lunedì 10 ottobre 2011

Magia delle banche: i tassi scendono, i mutui salgono

I tassi scendono, i mutui salgono. Può sembrare un paradosso, ma è questo il senso dell’ennesima stangata che si è abbattuta negli ultimi mesi sulle tasche degli italiani per colpa della crisi dei debiti sovrani (con lo zampino delle banche). I numeri parlano chiaro. Il calcolo complessivo lo ha fatto Bankitalia qualche settimana fa: ad agosto il tasso di interesse medio sui prestiti è arrivato a quota 3,70%. A luglio era il 3,51%, mentre ad agosto del 2010 si attestava al 2,86%. Si tratta dell’incremento maggiore dal novembre del 2010 e del record degli ultimi mesi.

Nulla di strano, penserete, con la crisi che infuria. Eppure, basta guardare gli indici europei a cui sono agganciati i mutui, ovvero principalmente l’Irs per quelli a rata fissa e l’Euribor a tre mesi per quelli a rata variabile, per capire che qualcosa non torna. I tassi di riferimento, infatti, seppure di poco, nello stesso periodo sono diminuiti. Ed ecco la beffa: la Banca centrale europea tiene basso il costo del denaro per difendere l’economia europea dalla crisi e le banche, che hanno difficoltà a procurarsi liquidità sul mercato e spendono di più per raccogliere denaro, si rifanno sui clienti aumentando i famosi spread, che non sono quelli tra Btp e Bund di cui tanti si parla in questi giorni, ma quelli che misurano la quota di guadagno degli istituti di credito sui prestiti.

Il risultato è che chi va a sottoscrivere un nuovo mutuo pensando di fare un buon affare, visto che il tasso ufficiale della Bce è all’1,5% si ritrova poi a pagare interessi che possono arrivare anche al 5%.
L’esplosione degli spread è avvenuta nell’arco dei mesi estivi, con rincari di oltre il 2%. La maglia nera, secondo un’indagine dell’Osservatorio finanziario, spetta a Veneto Banca, che ha aumentato la sua quota di guadagno addirittura del 2,4%, arrivando complessivamente, per un fisso, al 4% di interessi in più che il cliente si trova a pagare rispetto agli indici. Sul secondo gradino del podio c’è Credem, con spread balzati del 2% (4,5% di guadagno sul variabile). Al terzo posto la Banca Popolare di Vicenza, che effettua maggiorazioni che arrivano fino all’1,9%, toccando il 3,9% di spread per i mutui variabili indicizzati con il tasso Bce.

Se le piccole danno il cattivo esempio, le grandi non sono da meno. I quarta e quinta posizione troviamo, infatti, le due principali banche italiane Unicredit e Intesa. Per l’istituto di Piazza Cordusio l’aumento dello spread calcolato facendo una media tra le varie tipologie di mutuo è dell’1,7%. Anche Intesa ha rivisto la maggiorazione per tutti i prestiti per la casa, compreso quello che prevede un tetto massimo, con una percentuale che varia, in base ai prodotti, dallo 0,4 allo 0,75% in più rispetto a prima dell’estate. A seguire c’è praticamente tutto il mondo del credito italiano, da Banca Sella a Cariparma, dalla Bpm a Carige, da Bnl fino alle Poste Italiane, che, seppure di poco, hanno aumentato lo spread dei mutui dall’1,35% all’1,45%.
Tanto per avere un’idea di quello che può comportare per chi ha la necessità di dover sottoscrivere un prestito per l’acquisto della casa, basti pensare che per un mutuo di 100mila euro con tasso variabile a venti anni un differenziale di 1% può valere fino a cento euro in più nella rata mensile, rispetto a chi ha avuto la fortuna di attivare il finanziamento prima dell’estate.
Le banche ovviamente si giustificano sostenendo che devono sopravvivere alla crisi. Il problema, come ben sappiamo, è l’altro spread. Alcuni analisti hanno stimato che ogni 0,10 punti percentuali di differenziale in più tra i titoli italiani e quelli tedeschi (che in questi giorni viaggia sul 3,5-3,7%) ha un impatto sugli utili delle banche maggiori del 2-3% e su quelle più piccole del 5%. Nessuno lo discute. Ma è possibile che a pagare debbano essere per forza i clienti?


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