venerdì 16 maggio 2014

Anche la Bce conferma; lo spread non salì per cause economiche

Se è vero che tre indizi fanno una prova, almeno il dubbio che qualcosa nel 2011 non sia andata come ce l’hanno raccontata sembra ormai più che legittimo. Dopo i fuori onda di Mario Monti, le rivelazioni giornalistiche e i racconti dell’ex ministro del Tesoro Usa Timothy Geithner sulle manovre che hanno destabilizzato l’Italia e portato il Paese sotto la guida del governo tecnico di larghe intese è arrivato anche il parere illuminante e autorevole della Bce.

E tutto si può pensare tranne che l’Eurotower, che molti negli anni appena trascorsi hanno accusato di aver protetto le spalle di Monti a colpi di  massicci acquisti di bond, voglia entrare nella campagna elettorale delle europee al fianco di Silvio Berlusconi. Eppure, le parole contenute ieri nel consueto bollettino mensile sono chiare e cristalline. L’impennata dello spread tra Btp e Bund tedesco nel 2011 che portò l'Italia a un passo dal dover chiedere aiuti internazionali, si legge nel documento, «non dipese del tutto dai fondamentali economici». A supporto della sua tesi la Bce cita uno studio di Hoerdahl e Tristani del 2013, che dimostra che i differenziali di rendimento e i tassi in genere sono determinati dai fondamentali economici ma «possono altresì dipendere da un fattore comune non osservabile che, per ipotesi, non è correlato ai fondamentali». Secondo lo studio «il fattore non fondamentale è economicamente significativo e, in svariate circostanze, contribuisce notevolmente alla determinazione dei differenziali di rendimento osservati per paesi come Italia e Spagna dall’inizio del 2011», mentre «lo stesso fattore ha un ruolo trascurabile per i differenziali di rendimento della Grecia nello stesso periodo, confermando così che nel caso di questo paese i differenziali sembrano essere stati influenzati pressoché interamente dai fondamentali».

I tecnici dell’Eurotower non fanno alcun riferimento a complotti o ad oscure congiure, intendiamoci, ma il senso delle osservazioni non è equivocabile. Di fatto, la Banca centrale europea smentisce e contesta quella che, fino ad ora, viene considerato l’argomento più forte a favore dell’inevitabilità politica delle dimissioni del Cavaliere. E cioè che l’Italia nel 2011 era messa così male che Berlusconi fu costretto a lasciare l’incarico non per colpa dello spread arrivato a livelli stellari, ma per evitare che il Paese si avviasse verso un fragoroso fallimento.
Lo stesso Monti, poco dopo il suo insediamento, ebbe a dire che il rischio nell’autunno del 2011 per lo Stato italiano era quello di non riuscire più a pagare gli stipendi dei dipendenti pubblici. Roba da scenario catastrofico e devastante che ora, però, non sembra più trovare conferme neanche nei documenti ufficiali dell’istituto di Francoforte.
Certo, non è detto che l’impennata dei titoli di Stato sia stata alimentata ad arte da qualche banca pubblica o privata, non è detto che i governi europei si siano messi d’accordo per cacciare Berlusconi.  Sapere che il differenziale tra Btp e Bund è stato provocato «da un fattore non osservabile», però, dovrebbe far riflettere.

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