mercoledì 11 novembre 2015

Vani, metri quadri, catasto: le cose da sapere

Tari, Tasi, Imu, vani e metri quadri. Per essere una semplificazione la novità annunciata lunedì dall’Agenzia delle entrate ha creato un bel po’ di confusione. Alimentata anche dall’insistenza con cui il fisco ha voluto sottolineare l’importanza dell’operazione trasparenza ai fini del calcolo dell’imposta sui rifiuti.

«Arriva direttamente in visura», si legge nel comunicato dell’Agenzia delle entrate, «anche la superficie ai fini Tari, per consentire ai cittadini di verificare con facilità i dati utilizzati dai Comuni».
In realtà, il cambiamento introdotto dalle Entrate è semplicemente che da oggi per 57 milioni di immobili (circa 3 sono stati censiti senza planimetria) sarà possibile visualizzare on line, insieme ai consueti dati (Comune, sezione urbana, foglio, particella, subalterno), anche due altri numeri. Uno, per tutte le categorie, relativo alla superficie catastale  in metri quadri così come determinata dal Dpr 138/98, che prevede specifiche metodologie di calcolo per le pertinenze collegate e le aree esterne. Si tratta, in questo caso della cosiddetta superficie lorda o commerciale. Il secondo dato, solo per le unità abitative, tiene invece conto solo della superficie netta e dei muri, senza comprendere balconi, terrazzi ed aree esterne. Questo, secondo il fisco, è il dato da prendere in considerazione per il calcolo della Tari. Ma non è così semplice come la fa l’Agenzia. Per avere il valore effettivo su cui pagare l’imposta sui rifiuti, infatti, bisogna avere la superficie calpestabile, togliendo dal conteggio anche i muri. Cosa che, sulla base delle disposizioni contenute nella manovra del 2013, avviene sottraendo alla superficie netta una quota standard del 20%.

Ed ecco la confusione che torna. Se i numeri del catasto non coincidono con quelli in nostro possesso? A quel punto bisognerà segnalare l’anomalia e sperare che l’Agenzia delle entrate accolga la nostra richiesta. Diverso è il caso di chi abita in case vecchie, con muri portanti o di spina molto robusti. Il Dpr 138/98 prevede che lo spessore massimo sia di 50 cm e anche quel 20% da togliere è calcolato su questa presunzione. D’altra parte, se il muro è più grande, è ovvio che la superficie calpestabile sia più piccola. Logico, ma impossibile da spiegare al catasto, che continuerà a fornire ai Comuni un dato errato e sovrastimato, seppure a norma di legge, su cui applicare la Tari.
C’è poi la possibilità, non peregrina, che anche la superficie lorda sia sballata. «Abbiamo fatto subito alcune verifiche», spiega a Libero il presidente della Fimaa Roma (la Federazione di Confccommercio delle agenzie immobiliari) Maurizio Pezzetta, «e abbiamo notato molte discrepanze, sia in eccesso sia in difetto». L’errore può dipendere da molti fattori. «Ad esempio», dice, «il catasto potrebbe avere una planimetria con la scala sbagliata o con le metrature non aggiornate in seguito ad un condono».

I problemi maggiori sono in prospettiva. Per la Tari di fatto non cambia nulla. Ma l’introduzione dei metri quadri nella visura è stata letta da molti come il primo passo verso il nuovo catasto, che per calcolare il valore dell’immobile ai fini fiscali (Tasi, Imu, imposte di registro) utilizzerà proprio la superficie al posto dell’attuale metodo basato sui vani. Una fuga in avanti (considerato che del decreto delegato della riforma ancora non c’è traccia) che rischia di istituzionalizzare un criterio di misurazione della superficie (basato sul Dpr 138/98) non solo inadatto a calcolare tutte le tipologie di abitazione, ma anche non in linea col mercato. «I terrazzi», spiega ad esempio Pezzetta, «sono calcolati al 30% fino a 25 metri e al 10% dopo. Ma è chiaro che se parliamo di un attico nel centro storico questo non può essere un metodo di valutazione commerciale». Se poi nel nuovo catasto non interverranno altri correttivi, il fisco si abbatterà su tutti gli immobili dalle metrature più ampie e con disposizioni interne più moderne. Vani che vanno oltre la metratura massima e minima oggi prevista (in media 10-30 mq) e pochi corridoi e ripostigli (oggi molto favoriti nel calcolo dei vani) con il futuro passaggio ai metri quadri faranno balzare a dismisura il valore dell’immobile. «Il consiglio», chiosa il presidente della Fimaa, «è, almeno per ora, di non prendere per oro colato i numeri forniti dall’Agenzia delle entrate».

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