giovedì 30 dicembre 2010

Caso Battisti: legati al Brasile da un intreccio di affari miliardari

Finmeccanica, Fincantieri, Fiat, Trenitalia, Telecom, Eni, Saipem, Impregilo. Sono numerose e importanti le aziende che fanno affari nel Brasile di Lula e Battisti. Alcune di esse hanno legami profondi con il Paese sudamericano. Il Lingotto produce tanto (obiettivo un milione di auto) e investe ancora di più (4,4 miliardi nei prossimi 5 anni). L’ex monopolista italiano delle tlc, con una quota di mercato del 25%, è praticamente il secondo gestore nazionale di telefonia mobile. Altre sono in attesa di stringere accordi, di aggiudicarsi commesse, di rafforzare la loro presenza. Per tutte, in ogni caso, le conseguenze del duello sull’estradizione del terrorista si faranno sentire. A subire l’impatto maggiore saranno chiaramente le partite ancora aperte. Come quelle messe sul piatto dal presidente brasiliano la scorsa estate durante la visita a San Paolo del premier Silvio Berlusconi.
Un business di grandissime proporzioni, che va ben al di là dell’impegno di incrementare l’interscambio commerciale tra i due Paesi che già oggi viaggia sui 10 miliardi di dollari l’anno. In agenda ci sono infatti gli interventi previsti dal grande piano di modernizzazione varato da Lula che si andranno ad incrociare con le opere per le Olimpiadi del 2016 e i Mondiali del 2014.
Tra le principali poste in gioco ci sono sicuramente quelle che riguardano Finmeccanica. Il colosso italiano dell’aerospazio e della difesa è ancora in corsa, con le controllate Ansaldo Breda e Ansaldo Sts, per la mega commessa da 13 miliardi per l’alta velocità e per il progetto della metropolitana di Rio de Janeiro.  Delicata è poi la questione delle fregate Fremm, su cui la scorsa estate sembrava che tra Berlusconi e Lula fosse scoppiata la pace. In ballo ci sono commesse per diversi miliardi euro per la fornitura di pattugliatori realizzati da Fincantieri e Finmeccanica. 

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mercoledì 29 dicembre 2010

I soprusi delle banche costano 45 miliardi alle microimprese

Quarantacinque miliardi persi nel 2010. Non per colpa della crisi, ma delle dimensioni. Già, perché essere piccoli in Italia costa caro. E quando sei piccolissimo, come le microimprese, il prezzo è così salato da diventare spesso insostenibile. A lanciare l’allarme è Comitas, associazione promossa dal Codacons, che si è presa la briga di puntare la lente di ingrandimento sulle storture che il sistema Italia riserva alle aziende con meno di nove dipendenti. I risultati sono clamorosi e preoccupanti. E non tanto per i 45 miliardi complessivi di perdite improprie che l’esercito delle microimprese (oltre 5 milioni di soggetti che producono il 40% del pil) ha dovuto sostenere nel 2010. Alla cifra si arriva, infatti, considerando anche i costi della burocrazia e delle mancate riforme, che pesano su tutto il sistema imprenditoriale.

giovedì 23 dicembre 2010

Il regalo di Natale più sgradito. Ci aumentano il canone Rai

Un bel balzello per le feste natalizie non poteva mancare. A non lasciare gli italiani a bocca asciutta ci ha pensato, questa volta, Paolo Romani, che sotto l’albero ci farà trovare la più classica, e più contestata, delle imposte: quella per il possesso di un apparecchio televisivo, meglio conosciuta come canone di abbonamento alla Radiotelevisione di Stato.

