mercoledì 9 marzo 2011

Diecimila posti scottati dal solare. Il nuovo decreto sugli incentivi al fotovoltaico fa risparmiare sulle bollette, ma costerà 7 milioni al mese di ammortizzatori sociali

Sette milioni. Al mese. La cifra non è paragonabile ai 5,7 miliardi che gli italiani pagherebbero nel 2011 in bolletta in assenza di sforbiciate agli incentivi per le rinnovabili, ma fornisce un’idea abbastanza chiara di quanto la coperta sia corta. Quei sette milioni sono, infatti, i quattrini necessari (calcolati al ribasso) a pagare la cassa integrazione ai 10mila lavoratori che potrebbero trovarsi senza impiego in assenza di modifiche al decreto approvato la settimana scorsa dal Consiglio dei ministri. Se da una parte, insomma, il costo delle agevolazioni ai produttori di energia da fonti “pulite” rischia di pesare eccessivamente sui cittadini, dall’altra il taglio degli aiuti sarebbe comunque a carico dei contribuenti, che dovrebbero sostenere l’onere pubblico degli ammortizzatori sociali.

Lo scenario tratteggiato dalle aziende che operano nel fotovoltaico (Gifi-Anie) parla chiaro: blocco degli investimenti per oltre 40 miliardi e ricorso alla Cig per oltre 10mila lavoratori. Nel dettaglio, ha spiegato il presidente di Gifi, Valerio Natalizia, il provvedimento provocherà «uno stop degli ordinativi di oltre 8 miliardi e un annullamento dei contratti in corso (per 20 miliardi) già sospesi e per i quali le aziende dovranno procedere comunque al pagamento dei fornitori, senza ottenere il finanziamento previsto dalle banche». Esagerazioni? Forse. Sta di fatto che già lunedì, proprio mentre il presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, firmava il decreto, un’impresa del settore (che ha preferito restare anonima) ha comunicato di aver messo in mobilità 30 persone. A Treviso, come ha riportato Fabio Gava, membro della commissione Attività produttive della Camera, auspicando un provvedimento del governo che salvaguardi gli impianti «già autorizzati», un imprenditore ha minacciato di darsi alle fiamme se la legge non cambierà.

Al di là delle drammatizzazioni, è difficile negare che il compromesso raggiunto tra il titolare dello Sviluppo, Paolo Romani, e quello dell’Ambiente, Stefania Prestigiacomo, lasci le imprese in una situazione di stallo. Basti pensare alla confusione normativa per cui in base al decreto salva Alcoa dell’agosto scorso gli impianti che hanno fatto domanda entro il dicembre 2010 avranno tempo fino a maggio per allacciarsi alla rete e avere così accesso ai generosi incentivi del conto energia 2. Mentre quelli che si sono mossi dal primo gennaio si dovranno accontentare degli incentivi più bassi del conto energia 3, ma dovranno ugualmente collegarsi alla rete entro maggio. Su quello che succederà dopo tale scadenza, infine, c’è il buio più totale.
Non è un caso che entrambi i ministri ieri si siano affrettati ad annunciare la definizione di un quadro regolatorio certo entro il più breve tempo possibile. Per Romani possono bastare «due settimane». Per la Prestigiacomo i giorni di attesa saranno almeno «una ventina». Ma tutti e due sembrano intenzionati a premere sull’acceleratore.

Il confronto con gli operatori, a cui parteciperanno anche le banche, è stato fissato per venerdì. La partita, però, sarà tutt’altro che semplice. L’intenzione del governo, come ha spiegato il ministro dell’Ambiente, è infatti quella di «definire un sistema che moralizzi il settore, perché abbiamo gli incentivi più alti d’Europa». Una torta che fa gola non solo agli imprenditori onesti, ma anche a quei furbetti che, in base alle ultime rilevazioni del Gse, rappresentano il 15% del totale. Stando alle cifre illustrate ieri da Romani, se «il governo non fosse intervenuto, ai 3,7 miliardi» previsti in bolletta per il 2011 se ne sarebbero aggiunti  «altri 3,5 di incentivi al fotovoltaico». Si tratterebbe, dunque, di 7,2 miliardi e non di quei 5,7 stimati dall’authority dell’energia.
Malgrado le cifre impressionanti, c’è chi non ci vede chiaro nello stop del governo. «Ho il dubbio», ha detto il sottosegretario Gianfranco Micciché in un’intervista alle Iene, «che sia un decreto spinto da chi non ama molto il rinnovabile». Una cosa, ha aggiunto, «è certa: è una legge sbagliata, si deve cambiare, assolutamente. O si fa così o cade il governo». 

 © Libero