martedì 6 ottobre 2015

Società elettriche in rivolta: canone in bolletta sbagliato e inattuabile

«Una misura concettualmente sbagliata e tecnicamente impraticabile». Ci pensa Giuseppe Gatti, presidente di Energia concorrente nonché chairman di Gdf Suez Italia, a sintetizzare la  posizione delle società elettriche, tutte ovviamente sul piede di guerra dopo l’ennesima sortita della politica sul canone Rai in bolletta. Da un punto di vista concettuale il problema, con cui tutti i cittadini devono fare i conti alla fine del mese, è che sulla fattura elettrica già sono presenti molte voci che poco hanno a che fare con l’energia che viene consumata. «Se già sono discutibili», ha spiegato Gatti, «gli oneri parafiscali presenti, dall’uscita del nucleare all’incentivazione delle rinnovabili, non è in alcun modo accettabile aggiungervi anche il canone Rai. Solo il fatto che l’idea possa venire in mente lascia sconcertati».

Anche tralasciando le questioni di principio, è sotto il profilo tecnico che la proposta di Matteo Renzi fa acqua da tutte le parti. Intanto, come ha sottolineato Chicco Testa, presidente di Assoelettrica, «non tutti i possessori di un televisore sono possessori di un contratto elettrico e non tutti i possessori di un contratto elettrico sono possessori di un televisore». Basterebbe questo, secondo l’ex parlamentare, per far capire che  l’operazione è «impossibile».
Altro intoppo tecnico riguarda la liberalizzazione del mercato. Oggi i clienti finali possono cambiare fornitore spesso, anche più volte nel corso dell’anno. Gestire questi passaggi tra operatori, ma anche le semplici volture dei contratti tra diversi intestatari nell’ambito della stessa società, richiederebbe una gestione  estremamente complessa ed onerosa.

Se poi il governe intendesse trattare il canone come tutti gli altri oneri passanti in bolletta - il rischio paventato da Gatti - il risultato sarebbe quello di esporre le aziende non solo ad un elevato rischio di morosità, ma anche a conseguenze dagli esiti imprevedibili. Si potrebbero, ad esempio generare mancati abbinamenti tra fatture e pagamenti, con conseguente avvio di azioni di sollecito e distacco delle forniture per mancato pagamento di importi che nulla hanno a che vedere con la fornitura elettrica e con il rischio, quindi di incorrere nel reato di interruzione di pubblico servizio (331 c.p.).
La conclusione è che la misura farebbe fiasco anche come strumento anti-evasione. Le società, infatti,  non potrebbero più staccare la luce agli utenti inadempienti e non avrebbero dunque alcun strumento di persuasione nei confronti del cittadino moroso. Allo stesso tempo la norma produrrebbe costi e rischi aggiuntivi per i venditori di elettricità, che si rifletterebbero inevitabilmente sulle bollette.
E non è finita. Secondo gli operatori dell’energia l’introduzione della norma comporterà inevitabilmente «una completa ristrutturazione dei sistemi di fatturazione delle società elettriche, con conseguenti investimenti significativi, oltre che di nuove strutture organizzative per la gestione di informazioni, reclami e possibili contenziosi con i clienti».

Come risultato immediato «avremmo una bolletta più cara che andrebbe ad aumentare ulteriormente il gap con gli altri Paesi europei, oltre che distorcere i segnali di prezzo inerenti i diversi livelli di consumi energetici».
La speranza di Gatti, a questo punto, è che «negli uffici del ministero dell’Economia si ricordino che quello elettrico è da quindici anni un mercato libero, che non deve essere ulteriormente distorto nei suoi segnali di prezzo, se vogliamo garantirne l’efficienza e l’assetto concorrenziale».

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