Consumatori ottimisti. Ma non consumano

Malgrado i segnali poco incoraggianti che arrivano da Eurolandia e le previsioni fosche di Confindustria, i consumatori italiani non hanno perso la fiducia. Anzi, l’ottimismo di dicembre sull’evoluzione del Paese, del mercato del lavoro e sulla convenienza di acquisto dei beni durevoli ha addirittura raggiunto livelli che non si vedevano dallo scorso gennaio. Quando ancora la seconda fase della crisi, quella che ha travolto in successione Grecia e Irlanda e continua a far tremare l’euro, non si era manifestata in tutta la sua violenza.

mercoledì 22 dicembre 2010

Tremonti non tradisce. Spuntano i soldi per il 5 per mille. E sulla rivolta studentesca: «Da giovane mai sceso in piazza»

Passato il guado del voto di fiducia il viso è disteso e l’umore ottimo. Giulio Tremonti si concede un brindisi con la stampa a Via XX Settembre prima di portare a casa l’ultimo tassello di finanza pubblica con l’approvazione del milleproroghe, che dovrebbe arrivare oggi nel corso del Consiglio dei ministri. Delle indiscrezioni trapelate nei giorni scorsi il ministro dell’Economia conferma solo il rifinanziamento delle risorse per il terzo settore. «È Natale, vi dò una buona notizia», dice Tremonti ai cronisti, «c’è il 5 per mille». Si tratta dei 300 milioni promessi più volte dal governo dopo le vibranti proteste del mondo del volontariato che si aggiungeranno ai 100 stanziati in Finanziaria. Un atto dovuto, considerate le grandi manovre in corso della maggioranza verso l’area cattolica.

martedì 21 dicembre 2010

Le famiglie italiane valgono il doppio del Pil. Il 60% ha una ricchezza netta superiore a quella del 90% dei nuclei di tutto il mondo. Mentre sono meno indebitate di Germania, Francia e Stati Uniti

Case, libretti postali, ma anche investimenti finanziari e capital gain. Con una ricchezza complessiva che riconquista il terreno perso con la crisi finanziaria e si piazza ai livelli più alti dell’intero occidente. Potra non piacere a Giulio Tremonti, viste le frequenti schermaglie con il numero uno di Via Nazionale, Mario Draghi, ma a leggere la fotografia scattata da Bankitalia nel supplemento al bollettino statistico sembra quasi di sentire le parole del ministro dell’Economia.

lunedì 20 dicembre 2010

Troppe frodi sugli incidenti. Assicurazioni in fuga dal Sud

Troppi costi, pochi incassi. Assicurare gli automobilisti del Sud non conviene più. E le compagnie scappano. Qualche mese fa fece scalpore la circolare con cui Ina Assitalia (gruppo Generali) annunciava l’avvio di una campagna massiccia di disdette dei contratti nelle agenzie di Puglia, Calabria e Campania con profitti inferiori al 30%. Ora è il turno di Unipol.

giovedì 16 dicembre 2010

L’onda lunga degli incentivi auto azzoppa ancora le vendite della Fiat

L’onda lunga delle agevolazioni di Stato continua a produrre effetti distorsivi sul mercato dell’auto. Anche a novembre la Fiat ha infatti scontato pesantemente i vantaggi ottenuti lo scorso anno grazie agli ecoincentivi.
Le nuove immatricolazioni in Europa hanno subito un crollo del 23,7%, attestandosi a 74.194 vetture, contro le 97.301 del novembre 2009. Ad ottobre le vendite avevano registrato un calo del 32,7% a 73.774 unità. Complessivamente, nei primi 11 mesi dell’anno, la flessione del gruppo torinese si è attestata in Europa al 16,9%. Il risultato è che la quota di mercato del Lingotto è scesa al 6,7%, rispetto all’8,2% registrato un anno fa e rispetto al 6,9% di ottobre.

mercoledì 15 dicembre 2010

Per i pm il padrone della Thyssen è un assassino

Sette morti sul lavoro valgono settantanove anni e mezzo di carcere? Per i parenti delle vittime, giustamente, il prezzo dovrebbe essere molto più alto. Nessuna condanna, del resto, potrà mai restituire ciò che è stato tolto nel tragico inferno della Thyssenkrupp. Ma è giusto che il sistema giudiziario si pieghi alle ragioni del dolore, della sofferenza? La domanda sembra retorica, ma non lo è. Non, almeno, per i pm del processo che vede alla sbarra i sei manager imputati per il rogo del dicembre del 2007.

