sabato 23 gennaio 2010

Telecom-Telefonica: Piazza Affari approva, il governo no

Il quadro sembra ormai abbastanza chiaro. La fusione tra Telecom e Telefonica è un’ipotesi che piace molto alla Borsa tanto da aver messo le ali ai titoli. Assai meno ai Palazzi romani che, alle indiscrezioni circolate sulla stampa hanno risposto con un fitto fuoco di sbarramento. Non usa mezzi termini Fabrizio Cicchitto. «Cosa possiamo aspettarci da questa fusione? Il rischio che noi vediamo», ha spiegato il capogruppo Pdl alla Camera, «è che da questa fusione possa esservi un interesse soprattutto alla gestione di cassa non avendo la possibilità di trovare la crescita. Quindi c’è il rischio di vedere una riduzione degli investimenti in Italia». Ecco: questo pericolo va scongiurato. Non solo. Secondo Cicchitto, «se la fusione avvenisse sarebbe la prima in Europa tra ex monopolisti», quindi di due operatori che «non hanno capacità nè possibilità di crescere sul mercato interno». Segue a ruota Paolo Romani, che già nei mesi scorsi aveva definito gli spagnoli nell’azionariato di Telecom un problema, invitando il gruppo a valutare l’ipotesi di scorporare l’infrastruttura. Secondo il viceministro delle Comunicazioni «il governo deve dire quello che pensa sull’italianità della rete». Per evitare sorprese sono dunque necessaria garanzie non solo sulla proprietà della rete, ma anche «sull’italianità della governance». È per questo, ha tagliato corto il ministro dello Sviluppo, Claudio Scajola, «chiederò a Telecom di essere informato sui colloqui con Telefonica».Una bomba pronta a esplodereInsomma, l’affaire tlc finisce sotto stretta sorveglianza. A far esplodere la bomba, le indiscrezioni di Dagospia prima e di Repubblica poi, secondo le quali Mediobanca starebbe studiando la creazione di una nuova scatola in cui far confluire il 22,5% di Telecom detenuto da Telco e il 3,75% di Telefonica in mano alla banca spagnola Caixa attraverso la holding Criteria (-0,88% a Madrid). La società spagnola sarebbe inoltre disponibile a lanciare un’Ops su Telecom che comporti un premio del 25-30% sugli attuali corsi di Borsa, spianando la strada alla fusione. Nella nuova holding i soci italiani di Telco manterrebbero una sorta di minoranza di blocco in modo da spuntare una governance che sappia tutelare gli interessi italiani nella nuova realtà. Piazza Affari ha risposto con un rialzo dell’1,8% con scambi robusti che hanno fatto passare di mano il 2% del capitale.La catena di comando, secondo Repubblica, vedeva Cesar Alierta nel ruolo di presidente, Gabriele Galateri vice presidente, Julio Linares amministratore delegato per Spagna e Sudamerica e Franco Bernabè per Europa e Mediterraneo.Il silenzio dei banchieriChe qualcosa ci sia è scontato. Come conferma la raffica di no comment in stretta sequenza arrivati dall’ad di Intesa Corrado Passera, dal direttore generale di Mediobanca, Renato Pagliaro, e, infine, anche dagli spagnoli della Caixa.Nel pomeriggio, però, mentre a Piazza Affari impazzava senza sosta la speculazione sul titolo, è giunta la posizione ufficiale dei soci Telco, così come già successo qualche settimana fa su richiesta sempre della Consob. Assicurazioni Generali, Intesa Sanpaolo e Mediobanca comunicano in una nota congiunta che le notizie di stampa riguardo agli assetti proprietari di Telecom «sono prive di qualsiasi fondamento». E sempre su insistenze di Lamberto Cardia, che si è rivolto ai colleghi spagnoli della Cnmv, è arrivata anche la smentita di Telefonica. Identico il contenuto. La realtà è che la partita è ancora tutta da definire. Gli spagnoli non hanno alcuna intenzione di restare fermi ancora per molto, mentre i soci italiani di Telco non vedono l’ora di liberarsi da un investimento che è precipitato dagli iniziali 2,8 euro per azione, al valore di carico di 2,2 euro fino all’euro e spiccioli che il titolo quota oggi in Borsa. Dall’altra parte c’è il governo che non ha alcuna intenzione di lasciare che un asset strategico come la rete fissa vada in mani straniere, ma non può neanche rinunciare alla collaborazione di Telecom sulla banda larga. Non è un caso che proprio di questo abbia parlato ieri Franco Bernabé. Gli investimenti vanno affrontati in base al «ritorno», ha detto l’ad di Telecom, ma «noi non abbiamo né difficoltà a generare cassa, né ad approvvigionarci sul mercato».

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