lunedì 5 marzo 2012

Cerchiai: "Autostrade non scappa dall'Italia"

Brasile, Cile, India, Turchia. L’intenzione è quella di investire e crescere ancora all’estero. Ma Fabio Cerchiai di ”fughe” non vuole sentir parlare. «La sostanza dei nostri risultati economici e della nostra attività», spiega il presidente di Atlantia e della sua controllata Autostrade per l’Italia, «resta quella di un campione nazionale. Nel 2011 abbiamo investito 1,6 miliardi nel nostro Paese, nell’ammodernamento della rete, negli impianti tecnologici, nella costruzione di nuove strade. Rappresentiamo il principale investitore italiano. E intendiamo continuare ad esserlo».

Malgrado gli oltre 3mila chilometri di strade gestite in italia, un piano di investimenti a quindici anni di 21 miliardi (di cui 6 già realizzati nei primi cinque anni e 15 da realizzare nei prossimi 10), e un fatturato che vede la quota estera in crescita, ma pur sempre a quota 450 milioni di euro rispetto ai 4 miliardi complessivi, nelle ultime settimane non si è fatto altro che parlare di Sudamerica. Prima la joint venture (controllata da Atlantia) insieme a Bertin, che porta in dote 1.643 chilometri di strade Brasile. Poi l’uscita da Impregilo (con la cessione del 33% della controllante Igli alla famiglia Gavio), che ha consentito al gruppo controllato dai Benetton di conquistare il 100% di Autostrade Sud America (ASA), società che gestisce 313 chilometri di strade in Cile.
Disimpegno dall’Italia? «Macché», spiega Cerchiai, «semmai il contrario. È proprio grazie all’impegno crescente nel nostro Paese che possiamo esportare le nostre capacità all’estero. Mantenere una forte presenza in Italia è importante non solo per una questione di rispetto degli impegni, ma anche perché essere riconosciuti come un campione nazionale, in termini di efficienza industriale e non solo di chilometri gestiti, è la leva con cui si riesce ad andare negli altri Paesi, come è successo in Francia, mercato difficile da conquistare, con la gara per il sistema di pedaggiamento satellitare per i tir».

Resta il fatto che con l’addio ad Impregilo siete usciti dal settore delle costruzioni e vi siete impegnati anche a vendere la Torino-Savona in cambio di una maggiore presenza sul mercato sudamericano...
«Intanto non siamo usciti dalle costruzioni. La nostra società Pavimental oggi realizza il 50%, come previsto dalla legge, delle nostre strade ed è in grado di ampliare la sua sfera di attività sul mercato. Poi la nostra partecipazione in Impregilo era strategica proprio per una serie di operazioni importanti che abbiamo condotto all’estero. Oggi l’uscita da Impregilo ci consente di avere il controllo del 100% di ASA in Cile. Dell’accordo fa parte anche la Torino-Savona, ma è un’opzione di vendita a cui Gavio teneva moltissimo. Se non sarà esercitata la teniamo molto volentieri».

La disponibilità finanziaria, però, non è infinita. Se si spende da una parte bisognerà risparmiare dall’altra...
Fortunatamente, malgrado la crisi, abbiamo mantenuto in questi anni la capacità finanziaria per sostenere, e anche anticipare se il governo lo riterrà opportuno, gli investimenti in Italia e allo stesso tempo per espanderci all’estero. Anche l’indebitamento, di circa quattro volte l’ebitda, è assolutamente sotto controllo e perfettamente in linea con le migliori società internazionali di infrastrutture. Le operazioni in Sudamerica, comunque, sono puramente industriali. In Cile prevediamo anche di recuperare una parte degli investimenti attraverso la cessione di quote che ci permettano di restare sopra il 50%. Abbiamo già molte richieste da parte di fondi internazionali.

Quali sono gli altri progetti di espansione all’estero?
Dopo Brasile e Cile, stiamo valutando una crescita in India in partnership con Tata, dove ci sono opportunità da valutare. Poi parteciperemo ad alcune gare in Turchia e in Belgio. Puntiamo molto, poi, sull’esportazione della nostra tecnologia. A partire dal sistema Telepass, che ha delle potenzialità di utilizzo enormi, ben oltre il pedaggiamento.

Ci potrebbero essere ripercussioni sul gruppo dall’accorciamento di controllo della catena societaria con la fusione tra Sintonia e Schema28 di cui si è parlato?
Che la holding stia in Lussemburgo o in Italia resta sempre Sintonia. Le logiche industriali di Atlantia non cambieranno.

E della ventilata uscita di scena dello storico ad della capogruppo Edizione Holding, Gianni Mion, cosa ne pensa?
Penso che se ne parla da tantissimi anni, ma finora, fortunatamente, è sempre rimasto al suo posto.

© Libero