martedì 14 dicembre 2010

Bonanni ancora contestato e la Fiom rompe con Fiat

La strada per Mirafiori si fa sempre più stretta. Mentre a corso Trieste, nella sede romana della Uilm, la Fiom sbatte l’ennesima porta, poco lontano, a via Rieti, un gruppo di contestatori fa irruzione nell’auditorium della Cisl e mette in scena l’ennesima aggressione al segretario Raffaele Bonanni. Copioni già visti, che non fanno che accrescere le diffidenze di Sergio Marchionne e rendere sempre più complicato l’accordo per il rilancio della Fiat in Italia e la salvaguardia occupazionale del gruppo.

lunedì 13 dicembre 2010

Effetto Marchionne anche a Piazza Affari. Nel 2010 Fiat, Exor e lusso trascinano i listini. Precipitano banche e assicurazioni

Che le cose nell’ultimo anno a Piazza Affari non siano andate bene non è un mistero. Strozzate dalla crisi economica e sballottate tra le intemperie dei mercati finanziari sono moltissime le imprese che hanno lasciato sul terreno una bella fetta della loro capitalizzazione.

Truffati 60 miliardi a 5mila americani. È ancora caccia ai complici di Madoff

Tra i 60 e i 65 miliardi di dollari rastrellati con il trucco più vecchio del mondo. Chi parla bene lo definisce lo schema Ponzi, dal nome dell’italiano Carlo Ponzi, ex postino di Parma, che a cavallo tra ’800 e ’900 si imbarcò per gli Stati Uniti e svuotò le tasche a circa 40mila americani. Ma il giochino messo in piedi da Bernard Madoff è più comunemente conosciuto come catena di Sant’Antonio ed altro non è che coprire le perdite dei vecchi clienti con i soldi dei nuovi. Un sistema che funziona finché, come è accaduto con la crisi dei mutui subprime, i nuovi sottoscrittori delle quote del fondo d’investimento non bastano più a garantire i guadagni promessi (ma in realtà inesistenti) dal broker a chi gli ha già affidato i suoi soldi.
Un meccanismo semplice semplice, gestito dall’ex bagnino di Long Island (la spiaggia dei newyorkesi facoltosi) con abilità diabolica, al punto da farla sotto il naso ai vecchi lupi di Wall Street, ai veterani della City di Londra e alle banche di mezzo mondo. Oltre naturalmente alle autorità finanziarie e a quelle di vigilanza. L’attività criminale di Bernie Madoff si è definitivamente conclusa due anni fa. Arrestato l’11 dicembre del 2008 con undici capi di imputazione e condannato a 150 anni l’estate successiva, il broker 72enne non troverà più nessuno disposto a farsi raggirare neanche tra i compagni di cella.
Ma gli effetti della truffa più colossale della storia non si esauriranno così facilmente. Anzi, per certi versi la bomba deve ancora esplodere. Proprio in questi giorni il liquidatore dei fondi Madoff, Irving Picard, che sta tentando di recuperare somme in giro per il mondo per risarcire almeno parzialmente le 5mila vittime del broker, ha citato in giudizio la banchiera austriaca Sonja Kohn, accusata di complicità con Bernie. Una maxi causa da 19,6 miliardi di dollari che si va ad aggiungere alle altre già avviate, per complessivi 54 miliardi. Picard, che ha già recuperato 2,5 miliardi, è convinto che siano in molti ad aver tratto profitto dalla “catena” di Madoff. Principalmente banche, su cui il liquidatore sta stringendo l’assedio attraverso richieste di risarcimento sparse per i cinque continenti. Non poteva mancare all’appello, chiaramente, l’Italia, da cui tutto sommato prende origine lo schema Ponzi. Ad inciampare nella mega truffa, tra i principali istituti di credito europei e americani, ci sarebbe anche la nostra Unicredit, collegata agli affari della Kohn attraverso Bank Austria. Accuse, ovviamente, tutte da dimostrare. Dall’istituto di Piazza Cordusio hanno fatto sapere che si difenderanno «con vigore». Considerata l’entità delle somme in gioco, c’è da scommettere che le vittime di Madoff non saranno meno combattive. 

