domenica 25 marzo 2012

Spunta l'ombra del Colle dietro l'emendamento salva-Telecom

Si sarebbe scomodato addirittura il Colle per risolvere il pasticcio del governo sull’emendamento al decreto semplificazioni che liberalizza i servizi di manutenzione sulla rete fissa di Telecom (oggi gestiti in esclusiva dal gruppo). Di ufficiale, ovviamente, non c’è nulla. Non è compito del capo dello Stato mettere il naso nei provvedimenti dell’esecutivo né, tantomeno, nelle modifiche parlamentari.

Ma la voce circola con insistenza tra gli addetti ai lavori. E i maligni hanno subito iniziato a mettere in fila le coincidenze. Come quella, ad esempio, che ha portato il presidente di Telecom, Franco Bernabè, a scagliarsi duramente contro governo e parlamento, denunciando l’esproprio della rete, proprio in occasione della relazione annuale dell’Organo di vigilanza. Commissione indipendente (ma i cui membri sono nominati per metà dal cda del gruppo) che controlla la parità di accesso alla rete da parte di altri operatori ed è presieduta dal professor Giulio Napolitano, figlio di Giorgio.
Malizie a parte, sono in molti a ritenere che dietro il controemendamento presentato al Senato dal ministro della Funzione pubblica Filippo Patroni Griffi (fu lui, peraltro, alla Camera, ad esprimere il parere favorevole del governo sulla norma contestata) ci sia lo zampino del Colle. E lo stesso zampino avrebbe anche fermato il tentativo di Corrado Passera, venerdì scorso durante un complicato Consiglio dei ministri, di risolvere la situazione attraverso il decreto sulle commissioni bancarie. La norma sulle tlc è comparsa in una prima versione della bozza per poi scomparire in quella definitiva. I motivi del balletto non sono chiari. Così come la necessità di un intervento del capo dello Stato, visto che il governo, come Libero ha più volte anticipato, era già intenzionato a fare marcia indietro, utilizzando il modello Fs. Ovvero affidare tutta la pratica (come è avvenuto con la rete ferroviaria) all’authority competente.

Il testo dell’emendamento Patroni Griffi, a dire il vero, va anche oltre, limitandosi ad incaricare l’Agcom di vigilare sull’offerta disaggregata dei servizi nell’ambito del canone di unbundling (l’affitto forfettario della rete agli operatori alternativi) senza più menzionare la possibilità di rivolgersi a società terze (le stesse che già operano sull’infrastruttura per conto di Telecom) per la manutenzione. Meccanismo che avrebbe favorito la concorrenza, la diminuzione dei costi per le società di tlc e, forse, anche la riduzione delle tariffe per gli utenti finali. Di sicuro, cancellando la norma, non accadrà il contrario. Anzi. Agcom sostiene che i prezzi del settore negli ultimi 15 anni sono scesi del 33% a fronte di un aumento dell’indice generale del 31%. Eppure, lavorando su un arco temporale più limitato, è facile verificare che ad ogni aumento del canone di unbundling per le società è corrisposto un aumento dei prezzi per i clienti. Confrontando le principali offerte per internet di Vodafone, Fastweb, Tiscali, Infostrada, Tele Tu e la stessa Telecom dal 2010 al marzo 2012 si scopre che le tariffe sono cresciute dal 3 al 16%, con incrementi avvenuti sempre tra dicembre e gennaio, in occasione degli scatti decisi dall’authority per l’aumento del canone di affitto.

© Libero