mercoledì 11 aprile 2012

La Borsa e lo spread sfiduciano il governo

Da Palazzo Chigi parlano di «cause esogene» e di «turbolenze che non dipendono dall’Italia», ma riguardano tutta Europa. Viene da stropicciarsi gli occhi e fissare con attenzione il calendario. Diciassette miliardi bruciati a Piazza Affari, crollo dell’indice Ftse Mib del 4,98%, spread sopra i 400 punti base e parola rassicuranti dal governo. Difficile scorgere la differenza con le drammatiche settimane che hanno preceduto l’avvento dei professori, se non fosse per la valanga di tasse che nel frattempo è piovuta sul groppone degli italiani per ridare credibilità al Paese.

Forse, come ha giurato e spergiurato tornando dalla missione in Asia, Mario Monti non ha mai pronunciato la frase la «crisi è finita» che i quotidiani di mezzo mondo gli hanno attribuito. La lezioncina sullo spread, con tanto di grafico, con cui il premier, durante la conferenza stampa di fine anno, spiegava l’andamento «incoraggiante» del differenziale tra Btp e Bund è, però, facilmente rintracciabile su youtube. E il viso sorridente del professore mal si accompagna al tornado che si è abbattuto con violenza sul nostro Paese, facendo di nuovo tremare le sale operative di Piazza Affari.
Con la seduta di ieri la Borsa di Milano è praticamente tornata ai livelli d’inizio gennaio, azzerando in pochi giorni (la correzione è partita nella seconda metà di marzo) tutti i guadagni messi a segno da quando i provvedimenti del governo Monti sembravano aver iniziato a dare qualche risultato. La pioggia di vendite, come tiene a sottolineare Palazzo Chigi con un comunicato praticamente copiato da quelli firmati Silvio Berlusconi, ha investito anche l’Europa. In una sola seduta le piazze del Continente hanno bruciato oltre 170 miliardi di capitalizzazione. Resta il fatto che Milano è la peggiore, seguita da Madrid e Parigi, che cedono il 3%, Francoforte (-2,49%) e Londra, (-2,24%). Con risultati amplificati dai volumi ridotti a causa delle feste appena passate, è stata proprio l’Italia a guidare il tracollo dei titoli bancari europei. Il bilancio della giornata è tutto nei numeri: Unicredit -8,1%, Intesa Sanpaolo -7,9%, PopMilano -6,8%. Non meglio è andata all’industria, con A2a (-8,2%) e StMicroelectronics (-8,2%) in cima alla classifica dei peggiori.

A far pensare che l’Italia si stia pericolosamente riavvicinando all’epicentro dell'instabilità europea sono anche le tensioni sul mercato del debito. Lo spread italiano tra Btp e Bund ha infatti nuovamente superato i quattro punti percentuali pieni riportandosi al livello d’inizio febbraio. La voce che circola è che si starebbero di nuovo alleggerendo di carta periferica, anche italiana, grossi fondi statunitensi preoccupati anche per il focolaio spagnolo e intenzionati a trarre profitto del recente rally.
Ma individuare nella speculazione l’unica minaccia per l’Italia sarebbe ingenuo e sbrigativo. Dietro le turbolenze che si sono riaffacciate sui mercati ci sono dinamiche in atto da diverse settimane. Alcune prevedibili e previste. Come quelle legate alle maxi aste di liquidità messe in campo da Mario Draghi per ridare fiato alle banche e allentare la morsa sui titoli di Stato dei Paesi in difficoltà. Iniziative che hanno suscitato, e non da ieri, più di una perplessità non solo tra le file dei banchieri tedeschi, da sempre ostili agli sconfinamenti della Banca centrale europea, ma anche tra chi tifava per un maggiore interventismo dell’istituto di Francoforte. L’idea che lo spread scendesse grazie alle riforme di Monti e che i soldi della Bce sarebbero finiti nell’economia reale era una tesi buona per le conferenze stampa, ma tra gli addetti ai lavori era chiaro che le banche di Italia e Spagna avrebbero utilizzato i prestiti a basso costo per riempirsi la pancia di bond di Stato, aumentando così la loro instabilità patrimoniale e creando l’illusione che gli investitori fossero tornati a scommettere sul nostro Paese.

Gli allarmi della stampa internazionale su questo fronte non sono davvero mancati. Dopo le preoccupazioni del Financial Times e del Wall Street Journal, anche il New York Times ha puntato il dito sui massicci e rischiosi acquisti di titoli di Stato fatti dalle banche per sostenere il debito nazionale. I dati, del resto, parlano chiaro: fra novembre e febbraio, periodo durante il quale la Bce ha prestato oltre 1000 miliardi (di cui 250 all’Italia), i titoli di Stato in capo alle nostre banche sono aumentati di 54 miliardi. La questione sarà sicuramente sul tavolo del vertice convocato per la prossima settimana dal ministro dello Sviluppo economico, Corrado Passera, che, dopo una serie di contatti informali che ieri l’hanno portato a incontrare anche il presidente dell’Abi, Giuseppe Mussari, vedrà banche e imprese per fare il punto sul rilancio dell’economia e  sul nodo del credito, che non riparte.
Sul versante sviluppo, del resto, i timori non sono minori. Anzi, il numero di chi ritiene che il Paese sia bloccato proprio da quella austerity che doveva salvarci aumenta di giorno in giorno. La stretta di bilancio avrebbe ridotto a tal punto le prospettive di crescita, come ha osservato fuori dai denti il Wall Street Journal la scorsa settimana, da mettere a rischio anche le entrate fiscali, finendo per mordersi la coda.


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