mercoledì 2 marzo 2011

Incubo sanzioni. Le nostre aziende chiamano Tremonti

Secondo Massimo Ponzellini, presidente di Bpm e Impregilo, le banche e le società italiane che hanno soci libici nel capitale non hanno nulla da temere. D’altra parte la sua Impregilo ha molti affari in Libia, ma nessun azionista. Direttamente coinvolta in un’ipotesi di congelamento delle quote è invece Finmeccanica. I fondi libici hanno un pacchetto del 2% che potrebbe rientrare nelle sanzioni già scattate in Svizzera e Gran Bretagna sulla base della risoluzione dell’Onu. Stesso discorso per Unicredit, che è per oltre il 7% in mano alla finanza di Gheddafi.

«Per noi il fatto che la Libia abbia comprato il 2% non significa niente. Bisogna aspettare l’assemblea e comunque», ha detto l’ad Pier Francesco Guarguaglini, la quota «non è di Gheddafi, ma del governo libico». Anche Unicredit aspetterà l’assemblea per qualsiasi decisione. Secondo Ponzellini, però, «se ci fosse un cambio in Libia, chiunque arrivi cercherebbe di avere una immagine affidabile. E vendere le azioni dell’Unicredit non è un’azione che dà l’esempio di affidabilità». Resta da vedere quali saranno gli orientamenti del governo. Il nodo su eventuali sanzioni, anche Ue, nei confronti degli investimenti della Libia sarà affrontato dal Comitato per la salvaguardia della stabilità finanziaria presieduto da Giulio Tremonti e la decisione approderà a Palazzo Chigi in un cdm «ordinario» già previsto per questa settimana.
Sul fronte energetico Gazprom ha annunciato di aver aumentato le forniture di gas all’Italia, senza tuttavia per ora superare i limiti degli impegni contrattuali. Se l’Italia non corre rischi sull’approvvigionamento, brutte sorprese potrebbero, però, arrivare dal fronte prezzi, con i rincari a colpi di due centesimi al giorno dei carburanti e nuovi temuti aumenti anche per le bollette del gas, stimati dall’Unione nazionale consumatori in un ricarico tra il 7% e il 9%, ovvero tra 28 e 36 euro a famiglia. Resta ottimista Paolo Scaroni. L’ad dell’Eni ha ribadito che  «la Libia rappresenta solo una piccola parte del nostro consumo». 


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