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sabato 11 dicembre 2010

Anche i gufi di Bruxelles celebrano l’Italia

Niente finanziaria bis. L’Italia tornerà ai livelli di crescita pre-crisi entro il 2012. Ad annunciare la lieta novella non è il solito Giulio Tremonti, che da mesi non perde occasione per spiegare che i conti sono a posto e che la tempesta europea non travolgerà il nostro Paese. A scacciare i corvi che aleggiano sui cieli italiani è niente meno che Olli Rehn, il severissimo commissario Ue agli affari monetari, lo stesso che, solo qualche giorno fa, aveva lanciato l’allarme sulla tenuta delle nostre finanze pubbliche scatenando le voci sulla necessità di un ulteriore intervento correttivo.

Asse Merkel-Sarkò contro gli eurobond

No agli eurobond, si alla condivisione dei rischi con i privati e al fisco unico europeo. È un asse d’acciaio quello che si sta creando tra la Germania e la Francia contro gli euro-deboli, i Paesi in affanno con le finanze pubbliche. La sintonia tra i due mostrata ieri in una conferenza stampa congiunta al termine del summit tra i due Paesi che si è tenuto ieri a Friburgo è praticamente totale. Con Nicolas Sarkozy che è sceso in campo non solo per sostenere tutte le proposte e i “no” di Angela Merkel, ma anche per difendere la cancelliera dalle accuse che le sono piovute addosso negli ultimi mesi. «Non vedo quanto la Germania possa essere egoista», ha detto il presidente francese, «alla fine la Germania è il primo contribuente nella Ue». Al di là della convergenza sulle questioni più recenti, compreso il rifiuto di aumentare l’entità del fondo europeo anti-crisi, l’obiettivo dell’asse Merkel-Sarkozy è quello di fare pressioni sul summit europeo in calendario la settimana prossima per avere l’ok ad alcune modifiche dei Trattati europei per creare un meccanismo permanente di salvataggio all’interno della zona euro. Secondo la proposta franco-tedesca in discussione, il fondo permanente salva-stati prevedrebbe la possibilità di ristrutturazioni del debito sovrano, ammettendo, in alcuni casi, perdite dei creditori privati su titoli di debito sovrano nei loro portafogli. Una proposta su cui, a sorpresa, ieri è arrivato anche il sostegno di Mario Draghi. A riconoscere le virtù dell’idea franco-tedesca è stato il vicedirettore generale di Bankitalia, Ignazio Visco, secondo il quale la partecipazione dei creditori privati alle perdite dello Stato potrebbe favorire una pressione da parte del mercato che aiuterebbe a prevenire situazioni di insostenibilità del debito sovrano. 

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venerdì 10 dicembre 2010

Rotelli tenta l’assalto al fortino di Rcs. Il patto dovrà concedere un posto nel cda

Il patto di sindacato continua a restare off limits, ma dopo anni di attesa per Giuseppe Rotelli sembra finalmente arrivato il momento di mettere piede nella stanza dei bottoni. Il primo tassello dell’operazione, di cui si parla da diversi mesi, è stato ufficializzato ieri con le dimissioni dell’avvocato Marco De Luca.

Il Tar boccia il ricorso di Alstom. Sull’alta velocità nessun trucco di Fs contro i francesi

La telenovela non è ancora finita, perché i francesi sono infuriati e hanno immediatamente annunciato ricorso al Consiglio di Stato. Ma il verdetto arrivato ieri dal Tar sul duello tra Alstom e Ferrovie dello Stato per la fornitura dei treni ad alta velocità è netto e inequivocabile.

giovedì 9 dicembre 2010

Guai per la cancelliera Merkel. Anche i tedeschi faticano a piazzare i titoli di Stato

