venerdì 5 marzo 2010

Lucchini non ci sta: «Ho perso l’azienda per colpa dei russi»

Niente chiacchiere e nessun dettaglio finanziario. Per decretare la fine dell’era Lucchini i russi si sono limitati a comunicare che la Severstal ha scalato completamente il gruppo siderurgico italiano attraverso l’acquisizione dell’ultimo 20,2% ancora in mano alla famiglia bresciana come quota di minoranza. Se i compratori hanno le bocche cucite, ben più abbondanti e pungenti sono invece le notizie che arrivano dai venditori. Notizie contenute in una lettera che lo stesso Giuseppe Lucchini, forzando il suo «abituale riserbo» ha inviato ai suoi dipendenti. Non un messaggio d’addio, ma una raffica di accuse contro gli ex soci russi che avrebbero dato il benservito agli storici proprietari del gruppo senza troppi convenevoli. «Ero a buon punto», scrive Lucchini, «nella creazione di un solido gruppo di investitori, quando purtroppo mi sono trovato di fronte ad una posizione dell’azionista di maggioranza che, avendo dichiarato di voler dismettere la sua partecipazione in tempi strettissimi, non mi ha permesso di proseguire nella ricerca di una soluzione nell’interesse primario dell’azienda».

L’imprenditore bresciano ricostruisce senza peli sulla lingua le tappe della vicenda che hanno portato alla perdita dell’impresa di famiglia. «Nel 2003-2004», si legge nella lettera, «ci si trovò a fronteggiare la parte finale di una difficile crisi» e fu così «che trovai nel gruppo russo Severstal un azionista con il quale stipulare un importante accordo. Cedere la leadership del gruppo fu per me nel 2005 una scelta dolorosa, ma in tal modo fu possibile immettere nelle casse della società una cospicua liquidità (circa 450 milioni di euro) con un contributo significativo anche della mia famiglia». L’operazione, spiega, diede risultati positivi nei successivi quattro anni ma nel 2009 si presentò «il peggiore anno mai vissuto dall’economia mondiale post bellica».

È a questo punto che Severstal ha dichiarato di volersi ritirare. Lucchini, «preoccupato di ciò», si è dunque «nuovamente impegnato personalmente a cercare una soluzione». «Ho perciò», racconta l’imprenditore, «coltivato numerosi contatti con il mondo finanziario, bancario e imprenditoriale». Quando Lucchini era «a un buon punto nella creazione di un solido gruppo d’investitori» i russi di Severstal avrebbero però stoppato l’operazione. «In pratica» , dice, «sono stato messo in condizione di dover accettare l’uscita dall'azionariato della Lucchini (peraltro a condizioni peggiori rispetto a quelle previste dai patti stipulati a suo tempo)». Aspra la conclusione: «Non posso nascondere un fondo di amarezza: in questo particolare frangente sono convinto avrei potuto giocare un ruolo importante per il futuro della realtà industriale che porta il nome della mia famiglia, realtà costruita sulla base di un disegno industriale da me impostato e definito negli anni '90 e tuttora in essere».
 
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