martedì 14 febbraio 2017

La Ue dà i numeri: l'Italia cresce meno di tutti

Pierre Moscovici, forse spinto dalle nubi che si addensano sulla Francia, ce l’ha messa tutta per indorare la pillola. Presentando ai giornalisti le «previsioni di inverno» della Ue, il commissario agli Affari economici ha spiegato che nei confronti dell’Italia non c’è alcun «ultimatum» e che Bruxelles sta discutendo «in un clima molto costruttivo con il governo e in particolare con il ministro Pier Carlo Padoan».

Ma l’ottimismo sull’esito della trattativa per la manovra correttiva dello 0,2% del Pil viene gelato dai numeri pubblicati nel rapportone europeo. Basta andare sul sito della Commissione dedicato alle Winter 2017 economic forecast per capire che c’è qualcosa che non va. Nella mappa che raffigura l’Europa c’è solo un Paese colorato di blu scuro. Si tratta della tinta dedicata alle economie che crescono meno dell’1%. E i confini che disegnano uno stivale rendono il verdetto inequivocabile. Nel momento in cui, per la prima volta in quasi dieci anni, tutti i Paesi europei compaiono con il segno più davanti, l’Italia con il suo +0,9% di Pil («una crescita stabile e modesta» per colpa della «incertezza politica e dell’aggiustamento del settore bancario») registrato lo scorso anno e previsto per il 2017 si piazza saldamente in fondo alla classifica. Nel 2016 solo la Grecia, che si è fermata al +0,3%, ha fatto peggio. Mentre nell’anno in corso, malgrado la revisione al rialzo delle stime (dal precedente 0,7%), il nostro Paese è l’unico che non riesce a scavallare l’1% di crescita, rimanendo molto lontano sia dalla media dell’Eurozona (+1,7%), sia da quella della Ue (+1,9%). E il primato negativo proseguirà anche nel 2018, dove l’Italia faticosamente riconquisterà un paio di decimali, al +1,1%, mente tutti cresceranno con percentuali almeno dell’1,5%.

Il passo di lumaca con cui si muove la nostra economia non aiuta ovviamente il risanamento dei conti pubblici. Secondo la Commissione il deficit-Pil si attesterà al 2,4% quest’anno e al 2,6% il prossimo, più o meno in linea con le precedenti stime. Si abbassa invece l’asticella del diavanzo strutturale, previsto al 2% nel 2017 e al 2,5% nel 2018 (erano rispettivamente al 2,2 e al 2,4%). Mentre sale quella del debito-pil, che dovrebbe raggiungere il 133,2% nel 2018, rispetto al 133,1% precedentemente stimato.
Cifre che difficilmente consentiranno deroghe a quanto già promesso dal governo. La Commissione ha preso atto «positivamente» dell’impegno assunto pubblicamente dal ministro dell’Economia. Ma le misure, di cui la Ue aspetta i dettagli, dovranno essere messe in atto. Perché, ha spiegato Moscovici, «servono a ridurre lo scarto ed essere in piena conformità con il braccio preventivo del patto di stabilità, condizione necessaria per avere più flessibilità per riforme strutturali e investimenti, dopo quella concessa nel 2016». Il commissario Ue ha poi confermato che «nelle prossime settimane», probabilmente il 22, ma non è escluso uno slittamento, la Commissione pubblicherà il rapporto sul debito. Sarà quello l’appuntamento decisivo, dove potrebbe scattare l’apertura della procedura d’infrazione. Ipotesi su cui, per ora, Moscovici è stato molto cauto. «Come in tutti i rapporti precedenti», ha detto, «la Commissione guarderà a tutti i fattori pertinenti che potrebbero spiegare perché, a prima vista, l’Italia non è stata in conformità con la regola del debito nel 2015». Ma è ancora presto per capire come si chiuderà la partita. «I lavori», si è limitato a dire, «sono in corso».

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