sabato 23 luglio 2016

La Bce benedice la bad bank, ma Berlino insiste con i "nein"

Dal paracadute pubblico alla bad bank. Mentre Berlino non sembra intenzionata a mollare la presa, dalla Bce continuano ad arrivare segnali distensivi sulla possibilità di una soluzione istituzionale per sciogliere il nodo delle sofferenze bancarie. Chiaro ed esplicito il messaggio arrivato venerdì da Mario Draghi. Le norme che vietano gli aiuti di Stato in favore del recupero delle perdite ai danni degli investitori, ha spiegato il numero uno dell’Eurotower, consentono margini di flessibilità che possono e devono essere sfruttati per attutire le distorsioni del mercato dei crediti deteriorati. In altre parole, «in condizioni straordinarie non va esclusa la possibilità di un sostegno pubblico», che sarebbe «utile» e «importante». Un’apertura considerata determinante dal presidente dell’Abi, Antonio Patuelli, che ieri in un’intervista al Corriere della Sera, ha applaudito il cambio di passo. «Finalmente il quadro non è più teorico», ha spiegato, «Draghi ha precisato che il paracadute pubblico non è la via principale, ma è possibile in caso di assoluta necessità».

Dopo le parole di Draghi, ieri è tornato sulla questione anche Ewald Nowotny, membro del consiglio esecutivo della Bce, che ha addirittura rispolverato la vecchia soluzione di sistema archiviata dal governo lo scorso autunno dopo un serrato braccio di ferro con la Commissione europea. Secondo il governatore della Banca centrale d’Austria i problemi delle banche italiane potrebbero infatti essere risolti con «la creazione di una bad bank». Quanto al caso specifico di Mps, su cui venerdì Draghi non ha voluto fare commenti in attesa dei risultati degli stress test che saranno diffusi il prossimo 29 luglio, Nowotny si è limitato a dire che la banca senese «ha bisogno di una soluzione rapida e concreta ai suoi problemi». Dichiarazione che rimanda direttamente ai contatti continui che in questi giorni il management di Mps sta tenendo con l’Eurotower per mettere a punto il percorso per ottemperare alla richiesta di cessione di 9,7 miliardi di sofferenze nette. Il progetto sul tavolo è quello che prevede l’utilizzo degli 1,7 miliardi in pancia ad Atlante per l’acquisto della tranche equity della cartolarizzazione e di altri 6 miliardi grazie ad un prestito ponte di Jp Morgan. Mancherebbero all’appello altri 2 miliardi (alcuni stimano 4) su cui potrebbe entrare in gioco il nascituro fondo Giasone, alter ego di Atlante.
Intanto ieri si è appreso che il gup di Milano deciderà il 15 settembre sulla richiesta di rinvio a giudizio per 16 imputati del processo Mps, tra cui gli ex vertici Giuseppe Mussari e Antonio Vigni.

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