venerdì 24 marzo 2017

Nessuna tutela e troppe tasse. Ecco perché si fermano i taxi

Lo sciopero è stato massiccio. Con adesioni intorno all’80% in tutta Italia e picchi del 90-100% in alcuni  capoluoghi. Il tentativo del governo di disinnescare la protesta dei taxi è clamorosamente fallito. Anzi, in mancanza di un cambio di direzione, i sindacati si dicono anche pronti «a nuove forme di lotta». Secondo il sottosegretario alle Infrastrutture, Riccardo Nencini, che ha definito lo sciopero «immotivato», l’esecutivo «ha rispettato in pieno gli impegni», presentando il decreto interministeriale per la lotta all’abusivismo, addirittura «in anticipo rispetto alla scadenza prevista».

Al di là del fatto che il provvedimento è atteso da circa otto anni e sarebbe già stato varato se l’emendamento Lanzillotta al milleproroghe non avesse disposto un altro rinvio, quello che ai sindacati non è andato giù è l’ennesimo voltafaccia di Palazzo Chigi. L’accordo firmato dalle sigle e dal ministro dei Trasporti Graziano Delrio un mese fa prevedeva la sostanziale applicazione della legge 14 del 2009, attraverso la messa al bando di tutte le forme di concorrenza sleale da parte dei servizi di Noleggio con conducente (Ncc) o delle nuove piattaforme tecnologiche tipo Uber. Il testo proposto dal governo è non solo molto più blando (gli Ncc, ad esempio, possono rimanere in strada come i taxi se hanno pacchetti di prenotazioni e le app per smartphone sono consentite se pagano le tasse in Italia), ma rinvia di fatto la definizione delle nuove regole alla legge delega contenuta nell’articolo 71 del ddl concorrenza in discussione al Senato. Un provvedimento visto come fumo negli occhi dai tassisti, che accusano la maggioranza di aver stravolto a colpi di emendamenti l’impianto originario. «Se provano a far passare ciò che è all’ordine del giorno in Senato e il documento che ci è stato presentato  di questi scioperi ne vedranno tanti», ha minacciato Nicola Di Giacobbe, di Unica Cgil.

Nessun segnale è poi arrivato sul fronte dei costi, che sono i più alti d’Europa. Secondo una recente indagine della Cgia di Mestre tra prezzo del gasolio, pressione tributaria, costo dell’assicurazione e spese per l’acquisto della vettura i tassisti italiani sono costretti a sostenere oneri aggiuntivi che arrivano fino al 57% in più rispetto alla media europea. Di qui la richiesta che le nuove regole non penalizzino ulteriormente una categoria già tartassata da fisco e tariffe.
Il bello è che il governo è riuscito a scontentare tutti. Il decreto  non piace a Uber («proposta deludente») e neanche agli Ncc («provvedimento penalizzante»). Scontenti pure i consumatori. Per l’Unc di Massimiliano Dona è «una pessima riforma che lascia le cose come stanno». A guardare con ottimismo al negoziato è solo la Uritaxi di Loreno Bittarelli, secondo cui l’alta partecipazione allo sciopero è dovuta solo alla «paura di ritorsioni».

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