venerdì 3 giugno 2016

L'Inps stavolta si supera: non paga 32mila persone

Non sempre gli errori negli importi delle pensioni, che abbiamo visto essere tanti e diffusi, sono dovuti a disguidi tecnici o sviste dei funzionari. In alcuni circostanze ci si mette anche l’ingarbuglio legislativo. È il caso, ad esempio, dei 32mila pensionati rimasti per anni impigliati in un cavillo dello legge Fornero ed ora, che avrebbero diritto al ricalcolo, nelle lentezze della burocrazia, rapida nell’incassare, lentissima nel pagare. La vicenda riguarda tutti i lavoratori che, con l’entrata in vigore della riforma delle pensioni, dal gennaio 2012 hanno deciso di andare in pensione anticipata (la vecchia anzianità), avendo i requisiti contributivi, ma non quelli di età (62 anni). Per queste «uscite» la Fornero, manco a dirlo, ha previsto delle penalizzazioni: riduzione dell’1% per ciascuno degli   anni mancanti al compimento dei 62 anni e al 2% per ciascuno degli anni mancanti al compimento dei 60.

Fino al 2017, in considerazione del terremoto provocato dalla riforma, le penalizzazioni sono state congelate. Ma non per tutti. Solo per chi ha maturato i requisiti contributivi grazie esclusivamente a periodi di prestazione effettiva di lavoro unitamente ad alcuni tassativi periodi di contribuzione figurativa (astensione obbligatoria di maternità, obbligo di leva, infortunio, malattia, cassa integrazione guadagni ordinaria). Dalla rete di salvataggio sono quindi rimasti fuori moltissimi casi, tra cui i periodi di disoccupazione, di cassa integrazione straordinaria, di mobilità, i contributi volontari, le maggiorazioni da amianto, da invalidità, da cecità, l’aspettativa ex legge 300/1970, il riscatto dei periodi di laurea. Chi è andato in pensione anticipata anche con solo una settimana di questi contributi si è beccato una bella sforbiciata all’assegno, spesso a sorpresa.

Del pasticcio si è accorta la deputata del Pd in commissione Lavoro, Marialuisa Gnecchi, che nella manovra 2014 è riuscita ad inserire un emendamento per allargare la platea dei «non penalizzati». Solo, però, per le pensioni liquidate dal gennaio 2015. Lasciando, dunque, fuori tutti i malcapitati (in prevalenza donne a causa dei più bassi requisiti contributivi) che hanno lasciato il lavoro negli anni 2012, 2013 e 2014. Nella legge di stabilità dello scorso autunno la Gnecchi è tornata all’attacco. Dopo un lungo duello, a colpi di proiezioni sui costi dell’operazione da parte di Inps e Ragioneria dello Stato, l’esponente Dem è riuscita a strappare al ministero dell’Economia l’impegno a salvare anche gli anni passati, ma con ricalcolo della pensione solo a partire dal gennaio scorso. In pratica, senza arretrati.

Fatta la legge, i soldi chiaramente non sono arrivati. I 32mila «penalizzati» coinvolti hanno costituito comitati, mandato lettere, lanciato appelli. Ma non c’è stato nulla da fare. Sembra che l’Inps sia troppo indaffarata per ricomputare i trattamenti. Anche la stessa Gnecchi si è attivata. Questa la risposta dell’Istituto di previdenza: «Stiamo lavorando a molte cose che non ci hanno ancora permesso di fare la ricostituzione batch. Al massimo entro la rata di luglio contiamo di effettuare la ricostituzione, ovviamente, con decorrenza arretrati gennaio 2016. I programmi di calcolo che Lei in qualche modo conosce sono molto sotto stress. Siamo pochi e facciamo il possibile per mettere in fila tutto il prima possibile, comprendendo le legittime aspettative delle persone". Troppo pochi. Troppo stress.

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