giovedì 15 marzo 2012

Sul lavoro aria di retromarcia. Resta l'articolo 18 e riforma dal 2017

Cambi di rotta più che mediazioni. La trattativa sulla riforma del lavoro sembra aver preso una piega strana, che potrebbe lasciare molto deluso chi sperava in un governo con la schiena dritta nel confronto con sindacati e Confindustria. La sensazione, infatti, è che Elsa Fornero più che con le ”paccate” di soldi abbia ammorbidito i contendenti con abbondanti marce indietro sull’articolo 18 e con un allungamento dei tempi di transizione della riforma. A bocca asciutta resterebbero le piccole e medie imprese, che anzi vedrebbero crescere i costi dei contributi sociali.

Le capriole del ministro del Welfare hanno fatto tornare tutti di buon umore. «Mi pare che stiano maturando cose positive», ha esordito il segretario della Cgil, Susanna Camusso, al termine del vertice di ieri. Per poi aggiungere: «È ricominciato un confronto utile e costruttivo». Ma il cambio di clima è stato segnalato anche dal leader della Cisl, Raffaele Bonanni, che ha parlato chiaramente di una nuova «flessibilità» del ministro. «La situazione si sta ammorbidendo. Se il governo sarà flessibile, come si è mostrato flessibile nell’incontro di oggi (ieri, ndr) un accordo è a portata di mano», ha spiegato. Per poi rincarare la dose di ottimismo su twitter: «Basi interessanti. Si fa largo un accordo equilibrato?». Stessa musica per Emma Marcegaglia. «Penso», ha detto la presidente di Confindustria, «che ci sia ancora tutto lo spazio per fare una buona riforma». E di accordo realizzabile, «forse già la prossima settimana», ha parlato anche la Fornero, che si è detta impegnata affinché «tutte le sigle sindacali approvino la riforma del mercato del lavoro». Una buona riforma, ha proseguito, «non è solo quella che esclude le parti sociali». Partendo da questo principio, il ministro ha assicurato di aver presentato sul tavolo della trattativa «un meno equilibrato. Ci sono aspetti indigesti per tutti, ma bisogna che le parti guardino il complessivo».

Quali siano nel dettagli questi piatti difficili da mandare giù non è molto chiaro. Le indiscrezioni sul merito della trattativa si inseguono di ora in ora. Al centro del lungo vertice di ieri (quasi cinque ore) ci sono stati sicuramente tre temi: articolo 18, ammortizzatori sociali e tempi della riforma. Sul primo punto si è prospettato un intervento sostanziale solo per i licenziamenti individuali per motivi economici, dove spetterebbe al giudice decidere tra reintegro o indennizzo (il cosiddetto modello tedesco). Per quelli disciplinari (giusta causa e giustificato motivo) si va probabilmente verso una semplice manutenzione dell’articolo 18 per quanto riguarda i tempi della giustizia e, forse, verso una definizione di casi ben circoscritti in cui siano possibili deroghe. Niente modifiche, chiaramente, sui licenziamenti discriminatori.
Novità in arrivo anche sulla “paccata” di denaro. Nel corso dell’incontro si è infatti discusso della possibilità di far diventare strutturali i fondi destinati alla cassa integrazione in deroga, 1-1,5 miliardi l’anno, da aggiungere agli ipotizzati 2 miliardi che il governo ha già detto di voler reperire. Questo permetterebbe di irrobustire i trattamenti per chi perde il lavoro. Allo studio dell’esecutivo c’è infatti una revisione all’insù dell’importo e della durata del nuovo trattamento di supporto al reddito (l’Aspi), che sostituirà l’indennità di mobilità, l’indennità di disoccupazione non agricola ordinaria, l’indennità di disoccupazione con requisiti ridotti e l’indennità di disoccupazione speciale edile. In una bozza circolata si prevede anche la possibilità di un intervento di sostegno al reddito, a carico delle aziende, per chi perde il lavoro ed è vicino, non più di 4 anni, alla pensione. Un meccanismo che potrebbe poggiare sulla trasformazione del fondo di mobilità in un fondo che sostenga gli esodi incentivati.

Sui tempi della riforma sembra che ad avere la meglio, dopo un lungo gioco dell’elastico, sia stata Confindustria. Secondo alcune fonti al vertice si sarebbe discusso «di una diversa modulazione e di un allungamento della tempistica per l’entrata a regime del nuovo sistema di ammortizzatori non più nel 2013-2015, come si era stabilito nel corso degli ultimi incontri, ma nel 2017, data che era stata inizialmente prospettata. Punto, questo, su cui ha puntato molto Confindustria, spaventata che le nuove norme piombassero proprio nel bel mezzo delle ristrutturazioni in atto delle grandi aziende. Esigenza condivisa in parte anche dai sindacati, che nell’industria hanno la maggior parte degli iscritti. Meno bene è andata alle Pmi. Rete Imprese si è fatta due calcoli sulla base delle bozze consegnate dal governo. Ebbene, per le grandi alla fine si arriverà ad una riduzione dei costi sugli ammortizzatori dello 0,3%, per le piccole ci sarà invece un aumento dell’1,3%.
L’obiettivo della Fornero è quello di chiudere prima che il premier Mario Monti parta per il suo viaggio in Oriente. Dead line, quindi, resta il 23 marzo gia indicato al tavolo di inizio settimana. I contatti proseguiranno serrati fino a lunedì prossimo, quando ci sarà l’incontro con il presidente del Consiglio, che, vista l’evoluzione della trattativa, potrebbe trovarsi sul tavolo un accordo già fatto.

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