mercoledì 15 ottobre 2014

Caos tra i ministri sui numeri reali. L'incubo: correzione aggiuntiva da 11 miliardi

A poche ore dal Consiglio dei ministri, previsto per oggi alle 15, il caos sulla legge di Stabilità è totale. Mentre il ministro dell’Economia, Pier Carlo Padoan, a Lussemburgo, e il premier Matteo Renzi, via telefono, trattano con la Ue per evitare una stangata da 11 miliardi di correzione aggiuntiva, a Roma nessuno conosce il contenuto della manovra da 30 miliardi annunciata dal presidente del Consiglio. In mattinata, prima del voto del Parlamento sul Def che ha dato il via libera allo slittamento al 2017 del pareggio di bilancio, il viceministro dell’Economia, Enrico Morando, e il responsabile economico del Pd, Filippo Taddei, si presentano alla riunione del gruppo con una bozza di manovra da 20 miliardi già superata dalle parole dello stesso premier e ammettono di non avere «dati certi sull’ammontare totale». Intervistato dal Corriere il sottosegretario Graziano Delrio assicura che il Tfr sarà fuori dalla manovra. Poi nel pomeriggio il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, dice che invece «è probabile». E subito il braccio destro del premier si corregge: «Il governo ci sta concretamente lavorando».

Assodato che il testo definitivo non c’è, la legge dovrebbe prevedere la stabilizzazione del bonus da 80 euro, con un costo totale di 10 miliardi, di cui tre già assicurati strutturalmente dal decreto Ipef. Per le famiglie numerose, soprattutto se monoreddito, dovrebbero esserci poi 500 milioni che serviranno a rafforzare le detrazioni. Altri 6,5 miliardi saranno utilizzati per eliminare integralmente il costo del lavoro dalla base imponibile dell’Irap. La misura ha riscosso il plauso del presidente di Confindustria Giorgio Squinzi, che l’ha salutata come «l’avverarsi di un sogno». Un miliardo di euro servirà ad azzerare per tre anni i contributi delle imprese per i neo-assunti a tempo indeterminato. Almeno 1,5 miliardi dovrebbero essere destinati a finanziare i nuovi ammortizzatori sociali previsti dal Jobs act. Un miliardo sarebbe destinato alla regolarizzazione degli insegnanti precari e un altro per sbloccare gli scatti di anzianità dei dipendenti pubblici del comparto sicurezza. Per allentare il patto di stabilità interno dei comuni dovrebbe essere stanziato un miliardo, mentre 500 milioni dovrebbero servire a prorogare per tre anni l’ecobonus e il bonus per le ristrutturazioni edilizie. Altri 3 serviranno a bloccare le clausola di salvaguardia di Letta. Tra i 5 e i 6 miliardi copriranno le cosiddette spese indifferibili come il 5 per mille e le missioni internazionali di pace.

Quanto alle coperture circa 11,5 miliardi dei 30 necessari saranno finanziati utilizzando la leva del deficit, ovvero sfruttando la differenza tra il deficit tendenziale (2,2%) e quello programmatico (fissato dal governo al 2,9%). Altri 16 miliardi dovrebbero arrivare da tagli di spesa. In particolare, dai tagli ai ministeri si punta a recuperare circa 4 miliardi di euro, e altri 4-5 miliardi dovrebbero essere recuperati dalle Regioni e fra i 2 e i 3 miliardi dagli enti locali. Dal pubblico impiego e soprattutto dal taglio del 3% delle retribuzioni dei dipendenti pubblici si stima un altro miliardo, altri 2 miliardi dal riordino della tax expenditure, e circa 1 miliardo dalla riforma delle società partecipate. Sul fronte delle entrate, altri 2,5 miliardi dovrebbero arrivare dalla lotta all'evasione fiscale anche attraverso il possibile ampliamento del reverse charge sull'Iva. Il settore giochi dovrebbe invece consentire di ottenere un altro miliardo di euro. All’interno delle coperture ha poi trovato spazio anche quello che Poletti ha definito «un cuscinetto» di emergenza. Si tratta di 2,5 miliardi che Padoan vuole tenere a disposizione per fronteggiare le richieste della Ue di un aggiustamento di bilancio più robusto. Non è chiaro, però, da dove verranno presi i soldi né, soprattutto, se basteranno a soddisfare Bruxelles.

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