venerdì 12 settembre 2014

Draghi mette in trappola Renzi: spendi di più ma non sforare

Flessibilità, mini bond europei, spese scorporate dal bilancio. Per convincere Bruxelles ad allentare la corda Matteo Renzi le sta studiando tutte. I risultati, però, stentano ad arrivare. Anche perché il quadro dei conti pubblici continua a peggiorare e le previsioni si fanno sempre più fosche. A gelare il governo alla vigilia dell’Ecofin di Milano di domani ci ha pensato la Bce. 

A causa della fase economica negativa, l’Italia rischia di non raggiungere l'obiettivo del deficit al 2,6% del pil per quest’anno. È questo il verdetto contenuto nel bollettino mensile dell’Eurotower. «Persistono i rischi per il conseguimento dell’obiettivo di disavanzo pubblico per il 2014, soprattutto alla luce di andamenti economici peggiori delle attese», si legge nel testo, «in prospettiva, è importante rafforzare ulteriormente l’orientamento delle politiche di bilancio nazionali al fine di assicurare il rispetto degli obblighi del Patto di stabilità e crescita, in particolare per quanto riguarda la riduzione del debito delle amministrazioni pubbliche in rapporto al Pil».
Altro che flessibilità. Dopo il passaggio di Jackson Hole, dove Draghi sembrava aver teso la mano alle richieste del governo sulla necessità di un ammorbidimento del rigore per rilanciare la crescita, la Bce torna a chiedere con decisione il consolidamento dei conti pubblici, anche e soprattutto sul fronte del debito, dove il governo non sembra avere allo stato grandi cartucce da sparare. 

Nello stesso giorno la Commissione Europea ha pubblicato il Rapporto competitività 2014, dove l’azione dell’esecutivo esce con le ossa rotte. La situazione per le imprese, osservano da Bruxelles, è preoccupante: la produzione industriale italiana è di circa il 25% inferiore ai livelli precedenti la crisi, ovvero quelli del 2007. «Si tratta», si legge nel dossier, di un calo generalizzato che ha colpito anche settori che per lungo tempo hanno rappresentato la struttura portante dell'industria italiana». Dopo la fotografia, la critica. Secondo la Commissione Ue, infatti, «i decreti legge (con cui negli ultimi anni si sono mossi, sia Monti, sia Letta, sia Renzi, ndr) non sembrano lo strumento più appropriato per portare a termine riforme strutturali ambiziose, in quanto contengono disposizioni volte a disciplinare ambiti estremamente diversi e, per motivi di urgenza, non richiedono una valutazione d’impatto».
Il governo comunque non molla. Ieri Pier Carlo Padoan, partecipando ai lavori del Forum Eurofi di Milano, antipasto della due giorni con i ministri dell’economia della Ue, è tornato a bacchettare la linea rigorista di Bruxelles. «Nell’azione europea in risposta alla crisi manca uno sforzo che punti alla crescita e all’occupazione», ha detto il titolare di Via XX Settembre. Sul fronte privato, secondo Padoan, bisogna «fare in modo che le aziende abbiano maggiore convenienza ad investire riducendo gli ostacoli e introdurre regole che consentono un’innovazione negli strumenti disponibili per finanziare le imprese». A partire dai mini bond, su cui Padoan chiede regoli comuni Ue. 

Ma per il ministro sarà anche necessario sbloccare risorse attraverso gli investimenti pubblici, soprattutto sulle infrastrutture. Sul tema degli investimenti, chiesti pure dal governatore di Bankitalia, Ignazio Visco, sembra concretizzarsi un punto di intesa forte con Draghi. Ieri sera, infatti, il numero uno della Bce ha spiegato che «un aumento degli investimenti è essenziale» per rilanciare l’economia. E «laddove esistono margini di bilancio», vanno liberate risorse pubbliche. Per far questo, e qui Draghi sembra tendere la mano a Renzi, «ciò di cui abbiamo bisogno è un’applicazione coerente e credibile del patto di stabilità». Ma quello che l’Europa deve permettere è «una composizione delle politiche di bilancio più favorevole alla crescita riducendo l’onere fiscale e la spesa corrente improduttiva». In altre parole: se il premier vuole investire sulla crescita, dovrà tagliare la spesa e le tasse. Non chiedere sconti a Bruxelles.

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