giovedì 24 settembre 2015

La Ue chiede indagini, noi inviamo letterine

La parola d’ordine in Europa dopo lo scandalo Volkswagen è «tolleranza zero». Il grido di battaglia contro le auto ecologiche taroccate parte da Bruxelles e rimbalza con forza un po’ ovunque. In Italia c’è addirittura chi, come i ministri dell’Ambiente, Gian Luca Galletti, e delle Infrastrutture, Graziano Delrio, minaccia il blocco delle vendite per tutte le auto del gruppo tedesco. In realtà, al di là delle chiacchiere, ancora non è chiaro quali siano le contromosse per accertare quanto possa essere diffuso nel mondo delle quattro ruote il contagio delle emissioni truccate partito da Berlino.

Bruxelles «vuole andare fino in fondo», ma ribadisce che la responsabilità dei controlli ambientali sui motori delle auto è affidata alle autorità nazionali. Spetta quindi ai 28 stati membri condurre verifiche «particolarmente rigorose» sul rispetto delle norme in materia di test e limiti di emissioni. Stando a quanto riferito da una portavoce della Commissione Ue, Lucia Caudet, le «indagini» sarebbero già «cominciate in alcuni Paesi come Germania, Francia e Italia».
A Berlino la fibrillazione è palpabile. Il governo ha ovviamente negato di essere mai stato a conoscenza delle irregolarità emerse negli ultimi giorni, come invece sostengono i Verdi e alcuni organi di stampa. Si tratta, ha spiegato il ministro dei Trasporti tedesco, Alexander Dobrindt, di affermazioni «false e inopportune».

Una difesa che mal si incastra con le dichiarazioni arrivate dall’ente di protezione ambientale del land del Baden-Wurttemberg (Lubw), che ha effettuato dei test su strada di alcuni motori diesel, tra cui anche il 2.0 Blue TDI Volkswagen, all’inizio del 2015: «Ci aspettavamo di trovare una differenza di risultato rispetto ai dati dei test in laboratorio: ma non ci aspettavamo di trovare emissioni otto volte maggiori».
Dobrindt ha comunque spiegato che «una commissione d’inchiesta governativa» si è già recata al quartier generale Volkswagen di Wolfsburg, anche per esaminare «quale tipo di impatto possa avere sui motori il dispositivo» incriminato. Solo dopo «si deciderà cosa fare di queste automobili». C’è poi un’inchiesta giudiziaria aperta dalla procura di Brunswick, che però al momento intende solo «raccogliere ed esaminare tutte le informazioni e i reclami» presentati contro il costruttore automobilistico.

La stessa azienda ha istituito una commissione speciale esterna che indagherà sui responsabili della manipolazione dei dati, accusati di un «reato che andrà trattato come tale».
Quanto all’Italia, checché ne dica la portavoce Claudet, allo stato non c’è alcuna indagine né un piano di controlli, ma solo un serrato scambio epistolare con i soggetti coinvolti, che non sembrerebbero esattamente i più adatti a fornire informazioni. Il ministro Galletti ha scritto martedì all’ad di Wolksvagen Group Italia, Massimo Nordio, il quale ieri ha rinviato al mittente la richiesta di «chiarimenti immediati» spiegando di essere «in attesa degli sviluppi» e di «non avere indicazioni in più rispetto a quanto comunicato dalla casa madre». Nulla, invece, si sa ancora sull’esito delle lettere inviate dal ministro Delrio alle autorità di omologazione europea, a quella tedesca e alla stessa sede centrale della Volkswagen. «Abbiamo chiesto verifiche molto approfondite e siamo in contatto con il governo di Berlino che deve effettuare i controlli», ha detto il responsabile dei Trasporti, promettendo che saranno «ricontrollate» le vetture che «eventualmente venissero segnalate». Insomma, «il governo farà tutto il necessario per tutelare la salute dei cittadini», ma, ha proseguito Delrio, «attendiamo di vedere se questo inganno si è verificato anche su auto vendute in Europa poi decideremo di conseguenza».

Mentre il governo resta in attesa di risposte dai protagonisti dello scandalo c’è chi, giustamente, porta l’attenzione sul contraccolpo per il nostro Paese non tanto in termini di salute quanto di Pil, considerato che il gruppo Volkswagen acquista annualmente componentistica italiana per oltre 1,5 miliardi di euro. «È un fatto sorprendente che la casa automobilistica di più avanzata tecnologia al mondo sia capitata in un inciampo del genere», ha detto il presidente di Confindustria, Giorgio Squinzi, «ma ora sono preoccupato perché molte nostre aziende associate sono fornitori del gruppo tedesco. I numeri che circolano sono drammatici».

© Libero