martedì 27 marzo 2012

Asili, scuole e ospizi. L'Imu stanga i più deboli


Non bastavano gli aumenti fino al tremila per cento. La stangata sulla stragrande maggioranza degli italiani che ha tirato la cinghia e si è indebitata a vita con le banche per acquistare una casa e abitarci. La nuova Imu scaturita dalla penna dei prof al governo che sostituisce e aumenta la vecchia Ici colpirà asili, scuole elementari e medie, centri ricreativi, piscine comunali e persino gli anziani nelle case di riposo.


Che c'entrano gli anziani, direte voi? La norma, chiaramente, non prevede alcuna aliquota discriminatoria basata sull'età dei contribuenti. L'inghippo è più sottile e si trova ben nascosto tra le pieghe della norma. L'articolo 13 del cosiddetto salva Italia prevede infatti che in alcuni casi la tassazione ordinaria dello 0,76% (senza contare il possibile aumento, che viene affidato alla benevolenza dei Comuni, dello 0,3%) possa essere trasformata in quella agevolata prevista per la prima casa. Tra le (pochissime) deroghe c'è il caso delle persone anziane che per necessità si trovano costrette a lunghi periodi di permanenza in case di cura o di riposo. Parliamo di ospizi, per intendersi.
In questo caso, sia si tratti di case di riposo private sia strutture socio assistenziali pubbliche, solitamente l'ospite o il paziente assume la residenza nel luogo in cui si dimora. Se non lo fa rischia anche di incappare in violazioni di norme di legge. Basterebbe un controllo dei vigili urbani, infatti, a dimostrare che l'appartamento non è più utilizzato come unità abitativa. Con il cambio di indirizzo effettuato in Comune l'abitazione cessa di essere principale e diventa la ben più onerosa, dal punto di vista fiscale, seconda casa. Proprio per evitare la spiacevole ingiustizia il decreto prevede che, al verificarsi di tali condizioni, si possa applicare l'aliquota agevolata per la prima casa. Ed ecco il trucco. In quel “possa” è contenuto gran parte della beffa. La norma stabilisce, infatti, due condizioni. La prima, che appare priva di senso, è che l'anziano debba lasciare libera la casa. In altre parole, pur abitando permanentemente in una struttura a pagamento deve tenere l'abitazione sfitta per accedere all'agevolazione. Nel caso, infatti decidesse di affittarla per compensare l'esborso dovuto alla retta della casa di riposo, si vedrebbe immediatamente ripiombare sulla testa l'aliquota dello 0,76%. Ma non è finita. Anche nel caso si decidesse di non dare in locazione l'appartamento la legge salva Italia prevede che in ultima istanza sia il Comune a decidere se concedere o meno l'agevolazione. nella peggiore delle ipotesi, insomma, l'anziano si trova con la casa vuota, la retta da pagare e l'Imu pesante come quella che si abbatte sui proprietari di una seconda casa.

Di paradosso in paradosso, si arriva agli immobili comunali. In questo caso la norma è un capolavoro di bizantinismo fiscale. La nuova Imu, infatti, prevede che siano tassate anche le disponibilità dell'ente locale destinate ai servizi pubblici e sociali. Strutture senza fini di lucro che fino ad ora erano ovviamente escluse dal pagamento di una tassa che il Comune avrebbe versato a se stesso. Con la nuova norma, invece il balzello scatta. E scatta anche nella misura più salata dell'aliquota ordinaria. Può sembrare un controsenso, visto che l'Imu nasce proprio con l'obiettivo federalista di far restare le risorse nelle casse degli enti locali. Ed è così infatti per il gettito derivante dalla tassazione della prima casa e degli immobili rurali strumentali. Per gli immobili tassati con l'aliquota ordinaria, invece, il 50% del ricavato va consegnato allo Stato. Ed è proprio questo il caso degli immobili di cui sopra, che da giugno, in assenza di modifiche normative invocate da moltissimi settori del Parlamento e inserite in alcuni emendamenti al decreto sulle semplificazioni fiscali, verranno tassati come le seconde case dei privati. Il che, alla fine, soprattutto nei comuni più piccoli, non potrà non ripercuotersi sulle quote pagate dai cittadini per i servizi offerti dal comune. Con tanti saluti all'equità.

Bizzarra appare anche la situazione dell'edilizia popolare e delle cooperative. In entrambi i casi, un curioso meccanismo fa si che che scatti la detrazione prevista per la prima casa, ma si applichi l'aliquota prevista per le seconde. Il colpo non sarà indifferente, visto che finora le case degli ex Iacp e quelle delle cooperative a proprietà indivisibile erano equiparate all'abitazione principale (essendo di fatto utilizzate come tali) ed erano dunque esentate dal pagamento dell'Ici. Secondo alcuni calcoli effettuati dagli enti che gestiscono i 750mila alloggi popolari distribuiti sul territorio italiano, la reintroduzione dell'Ici/Imu peserà sui bilanci per oltre 150 milioni di euro. Si tratta di una riduzione del 14% delle entrate derivate dagli affitti. Non va meglio alle 41mila famiglie che vivono in affitto in una casa di cooperativa e che per il salva Italia sono proprietari a tutti gli effetti di una seconda casa. Secondo l'Alleanza delle cooperative l'esborso medio annuo aggiuntivo per ogni famiglia sarà di 650 euro rispetto allo zero pagato fino ad oggi. Del resto, come ci spiega la Cgia di Mestre, l'intera Imu è strutturata in maniera da favorire i più ricchi e penalizzare i più poveri. Al crescere del livello di reddito dei proprietari di seconda casa, infatti, il divario tra il futuro sistema di tassazione e quello attuale tenderà a diminuire. Per i proprietari con redditi oltre i 100mila euro, l'Imu diventerà addirittura più vantaggiosa dell'Ici. «Questo perché», dice il segretario Giuseppe Bortolussi, l'Imu avrà una aliquota, salvo la facoltà dei sindaci di aumentarla o di diminuirla di 3 punti, del 7,6 per mille, che sostituirà l'attuale Ici, l'Irpef sugli immobili e le relative addizionali regionali e comunali. Se con l'attuale sistema, l'Irpef sugli immobili aumentava al crescere del reddito, garantendo così un criterio di progressività, ora l'Imu sarà praticamente una tassa piatta, che consentirà ai più ricchi, rispetto all'applicazione dell'Ici, aggravi di imposta più lievi man mano che cresce il reddito. Il risultato è che la tassazione sulla seconda casa di un proprietario con reddito di 100mila euro lordi annui potrebbe scendere di 14 euro e passare da 1163 a 1149 euro. Viceversa se il proprietario guadagna 25mila euro il prelievo sale da 641 a 766 euro.


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