Chissà ora cosa dirà Angela Merkel. Dopo aver passato gli ultimi mesi a bacchettare mezza Europa, il super cancelliere signornò sarà costretta ad ammettere che pure la formidabile locomotiva tedesca, ogni tanto, perde colpi. A portare l’affondo sono stati gli stessi investitori che nelle scorse settimane si sono accaniti contro Irlanda, Spagna, Portogallo. Questa volta ad andarci di mezzo sono i titoli di Stato tedeschi, quelli, per intenderci, con cui si misura la solidità delle obbligazioni del resto d’Europa. Ieri, infatti, il Tesoro è riuscito a collocare solo 4 miliardi di titoli a due anni (gli schatz) rispetto ai 5 offerti. Si tratta della terza volta consecutiva che la Germania non riesce a collocare l’intero ammontare. Nei giorni scorsi la domanda si è rivelata debole anche per le aste di titoli a 5 e 10 anni.  La conseguenza è che i solidissimi bund, per la prima volta dal 10 maggio scorso, in piena bufera greca, hanno tirato il freno a mano, registrando un rialzo del tasso di interesse sopra il 3%. Il che significa che nella fase di turbolenza anche il titolo tedesco per restare sul mercato ha dovuto, seppure di poco, ritoccare all’insù i margini di guadagno per chi lo acquista. Gli indicatori economici, tuttavia, continuano a dirci che la Germania è saldamente sul treno della ripresa. Gli ordini industriali a ottobre sono saliti dell’1,6% rispetto al -4% di settembre e la produzione è balzata del 2,9% rispetto al -1%. Eppure, anche qui, non tutto procede a gonfie vele. Del tutto inaspettato, ad esempio, è il crollo dell’export, che ad ottobre ha registrato un calo dell’1,1% rispetto al +3% di settembre. Per un Paese punta tutto sulle esportazioni il segnale non è da trascurare. Che questa basti ad ammorbidire le spigolosità della Merkel, ovviamente, è tutt’altra storia.

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venerdì 3 dicembre 2010

Colosseo Della Valle. Mister Tod’s restaurerà il simbolo di Roma

Da Mister Tod’s a Mister Colosseo. Dalle scarpe ai gladiatori. Diego Della Valle vuole rimettere a nuovo l’Anfiteatro Flavio e vuole farlo da solo, senza cordate o consorzi. «Il gruppo Tod’s è pronto a finanziare l’intero importo dei lavori di restauro del Colosseo». Vale a dire 25 milioni di euro.

giovedì 2 dicembre 2010

A Mirafiori la Fiom imbavaglia la Cisl

La democrazia del bavaglio. Parte con i peggiori auspici il confronto nelle fabbriche sul piano della Fiat per Mirafiori. Qualcuno, nei giorni scorsi, aveva letto nelle parole meno dure del solito pronunciate da alcuni esponenti della Fiom-Cgil, timidi segnali di discontinuità rispetto alla strategia del muro contro muro messa in atto precedentemente sia su Pomigliano sia sulle deroghe al contratto dei metalmeccanici. Una speranza coltivata sia dall’ala moderata del sindacato, sia da lavoratori sia dal ministro del Welfare, che solo sabato scorso, nel giorno della manifestazione nazionale a Roma della Cgil, aveva lanciato un appello per la ricomposizione delle fratture con Cisl e Uil.

Paradossi. È proprio nel debito il punto di forza dell’Italia

Può sembrare un paradosso, ma è proprio nel debito il punto di forza dell’Italia. Sia  per la composizione di quello pubblico, che per la solidità di quello privato. Sul primo punto i numeri che compensano l’elevatissima consistenza complessiva, più di 1.850 miliardi di euro pari a quasi il 116% del pil, sono quelli relativi ai possessori dei titoli di Stato, con cui il Tesoro copre attualmente circa l’82% dell’indebitamento delle pubbliche amministrazioni.

Il Cavaliere snobba il gossip e protegge gli affari dell’Eni. Trattativa col Kazakhistan

In attesa di volare oggi a Soci, stazione climatica sul Mar Nero, per stringere altri accordi e rafforzare ancora un po’ l’asse Roma-Mosca finito nel mirino delle ambasciate americane, ieri Silvio Berlusconi ha messo altra carne al fuoco per gli “spioni” di Wikileaks. La partecipazione al vertice Osce di Astana è stata infatti l’occasione per un bilaterale con il presidente del Kazakhistan, Sultan Nazarbayev.

