invece, le strutture all’asta sono 194. Firenze e Trento sono le città con più alberghi in vendita (13); seguono Grosseto (10) e Pistoia (8).

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