giovedì 3 marzo 2011

Romani e Prestigiacomo trovano l'accordo sugli incentivi. Il tetto al fotovoltaico diventa flessibile

Mettere a rischio oltre 140mila posti di lavoro e mancare gli obiettivi europei o caricare sulla bolletta degli italiani 5,7 miliardi di euro? Messa così, la questione degli incentivi alle rinnovabili appare quasi insolubile. E la difficoltà di trovare la quadra è dimostrata dalle lunghe riunioni che in questi giorni, e anche in queste ore, i tecnici dei ministeri coinvolti (Sviluppo, Ambiente, Agricoltura) stanno tenendo per mettere a punto il decreto legislativo che oggi dovrebbe approdare sul tavolo del Consiglio dei ministri.

Dopo un lungo braccio di ferro, però, Paolo Romani e Stefania Prestigiacomo sembrano aver trovato un punto d’incontro, anche se la trattativa proseguirà fino all’ultimo minuto utile. Il compromesso raggiunto ieri sera riguarda principalmente il fotovoltaico e prevede che ogni anno (probabilmente entro il prossimo maggio) il governo valuti i risultati raggiunti, gli impianti già installati e stabilisca non solo l’entità delle agevolazioni ma anche le quote massime di Mw prodotte dai pannelli solari che possono accedere alle agevolazioni. Insomma, dal tetto “definitivo” proposto dal ministero dello Sviluppo si passerebbe ad un tetto flessibile fissato anno per anno. Ferma restando l’intenzione di andare verso una graduale riduzione degli incentivi. Qualcuno ipotizza addirittura per quest’anno un taglio del 50%.

Che un intervento fosse necessario, del resto, era opinione condivisa da tutti. Solo qualche giorno fa l’authority per l’energia ha avvertito al Parlamento che nel 2011 la situazione potrebbe diventare insostenibile. Dai 2,5 miliardi del 2009 e i 3,4 miliardi del 2010, nell’anno in corso il volume di quattrini sborsati dai cittadini attraverso la bolletta (e quindi chi più consuma più paga) per sostenere l’energia pulita arriverebbe a 5,7 miliardi.
Una cifra enorme, che diventa ancora più indigesta se si pensa che una fetta consistente di quella somma di pulito ha ben poco. Come il cosiddetto Cip 6, meccanismo con cui si incentivano anche le fonti assimilabili a quelle rinnovabili (tra cui finiscono, misteriosamente, anche impianti che producono energia con i combustibili fossili), che nel 2010 ci è costato complessivamente 1,8 miliardi, di cui solo 780 milioni per le “vere” rinnovabili.

A pesare molto sulle bollette quest’anno sarà anche il fotovoltaico. L’esplosione dei pannelli solari scatenata dagli incentivi ha già portato negli scorsi anni a far schizzare gli aiuti (sempre in bolletta) dai 300 milioni del 2009 a 826 del 2010. Il meccanismo è semplice, per ogni kw prodotto da un impianto fotovoltaico, che sul mercato vale circa 16 centesimi, lo Stato te ne rimborsa circa 40, due volte e mezzo, per venti anni. Un premio forse troppo ghiotto, visto che è bastato ventilare la progressiva riduzione degli incentivi (dal 2011) per far scattare una corsa all’energia solare che è diventata di massa con l’estensione delle vecchie tariffe (attraverso il decreto Alcoa della scorsa estate) per gli impianti che entreranno in funzione entro il giugno 2011.
In pochi mesi, stando ai dati del Gestore dei servizi elettrici, le richieste di accesso alle agevolazioni sono schizzate a quota 54.180 per una potenza complessiva di 3.754 Mw. Ed ecco il problema: considerata una potenza già autorizzata di circa 3.400 Mw a fine dicembre si arriverebbe ad un totale di oltre 7mila Mw. Questo a fronte di un obiettivo stabilito dal governo di 8 Mw entro il 2020. In pratica, si raggiungerebbe il traguardo con 7-8 anni di anticipo. Al costo, con gli attuali incentivi, di quasi 3 miliardi l’anno.
Ha senso una tale corsa, considerati gli oneri per i cittadini e considerato che nessuno ad oggi è in grado di effettuare i controlli necessari a verificare che le agevolazioni vengano erogate a chi ha veramente messo in funzione un impianto?

Era convinto di no Paolo Romani, che nel decreto aveva introdotto una serie di paletti per chiudere la partita definitivamente: uno stop agli incentivi  raggiunto il tetto degli 8mila Mw o comunque a partire dal 2014. A spingere l’iniziativa del ministro dello Sviluppo economico anche la convinzione che i furbetti del fotovoltaico, attualmente attestati sul 15%, che incassano incentivi senza produrre energia pulita siano destinati a crescere.
Diversa l’opinione della Prestigiacomo, secondo la quale con l’eolico fermo lo sforamento del tetto fissato dal governo potrebbe essere necessario per raggiungere l’obiettivo del 17% di energia prodotta da rinnovabili entro il 2020, come concordato con l’Unione europea. A pesare sulla soluzione del tetto flessibile anche l’esigenza di non stangare un settore su cui molte imprese hanno investito e che occupa, compreso l’indotto, oltre 140mila persone. Sul fronte delle truffe, il decreto irrigidisce le sanzioni, prevedendo, oltre alla restituzione degli incentivi, anche l’impossibilità di accedere alle agevolazioni in futuro.

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