mercoledì 1 dicembre 2010

Più giovani, meno parenti. Gli atenei cambiano faccia

Mentre gli studenti di ogni ordine e grado mettono a ferro e fuoco le piazze italiane la Camera dà il via libera a quello che, piaccia o no, è il primo provvedimento organico di riforma dell’intero sistema universitario. Il principio alla base del ddl è che l’autonomia delle università deve essere coniugata con una forte responsabilità finanziaria, scientifica e didattica. Le università restano autonome ma risponderanno delle loro azioni. Se saranno gestite male riceveranno meno finanziamenti. Altri punti centrali riguardano la riforma delle modalità di reclutamento del personale e della governance delle università secondo criteri meritocratici e di trasparenza. Ecco le principali novità che gli atenei dovranno recepire negli statuti entro sei mesi dall’approvazione della legge.

martedì 30 novembre 2010

Dietro lo sgambetto Usa a Berlusconi c’è lo scontro per il gas di Mosca

Nabucco contro South Stream, ovvero l’asse Usa-Ue contro quello Italia-Russia. Dietro alle preoccupazioni, emerse dalle rivelazioni di Wikileaks, che il governo americano nutre nei confronti dell’amicizia tra Silvio Berlusconi e Vladimir Putin c’è innanzitutto il gas, materia prima di cui l’Europa ha disperato bisogno e su cui si sono innestati negli ultimi anni duelli economico-politici ad altissima tensione.

lunedì 29 novembre 2010

Il trenino della Cgil. La Fiom dà la linea, la sinistra segue a ruota

C’è un filo, ingarbugliato ma senza soluzione di continuità, che lega Maurizio Landini a Pierluigi Bersani. Con il primo, segretario della Fiom, che segna il passo e il secondo, segretario del Pd, che tenta faticosamente di restare in scia. In mezzo c’è la sinistra radicale e antagonista e, soprattutto, la Cgil, che ieri, con la prima “piazza” di Susanna Camusso, ha dimostrato di non avere ancora la forza necessaria per il colpo di reni.
Due erano le possibilità che si presentavano al neosegretario del sindacato rosso, considerato il quadro economico e politico, per riprendersi la scena.

Cisl e Uil la suonano, Susanna balla da sola

Raffaele Bonanni aveva auspicato che la politica restasse fuori dalla grande manifestazione nazionale della Cgil. «Spero», ha detto il segretario della Cisl alla vigilia della kermesse, «che non ci siano le solite bandiere di partito, i troppi politici». Più di quelli che hanno sfilato ieri per le strade di Roma, a dire il vero, era difficile anche immaginarlo. Dalla sinistra antagonista fino ai dipietristi passando per i vertici del Pd: nessuno ha voluto perdere l’occasione del bagno di folla offerto a costo zero dal sindacato rosso.

sabato 27 novembre 2010

80 miliardi per il Mezzogiorno. Pure la Cgil al fianco del Cav

Quasi quasi il piano per il Sud piace pure alla Cgil. Il giudizio resta «sospeso», spiega la neo segretaria Susanna Camusso, «ma c’è una convergenza tra il documento sottoscritto dalle parti sociali e i titoli del piano enunciato».  È la stessa Camusso, del resto, a svelare che il governo, tra fondi nuovi e risorse già in bilancio da riprogrammare, è pronto a mettere sul piatto risorse pari a 75-80 miliardi. Una cifra considerevole che, considerata la fonte, non dovrebbe discostarsi molto dai numeri ufficiali che potrebbero uscire già oggi dal Consiglio dei ministri.

giovedì 25 novembre 2010

Ad AliFrance manca solo la fusione

La fusione con Air France? «Non si può escludere», ha detto candidamente Roberto Colaninno intervenendo ieri alla presentazione di un accordo con l’indiana Get Airways. Vere e proprie certezze, sul futuro di Alitalia, non ci sono mai state. Ma se dovessimo prendere per buone tutte le dichiarazioni dei vertici della compagnia negli ultimi mesi ci troveremmo di fronte ad un rompicapo praticamente insolubile. Riassumiamo, solo per avere un’idea, le più recenti.

