mercoledì 4 novembre 2015

La Corte dei Conti smaschera Renzi: manovra elettorale

Coperture traballanti, nodi irrisolti e deficit nascosto sotto il tappeto. Il primo esame tecnico della manovra non è andato granché bene per Matteo Renzi. E di gufi in giro non se ne vedono. A demolire punto per punto la legge di stabilità ci hanno pensato le principali istituzioni economiche italiane in audizione al Senato: dalla Corte dei Conti a Bankitalia, fino all’Istat e all’Ufficio parlamentare di bilancio.

Sarà un caso, ma tutti hanno puntato il dito sui contraccolpi futuri per la finanza pubblica, che già dal 2017 rischia di dover fare i conti con un debito sceso troppo poco e con una valanga di clausole di salvaguardia che provocheranno tagli ai servizi e aumenti di imposte.
L’affondo più duro è quello della Corte dei Conti che dopo aver sottolineato la presenza di molti «nodi irrisolti», dalle pensioni ai contratti pubblici, ha puntato il dito soprattutto sul «carattere temporaneo di alcune coperture» e sul «permanere di clausole di salvaguardia» che prima o poi spunteranno fuori. Simile l’avvertimento di Bankitalia, che ha invitato il governo a prendere sul serio l’impegno della riduzione del debito e ha criticato le troppe misure una tantum inserite in manovra, come quelle relative ai giochi o alla voluntary disclosure. E tra le coperture temporanee c’è anche quella, portata in dono da Mario Draghi, che riguarda la spesa sugli interessi del debito. Grazie al quantitative easing della Bce e al calo dello spread, ha calcolato il presidente della magistratura contabile, Raffaele Squitieri, Renzi si troverà quest’anno un tesoretto aggiuntivo di 1,5 miliardi, che diventeranno 6,7 nel 2016 e 9,4 nel 2018, per poi ridiscendere a 7,6 miliardi.

Quanto all’abolizione della Tasi, pezzo forte del #cambioverso renziano, seppure di berlusconiana memoria, i pareri sono tutti negativi. Alla fine, non avendo riformato il catasto, né gli assetti finanziari delle autonomie locali, produrrà «distorsioni» e penalizzerà i «non residenti». Non solo. Il mancato gettito per i comuni, ha sottolineato Bankitalia, «se non accompagnato da attente misure di controllo, comporta il rischio di creare incentivi ad accrescere la dinamica della spesa locale». Il tutto a fronte di effetti sui consumi che saranno «circoscritti alle famiglie soggette a vincoli di liquidità». Meglio sarebbe stato, ha detto la Corte dei Conti, rimodulare le aliquote agevolate dell’Iva.
Dello stesso avviso l’Ufficio parlamentare di bilancio, che ha auspicato un intervento sull’Iva per finanziare almeno in parte le promesse riduzioni dell’Irpef e dell’Ires. Ma il presidente Giuseppe Pisauro ha anche invitato il governo ad una attenta valutazione sul «peso» eccessivo della manovra scaricato sulle Regioni. Questione ripresa pure dall’Istat, che oltre a segnalare il problema della povertà, che in Italia riguarda oltre un milione di bambini (il 10% dei minori), ha ricordato come gli investimenti fissi lordi locali siano «inferiori del 33,5% rispetto a quelli del 2009», con un calo di 10 miliardi di euro.
Preoccupazione, infine, è stata espressa da Bankitalia per l’innalzamento del tetto al contante. Difficile definire quale potrebbe essere la soglia ottimale, tuttavia, ha spiegato il vice dg Federico Signorini, «un limite al trasferimento di contante, anche basso, va mantenuto».

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