giovedì 11 novembre 2010

«Senza la liberalizzazione Tnt Post lascerà l’Italia»

«Lo abbiamo fatto in Austria, se saremo costretti lo faremo anche in Italia». Luca Palermo è convinto che il nostro Paese sia un mercato strategico dove il gruppo ha investito e vuole continuare a investire. Ma se la liberalizzazione dei servizi postali che dovrebbe partire il primo gennaio si rivelerà un bluff, il colosso olandese delle spedizioni  è anche pronto a fare le valigie. Servono garanzie e, soprattutto, regole.

«Senza quelle», spiega il giovane country manager di TNT Post, «non avremo la possibilità di progettare un percorso di crescita. Ora abbiamo una quota complessiva di mercato del 6,5%, il nostro obiettivo è arrivare entro 4-5 anni intorno al 20. Quelle sono le dimensioni che ci permettono di restare in corsa, considerati tutti gli investimenti fatti». In caso contrario, continua l’ad, «saremo costretti a valutare bene le prospettive della nostra presenza in questo Paese». Non vuole fare il Marchionne, Palermo. Tutt’altro. Parla dell’Italia come uno dei mercati più interessanti di Eurolandia. E vede nella liberalizzazione una grande prospettiva di guadagni e di crescita dimensionale. Ma il manager è qui dal 2005, chiamato proprio in vista dell’apertura del mercato che sarebbe dovuta avvenire nel 2007. Siamo arrivati al 2011. E ad un mese e mezzo dalla scadenza, «sono ancora molti i nodi da sciogliere e io non posso fare previsioni, ma solo analisi di rischio».

La preoccupazione di Palermo, che guida un’azienda con 7mila clienti, circa 4.500 dipendenti (compreso l’indotto) e quote di eccellenza in alcuni segmenti che negli ultimi anni hanno dato filo da torcere alle Poste, è che all’appuntamento si arrivi senza aver messo in campo le misure necessarie ad aprire veramente il mercato. Quattro le questioni sul tavolo. La prima riguarda la ridefinizione del servizio universale. L’idea di Palermo è che per evitare limitazioni alla concorrenza il perimetro debba essere ridotto all’osso. Quanto al calcolo dei costi e alla relativa remunerazione da parte dello Stato, spiega, «bisognerebbe introdurre il concetto di costo marginale. In altre parole, il costo di un servizio deve essere valutato sulla base di quello più basso a cui un’azienda efficiente riesce a fornirlo.

Il terzo punto è quello dell’esenzione Iva. Un vantaggio competitivo a favore delle Poste che già ora rende la vita difficile ai concorrenti nei segmenti dove la liberalizzazione è stata già avviata. Se si riduce il perimetro del servizio universale, dice Palermo, «il problema è già risolto: basta applicare l’agevolazione fiscale solo ai servizi inseriti in quel perimetro». Infine, bisogna con urgenza istituire un’authority di riferimento, come impone la direttiva europea. Le soluzioni sono diverse, l’importante è che sia terza e indipendente. La legge delega c’è già. Manca il decreto attuativo, che dovrà però raccogliere i previsti pareri parlamentari e poi tornare al Consiglio dei ministri. «Il capo del dipartimento comunicazioni dello Sviluppo economico, Roberto Sambuco», spiega il manager, «ci ha assicurato che staremo nei tempi». In effetti, secondo quanto risulta a Libero, i tecnici del ministero starebbero limando il testo. Al massimo entro una decina di giorni la liberalizzazione delle Poste dovrebbe approdare sul tavolo di Palazzo Chigi.

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