venerdì 11 maggio 2012

I pm vogliono chiudere l'Eni in Kazakistan

Che la situazione in Kazakistan fosse paludosa era abbastanza chiaro a tutti. Più difficile immaginare che a difendere il rispetto della legalità nel regime dell’est europeo scendesse in campo la procura di Milano, che ieri ha addirittura chiesto il commissariamento di AgipKco, la società dell’Eni che opera in territorio kazako, per una presunta tangente da 20 milioni di dollari.

Tanto per essere chiari, la partita in Kazakistan riguarda l’immenso giacimento petrolifero del Kashagan, da cui a regime dovrebbero uscire fino a 1,5 milioni di barili di greggio al giorno. Le riserve stimate si aggirano tra i 9 e i 16 miliardi di barili e l’intero progetto costa qualcosa come 135 miliardi di dollari. L’Eni attualmente detiene una quota del 16,8% in un consorzio formato da sette compagnie, ma si tratta dell’esito di un durissimo braccio di ferro col governo kazako. Prospettando salatissime penali per i ritardi operativi e minacciando ripetutamente di far saltare l’affare, i vertici di Astana hanno infatti tolto al Cane a sei zampe la leadership del consorzio ed ottenuto l’ingresso della società pubblica KaMunaiGas.
Ora sul delicatissimo dossier vuole mettere il naso anche la magistratura. Il pm di Milano Fabio De Pasquale ha chiesto al gip (che dovrebbe decidere il 29 maggio) di commissariare Agip Kco o, in alternativa, di proibire all’Eni di continuare a negoziare contratti per il Kashagan. Oltre ad alcuni attuali manager, sotto accusa per presunta corruzione internazionale, risulterebbe indagato anche Guido Michelotti (responsabile del programma Eni in Kazakistan tra il 2006 e 2008). Non risulta nulla a carico dell’attuale ad, Paolo Scaroni. Il gruppo è invece sotto inchiesta come persona giuridica, in base alla legge 231 sulla responsabilità amministrativa. Ma non da oggi. Nel bilancio 2011, si legge che il primo ottobre 2009, è pervenuta dalla procura di Milano una richiesta di consegna di «rapporti di audit e ogni altra documentazione concernente anomalie di gestione e/o criticità segnalate in relazione» al progetto kazako. Scaroni si è detto «sereno», spiegando che l’indagine si «riferisce a episodi del 2004-2005» e confermando che dal 2009 il gruppo collabora con la magistratura: «Aspettiamo di vedere cosa succede».

© Libero