mercoledì 24 novembre 2010

L'euro scappa dall'Europa

L’austerity non piace. E chi può prende il largo lo fa. Visto l’andazzo che tira in Europa, con i debiti sovrani che schizzano alle stelle, il gendarme tedesco che vuole mettere sotto controllo le finanze pubbliche di mezzo Continente, e le banche che scricchiolano, gli investitori cercano approdi più sicuri. La fuga era già iniziata la scorsa primavera, con le prime avvisaglie della crisi greca. In quel periodo si iniziarono a registrare ingenti flussi di capitali verso la vicina e tranquillizzante Svizzera. Secondo uno studio di Bnp Paribas (le cui cifre non hanno però trovato conferme ufficiali) nei periodi di maggiore instabilità della moneta unica il flusso giornaliero avrebbe toccato picchi di sette miliardi di euro. L’obiettivo non è più quello di sottrarre la valuta alle occhiute attenzioni del fisco, ma di proteggere il denaro in un Paese che non rischi di finire commissariato dalle politiche germanocentriche di Bruxelles.

Il sindaco in campo sugli esuberi di Acea. Deciderà il Campidoglio

Alla fine, com’era prevedibile, è sceso in campo Gianni Alemanno. Difficile dire come abbia preso l’intervento il principale socio privato Francesco Gaetano Caltagirone, che da tempo chiede più efficienza e meno legami con la politica. Sta di fatto che il sindaco di Roma ha deciso di prendere in mano la patata bollente del contenzioso tra azienda e sindacati in Acea. Le rassicurazioni della società sull’entità e le dinamiche di alcuni tagli al personale inevitabili per proseguire un cammino di riduzione dei costi che negli ultimi mesi ha già portato buoni risultati (i bilanci sono anche tornati in utile nei primi 9 mesi del 2010) non sono servite a raffreddare le tensioni dei lavoratori, che da alcune settimane sono in stato di agitazione sostenendo che nel nuovo piano industriale si prevedono circa 700 esuberi rispetto ad un organico di 5.400 unità. Ieri il sindaco, che ha convocato le sigle sindacali e i vertici di Acea, ha fatto capire che qualsiasi mossa dovrà essere concordata con il Campidoglio. Dopo aver annunciato l’apertura di un tavolo di confronto per discutere i nodi che si sono accumulati sul piano industriale per ricreare «condizioni di pace sindacale» Alemanno ha infatti detto senza mezzi termini che si riserva «di intervenire successivamente qualora questo tavolo non desse i risultati attesi». Quanto alla privatizzazione, ha rassicurato Alemanno, la vendita del 20% della società non è all’ordine del giorno.

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martedì 23 novembre 2010

I finiani puntano i piedi. Riforma Gelmini a rischio

Messa in freezer per approvare la finanziaria la bomba università riesplode nel bel mezzo della semi-crisi di governo. Se a metà ottobre le acque erano agitate, ora il mare è forza 10, in piena burrasca. Ieri la riforma ha ripreso il cammino, approdando nell’aula della Camera, ma il nodo da sciogliere è ancora lì. Si tratta della richiesta di risorse aggiuntive che si è materializzata sotto forma di emendamenti  nel corso dell’esame in commissione Cultura.

Marchionne annuncia il suv prodotto a Detroit col marchio del Tridente. Mentre le auto made in Italy sono ancora congelate

Il prossimo modello Fiat sarà una Maserati. Mentre in Italia tutti attendono risposte sul piano industriale, sugli investimenti e sulla partenza delle nuove vetture (34 modelli entro il 2014) promesse lo scorso aprile dal Lingotto, Sergio Marchionne va a Los Angeles e annuncia alla stampa, attraverso le pagine del Wall Street Journal, una jeep Chrysler firmata dalla casa del tridente.

