mercoledì 30 maggio 2012

Allo Ior il nemico dell'Italia

Nessuna lista, né, tantomeno, candidati in pole position. Dal Vaticano ripetono che la scelta del successore di Ettore Gotti Tedeschi alla guida dello Ior non avverrà in tempi brevi. E che i nomi circolati sarebbero il frutto «di pure speculazioni per riempire un vuoto di informazione».
In effetti molte candidature sono finite nel calderone un po’ frettolosamente. C’è addirittura chi ha parlato di un ritorno di Angelo Caloia, che ha guidato l’Istituto per 16 anni, dalla gestione Marcinkus fino a quella Gotti Tedeschi, partita nel 2008. Così come sono circolati nomi difficilmente spendibili, considerate le varie disavventure giudiziarie, come quelli di Cesare Geronzi o Antonio Fazio.

C’è, però, chi è pronto a scommettere che quella di Hans Tietmeyer non sia una candidatura di facciata. Il nome dell’ex governatore della Banca centrale tedesca, del resto, è stato tirato in ballo ad ogni scricchiolio dello Ior. È successo nel 1999, quanto terminò il suo mandato alla  Bundesbank. Ed è successo nel 2006, quando per Tietmeyer sembrava ormai fatta. Il cambio della guardia del 2008, avvenuto sotto l’abile regia del cardinale Tarcisio Bertone, con lo zampino dell’allora ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, portò alla guida dello Ior Gotti Tedeschi. Una scelta che manteneva la guida delle finanza vaticane nell’ambito della sfera di influenza dell’Opus Dei, a cui sia Caloia sia Gotti Tedeschi erano strettamente legati.
Ora, però, lo scacchiere è assai diverso. A partire dallo stato di salute della finanza italiana che, piegata dalla crisi, non appare più solida e potente come quattro anni fa. Ma a pesare è anche lo scenario internazionale, dove l’Italia non è più in grado di garantire le adeguate coperture “politiche” alle attività finanziarie del vaticano. Basti pensare alla rottura dei rapporti tra lo Ior e l’americana JP Morgan, che in seguito all’inchiesta della procura di Roma per violazione della normativa antiriciclaggio ha chiuso i rubinetti del credito. Circostanza che ha di fatto lasciato l’istituto nelle mani della Deutsche Bank, da cui proviene l’attuale presidente «ad interim» Ronaldo Hermann Schmitz. È in questo contesto che vanno lette le mosse degli ultimi giorni per ridare smalto all’immagine della banca vaticana attraverso le visite di ambasciatori accreditati presso la Santa Sede volte proprio a pubblicizzare una maggiore trasparenza e per dimostrare all’esterno l’adeguamento alle norme internazionali anti-riciclaggio.

La Segreteria di Stato, in particolare, e il Governatorato, si sono dati da fare per stendere una nuova versione della legge base in materia di antiriciclaggio, la legge 127. Promulgato il 25 gennaio 2012, il nuovo testo dimostra che in uno stato sovrano come è il Vaticano le decisioni anche in materia finanziaria spettano a chi ha in mano il governo, quindi alla Segreteria di stato. Una specifica, questa, che ha provocato qualche malumore interno. E che sarebbe all’origine del braccio di ferro tra il segretario di Stato Bertone, e il capo dell’Autorità di informazione finanziaria (Aif), Attilio Nicora. Adesso, però, la priorità per lo Ior è ottenere l’ingresso della Santa Sede nella lista degli stati con i migliori standard di vigilanza e trasparenza finanziaria. La pratica è ancora sul tavolo della commissione europea Moneyval. In quest’ottica, il profilo di Hans Tietmeyer sembra poter offrire le garanzie migliori. Nello stesso comunicato con cui il consiglio ha sfiduciato Gotti Tedeschi si diceva che il nuovo banchiere dovrà aiutare «l’Istituto a ripristinare efficaci ed ampie relazioni fra l’Istituto e la comunità finanziaria, basata sul mutuo rispetto di standard bancari internazionalmente accettati».
Certo che Tietmeyer in Italia non evoca buoni ricordi, l’attuale vice presidente del consiglio direttivo della Banca dei Regolamenti Internazionali (Bri) e membro della Accademia Pontificia per le scienze sociali, è conosciuto in Italia per le dure polemiche sulle cosiddette svalutazioni competitive della lira messe in atto da Roma prima dell’euro. Fosse stato per Tietmeyer la nostra valuta non sarebbe dovuta neanche rientrare nello Sme nel 1996. Già allora i tedeschi erano convinti che l’Italia non avrebbe rispettato i parametri  di stabilità.

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