mercoledì 8 luglio 2015

Tsipras vuole altri sette miliardi, 16 paesi su 18 pronti a cacciarlo

La Grecia si è presentata a Bruxelles a mani vuote. Al posto di un nuovo piano per restituire i vecchi debiti, Alexis Tsipras, tanto per mettere un po’ di pepe su una trattiva rovente, ha tirato fuori dal cilindro la richiesta di altri soldi: 7 miliardi di prestito ponte e un terzo programma di aiuti del Fondo salva stati.

Ad aprire le danze di una giornata convulsa, dove incontri, telefonate, dichiarazioni e indiscrezioni si sono accavallati senza sosta, è stato Jean Claude Juncker. «Continuo a sostenere e sosterrò fino alla fine che bisogna evitare un’uscita della Grecia dall’eurozona», ha detto il presidente della Commissione Ue, cercando di smorzare le tensioni e l’insistente girandola di voci che vuole Atene ad un passo dalla Grexit.
Il tentativo è naufragato nel giro di poche ore. All’Eurogruppo straordinario, dove i ministri delle Finanze dell’Unione si aspettavano la nuova proposta, il successore di Varoufakis, il ministro Euclid Tsakalotos, si è presentato senza alcun testo scritto. «Ci sono pochi giorni a disposizione per trovare una soluzione e al momento non c’è nessuna base per negoziare», ha subito fatto sapere Angela Merkel. Un’irritazione, quella della Cancelliera tedesca, che non è affatto isolata. Anzi. Stando ad alcune ricostruzioni circolate sulla stampa ellenica sarebbero addirittura 16 su 18 gli Stati membri solleticati dall’idea di lasciare Tsipras, e la Grecia, al suo destino. «Se le riforme non sono credibili, l’uscita non può essere esclusa», ha detto chiaramente il vicepresidente della Commissione Ue, il lettone Valdis Dombrovskis.

L’ipotesi si starebbe insinuando con forza anche all’interno della Bce. «Una seconda valuta potrebbe essere lo scenario più realistico per Atene e in futuro potrebbe esserci uno stato in meno nell’eurozona», ha detto il governatore della Banca centrale della Lettonia nonché memebro dell’Eurotower, Ilmars Rimsevics, facendosi portavoce del nervosismo che cresce tra gli uomini di Mario Draghi. Anche in questo senso va letta la precisazione di ieri, con cui la Bce ha voluto sottolineare che la liquidità di emergenza (Ela) fornita alle banche greche serve ad affrontare «problemi nel breve termine, non a fornire un sostegno alla solvibilità» degli istituti di credito. In Europa a difendere il negoziato a oltranza sembra sia rimasta solo la Francia. Che, secondo alcuni, potrebbe contare sul sostegno di Cipro. Ma non si tratta di posizioni granitiche, in grado di resistere troppo a lungo alle provocazioni di Tsipras. «Vogliamo che la Grecia resti nell’euro, ma Atene deve fare proposte credibili», ha detto Francois Holland, che ieri ha partecipato ad un vertice ristretto con Juncker, la Merkel e lo stesso premier greco per tentare di fare qualche passo avanti.
Per trovare il vero alleato di Tsipras, bisogna andare Oltreoceano, dove la prospettiva di un’implosione europea è considerata catastrofica. Di fronte ad una situazione che precipita ieri Barack Obama ha deciso di scendere direttamente in campo. Dopo tre telefonate, con Tsipras, con Hollande e con la Merkel, la Casa Bianca ha fatto sapere che secondo il presidente Usa «la Grecia dovrebbe rimanere nell’eurozona» e «le parti dovrebbero trovare un accordo per un piano di aiuti che sia sostenibile per Atene».

Sul fronte della trattativa la situazione non poteva essere più caotica. Dopo l’esordio all’Eurogruppo il noeministro delle Finanze Tsakalotos ha parlato di «progressi» e della «volonta politica di concedere alla Grecia un’altra possibilità». Frase già sentita che rende pochissimo l’idea del nervosismo che regna a Bruxelles.
Tsipras, che oggi parlerà all’europarlamento, continua a giocare con spregiudicatezza sul fattore tempo, convinto che alla fine riuscirà a spuntare un programma di aiuti straordinari. Ma il tempo sembra ormai scaduto. Come ha detto la Merkel ci sono «pochi giorni». La tabella di marcia è stata scandita dal presidente dell’Eurogruppo, Jeroen Dijsselbloe: «I greci ci manderanno una richiesta di aiuti Esm entro domattina (oggi, ndr.), e un nuovo Eurogruppo telefonico la valuterà, poi ci invieranno una lista di riforme». Se l’iter partirà i leader europei potrebbero tenere un nuovo summit domenica, dopo quello di ieri sera, per approvare un terzo piano di aiuti. Ma secondo quanto trapela da Bruxelles, il via libera sarebbe condizionato all’approvazione preventiva da parte del governo greco almeno di alcune riforme previste dal pacchetto.

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