giovedì 10 marzo 2011

Salgono i tassi e Tremonti rinvia i debiti

Ci risiamo. La calma apparente delle ultime settimane, con gli speculatori forse più attenti a seguire gli sviluppi della crisi libica che le vicende europee, è stata facilmente spazzata via dal fuoco incrociato di Moody’s, che ha rimesso nel mirino il governo di Atene, e, soprattutto, e della Bce, che ha ufficializzato l’intenzione di alzare il costo del denaro nel giro di due o tre mesi.

Tanto è bastato a riaccendere le pressioni sui titoli di Stato dei cosiddetti Paesi periferici (ormai quasi tutti tranne la Germania) del Vecchio continente, su cui anche Standard & Poor’s ieri ha sollevato dubbi in merito alla capacità di resistere alle oscillazioni dei mercati. La tensione si è fatta sentire principalmente nella penisola iberica, con i tassi decennali spagnoli saliti a ridosso del 5,5% sui timori generati dall’asta in corso a Lisbona, dove il Tesoro portoghese è riuscito comunque a cavarsela. Il collocamento dei titoli di Stato biennali, con scadenza 2013, si è concluso con una buona domanda da parte degli investitori e un importo raccolto di circa un miliardo. Il governo di Lisbona ha dovuto indorare la pillola con rendimenti saliti dal 4,08% della precedente asta al 5,99%. Un aumento di quasi due punti percentuali, inferiore a quello registrato dagli stessi titoli sul mercato secondario (6,4%), ma sufficiente a far schizzare i rendimenti dei bond decennali al 7,78%, il massimo storico dall’introduzione dell’euro.

La bufera non ha risparmiato l’Italia, che ha visto i suoi Btp viaggiare sull’ottovolante per tutta la mattina, con picchi di rendimento del 5,08% e ripiegamenti al 5,04%. Una soglia critica per i titoli del Tesoro, che non veniva oltrepassata dal 10 ottobre del 2008 e che si è subito ripercossa sullo spread col Bund, risalito fino a 182 punti per poi ridiscendere a 176 (martedì era a 173). A pesare sull’andamento dei bond italiani è soprattutto l’attesa per l’asta che ci sarà domani, quando il Tesoro offrirà fino a 5 miliardi di Btp a cinque e quindici anni.
Gli uomini di Giulio Tremonti non dovrebbero avere nessuna difficoltà ad operare il collocamento, ma è probabile che l’operazione sarà più cara del previsto. Ed il conto diventerà ancora più salato quando Jean Claude Trichet deciderà di cedere alle richieste sempre più pressanti di Francia e Germania per un rialzo dei tassi che si prevede per ora limitato ad uno 0,25%.

Costi aggiuntivi che non dovrebbero però cogliere impreparato il ministro dell’Economia. Alla esasperante insistenza sulla necessità di mantenere l’estremo rigore nei conti pubblici, infatti, Tremonti ha affiancato una serie di operazioni sui titoli per mettere al riparo il debito proprio da eventualità di questo genere. Nei mesi scorsi, approfittando dei bassissimi tassi d’interesse, i tecnici guidati dal direttore del Dipartimento debito pubblico del Tesoro, Maria Cannata, hanno portato a termine complesse operazioni di concambio mirate a togliere dal mercato titoli a rischio, principalmente Btp, in scadenza nel 2011, 2012 e 2013, sostituendoli con bond a scadenze più lunghe (a partire dal 2018) e quindi meno soggetti alla volatilità dei mercati. Una delle operazioni più consistenti è stata messa a segno agli inizi di febbraio rastrellando 1,7 miliardi di titoli che il tesoro avrebbe dovuto rifinanziare tra il 2011 e il 2012.

Se il meccanismo di pulizia, che altro non è che un allungamento del debito a condizioni non troppo onerose in attesa che passi la bufera, non dovesse bastare, Tremonti può anche contare su un tesoretto di emergenza passato da circa 30 a 61 miliardi di euro. Si tratta del conto di disponibilità presso la Banca d’Italia, dove il Tesoro tiene la sua liquidità per fare fronte ad emergenze di cassa. A Via XX Settembre, però, nessuno drammatizza. Le cifre ufficiali parlano di emissioni stimate nel 2011 di circa 240 miliardi. Il costo aggiuntivo che il ministero dell’Economia prevede di dover pagare per colpa di interessi e rendimenti più alti non dovrebbe superare la soglia dei 3,5 miliardi (che si aggiungerà ai 76,3 stimati per il 2010). Questa è la somma stanziata dalla finanziaria. Che prevede, ha assicurato la Cannata, «anche un margine prudenziale».

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