venerdì 17 luglio 2015

Via libera al salvataggio di Atene. Primo prestito ponte da 7 miliardi

Malgrado le perplessità dei Paesi no-euro come Gran Bretagna, Polonia e Repubblica Ceca e il fortissimo malumore di Wolfgang Schaeuble per la Grecia sono in arrivo pure i 7 miliardi cash per far fronte all’emergenza in attesa del malloppone da 82-86 miliardi legato al terzo programma di aiuti.

Il via libera definitivo dell’Eurogruppo al prestito ponte arriverà entro oggi. Al comunicato ufficiale diramato al termine della riunione dei 19 ministri delle Finanze Ue, in cui si accoglie «con favore l’adozione da parte del Parlamento greco di tutti gli impegni» presi dall’Eursummit e si decide «di fornire un sostegno di tre anni da parte del Fondo Esm alla Grecia, dopo il completamento delle procedure nazionali pertinenti», ha fatto da sponda un ben più esplicito tweet di Valdis Dombrovkis. «C’è un accordo di principio», ha scritto il vicepresidente della Commissione europea responsabile per l’euro, «su un prestito ponte basato sull’Efsm per la Grecia, la procedura sarà finalizzata domani a mezzogiorno». Una notizia poi confermata anche dal presidente della Commissione Ue, Jean Claude Juncker, e dal ministro delle Finanze tedesco Schaeuble.

Come era stato anticipato nei giorni scorsi, dunque, il nuovo esborso sarà finanziato dal vecchio European Financial Stability Mechanism, un fondo comunitario che andava lentamente a esaurimento dopo la creazione del Fondo salva Stati permanente (Esm), e che è stato «risuscitato» per l’occasione avendo ancora a disposizione un po’ di liquidità.
L’utilizzo di questo strumento ha imposto una condivisione più ampia del prestito. A differenza dell’Esm, infatti, l’Efsm è un fondo della Ue a 28, Nessuno ha il diritto di veto, ma senza l’accordo dei Paesi fuori dall’eurozona l’operazione sarebbe partita in salità. Così ieri il Comitato economico e finanziario, un organismo tecnico del Consiglio Ue che prepara le riunioni ministeriali dell’Ecofin, ha passato la giornata a tentare di far digerire il piano anche ai più scettici, tra cui Regno Unito, Repubblica ceca e Polonia per convincerli a non opporsi. La soluzione prospettata, che sembra abbia finora avuto successo, è che il prestito di ciascun Paese sarà garantito dalla Bce contro eventuali perdite.

A questo punto, come hanno confermato fonti della presidenza di turno lussemburghese del Consiglio Ue, la documentazione è stata inviata nelle capitali, ed è stata lanciata una procedura d’approvazione secondo il meccanismo silenzio /assenso: se entro il mezzogiorno di oggi non saranno giunte obiezioni da parte di nessuno Stato membro, la decisione sarà adottata e potrà poi rapidamente avvenire l’esborso. Il finanziamento servirà per coprire le scadenze più urgenti a cui deve far fronte la Grecia, in particolare gli arretrati nei confronti del Fondo monetario (1,6 miliardi scaduti lo scorso 30 giugno) e il prossimo rimborso da 3,5 miliardi alla Bce previsto per il 20 luglio.
Sullo sfondo del quadro felice dello sblocco degli aiuti incombe, sempre più minaccioso, il nodo del debito di Atene. La questione cammina per ora sottotraccia, per evitare di far saltare il faticoso accordo raggiunto, ma l’esplosione è solo rinviata. Il dilemma è ben delineato da Schaeuble, quando dice che «nessuno al momento sa come potrebbe andare senza un taglio del debito», ma «tutti sanno che un taglio del debito è incompatibile con l’appartenza all’unione monetaria». Semplice, per il «falco» di Berlino, la soluzione: «la scelta migliore per la Grecia potrebbe essere un’uscita temporanea dall’Unione europea». Ipotesi ieri contrastata a gran voce da Draghi, il quale, però, ha ammesso che, pur non sapendo ancora come, «il debito di Atene va indubbiamente alleggerito». Come? Il Fondo monetario internazionale ha già chiarito nel paper inviato nei giorni scorsi a Bruxelles che deve essere la Ue a farsi carico della patata bollente. Non a caso, come ha rivelato diabolicamente Schaeuble in una lettera al presidente del Bundestag, l’Fmi non sarà coinvolto nel pagamento della prima tranche del terzo bailout della Grecia. Ed è incerto anche il suo coinvolgimento futuro. L’istituto di Washington, come ha spiegato il canale Usa Cnbc citando un funzionario anonimo, si riserva infatti di valutare prima la sostenibilità del debito.
Draghi ha parlato di modalità «condivise da tutti». Ma le alternative non sono molte: o il taglio nominale o l’allungamento delle scadenze a 60 anni (ora sono a 30). Due bocconi assai difficili da digerire. E non solo per Berlino. Come ha detto ieri la cancelliera Angela Merkel, parlando di Grexit, «in una tale situazione è giusto riflettere e discutere su ogni possibile variante».

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