giovedì 2 luglio 2015

Il governo fa pagare a noi le tasse che evade

Ricordate i 28,6 milioni di Tari evasi a Roma da ministeri, enti pubblici e persino dall’Agenzia delle Entrate? Ebbene, il governo ha trovato la soluzione: pagheremo tutto noi. Sia i debiti più recenti, sia il pregresso. La geniale trovata che raddoppia la beffa della tassa non pagata da chi pretende ogni giorno il pagamento delle tasse è contenuta nel disegno di legge di conversione del decreto enti locali ora all’esame del Senato.

Il provvedimento, che ha suscitato pure le perplessità del servizio bilancio di Palazzo Madama per un possibile effetto indiretto di riduzione del gettito proveniente dalle imprese, legittima in sostanza il trasferimento da parte delle municipalizzate che si occupano di raccolta e smaltimento dei rifiuti dei crediti inesigibili e del 5% di quelli ancora esigibili sulle tariffe applicate ai cittadini. L’evasione diventa, insomma, una componente di costo a carico dei clienti che pagano e non una semplice perdita per l’azienda da inserire nel bilancio.
Non è la prima volta che questo accade. Da anni le aziende dei comuni ripianano i debiti attraverso aumenti tariffari. Ora, però, l’Europa ha legalizzato la partita di giro stabilendo che la tassa deve offrire obbligatoriamente una copertura integrale dei costi di raccolta e smaltimento. E il governo Renzi ha pensato bene, per evitare buchi nei bilanci dei sindaci, di eliminare anche l’ultimo ostacolo giuridico. Ovvero il fatto che la tassa negli ultimi anni è cambiata più di una volta, sia sotto il profilo puramente estetico del nome sia sotto quello sostanziale della modalità di calcolo.

Oltre a far girare la testa ai contribuenti la caotica carrellata di tributi sfornata con disinvoltura ad ogni cambio di governo avrebbe almeno dovuto costituire un argine al passato. Evitando che le vecchie evasioni fossero caricate sulle spalle dei nuovi utenti. Una decisione in questo senso è quella recentemente presa dalla Corte dei Conti della Toscana (delibera n. 73/2015) secondo cui, come ha riferito ItaliaOggi, gli insoluti relativi a tributi soppressi devono essere trattati come perdite definitive a carico dei soggetti gestori.
E invece, il legislatore ha pensato bene, dopo averla declinata in ogni sua possibile forma, di riunificare tutta la tassazione sui rifiuti, almeno sotto il profilo del recupero dei crediti inesigibili. In soldoni, se la legge non cambia in corsa le aziende potranno tranquillamente aumentare le tariffe per coprire i buchi da evasione prodotti in passato dai precedenti regimi di prelievo sui rifiuti Tarsu, Tia1, Tia2 e financo Tares (che per giunta incorporava una componente dei servizi ora pagata con la Tasi).
A livello nazionale, considerato un gettito complessivo di 8 miliardi l’anno e un tasso medio di riscossione del 90%, il giochino provocherà una stangata aggiuntiva di circa 800 milioni.

E il bello è che, oltre a quelle dei comuni furbetti della Tari, i contribuenti dovranno saldare di tasca propria anche le tasse non versate dallo Stato. A partire da quelle in capo ai ministeri, che da anni non versano il dovuto all’azienda municipalizzata della Capitale (Ama). Il ministero dell’Interno, ad esempio, nel 2014 aveva 2,8 milioni di debito, ad aprile di quest’anno, secondo i dati rivelati qualche settimana fa dal senatore Andrea Augello, l’evasione sarebbe salita a 3,45 milioni. Il ministero delle Infrastrutture è passato da 2 a 2,2 milioni. Poi ci sono i 2 milioni della presidenza del Consiglio (era più di uno lo scorso anno) e tutti gli arretrati non pagati da altri ministeri, dalla Camera dei Deputati, dal Tar del Lazio e anche dalla stessa Agenzia delle Entrate. Complessivamente il debito della pubblica amministrazione nei confronti dell’Ama, che nel 2014 ammontava ad oltre 20 milioni è salito ora a quasi 29 milioni. Soldi che nei prossimi bollettini Tari saranno magicamente trasformati in tariffe.

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