lunedì 22 novembre 2010

In Irlanda si gioca la battaglia per la libertà fiscale d’Europa

Autonomia fiscale. Al di là delle chiacchiere sui controlli, sulle sanzioni e sulle regole, si gioca qui la battaglia europea. Non è un caso che l’Irlanda stia cercando con tutte le forze di dribblare gli aiuti europei che farebbero scattare un commissariamento sulle politiche di bilancio. Ieri il quotidiano Irish Times ha fatto sapere che il governo di Dublino sta lavorando ventre a terra per far uscire il piano quadriennale anti-deficit al massimo martedì, prima quindi della definizione e dell’arrivo di qualsiasi aiuto internazionale. A parte verrà pubblicato un piano di ristrutturazione del sistema bancario, anch’esso da mettere definitivamente a punto durante il weekend.

sabato 20 novembre 2010

Mago Tremonti: fa regali ma risparmia

Dal finanziamento per oltre 240 milioni alle scuole paritarie, all’esenzione (per 5 mesi) del ticket sanitario, passando per il finanziamento dell’università e della detassazione del salario di produttività. Sono queste alcune delle misure della legge di stabilità che hanno ricevuto il via libera dell’aula della Camera e che dalla prossima settimana sono attese in commissione Bilancio al Senato. Tra le ultime novità inserite in aula a Montecitorio c’è anche il rifinanziamento dell’eco-bonus per le ristrutturazioni, i 100 milioni per l’assistenza dei malati di Sla e la puntualizzaziona sull’asta frequenze che dovrà esser fatta entro il 31 dicembre 2012.
Ma la notizia più importante per i conti pubblici è quella contenuta nella nota di variazione di bilancio approvata sempre alla Camera successivamente alla finanziaria. Ebbene, nessuno sa bene come abbia fatto, ma Giulio Tremonti è riuscito a risparmiare anche questa volta. L’insistenza dei finiani lo ha costretto ad accorpare alla manovra vera e propria un pacchetto da 5,7 miliardi che avrebbe dovuto essere discusso separatamente nel ddl sviluppo.

giovedì 18 novembre 2010

Tremonti non teme l’Irlanda: «Italia solida, non collasserà»

«Non siamo il problema, ma parte della soluzione». Risponde così Giulio Tremonti, con una frase alla Sylvester Stallone, a chi negli ultimi giorni ha tentato di trascinare l’Italia nella bufera irlandese. L’effetto è un po’ quello del “non sono qui per salvare Rambo da voi, ma voi da Rambo” dell’intramontabile colonnello Trautman, la sostanza è che secondo il ministro dell’Economia il nostro Paese non solo è fuori pericolo, ma rappresenta anche un modello di stabilità, rispetto alla vulnerabilità finanziaria di Stati che al rigore hanno preferito la spesa facile.

Silvio mette in palio i posti in Eni, Enel e Terna

Mentre alle Camere impazza la compravendita dei parlamentari, nel gran bazar della politica rischiano di finire trascinate anche poltrone ben più delicate. I tempi non sempre coincidono, visto che la partita sulla fiducia al governo si dovrà chiudere prima di Natale, ma nulla vieta di stringere patti che verranno poi onorati successivamente, come spesso accade quando la posta in gioco è molto alta. E di incarichi che contano sul piatto ce ne sono parecchi. Praticamente tutti i colossi pubblici partecipati dal Tesoro, infatti, vedranno scadere i propri vertici da qui alla prossima primavera.

mercoledì 17 novembre 2010

Irlanda e Portogallo sull’orlo del crac. Borse a picco, scivola l’euro e frena pure Wall Street. Il presidente di turno della Ue avverte: «Ora a rischio la sopravvivenza dell’Unione»

Dopo essere sopravvissuti allo tsunami greco, la crisi rilandese sembrava una passeggiata. Eppure, gli inquietanti scricchioli della tigre celtica, uniti ai segnali per nulla incoraggianti che arrivano dal Portogallo e dalla Spagna, stanno concretizzando il peggiore incubo dei governanti europei. Quello di un devastante effetto domino in grado non solo di mettere in ginocchio, uno dietro l’altro, gli Stati del Vecchio Continente, ma di far crollare l’intera impalcatura dell’Unione europea. Ne è convinto il presidente di turno della Ue, Hermann Van Rompuy che ieri, lanciando un allarme senza precedenti, ha detto fuori dai denti che «se i problemi di budget di alcuni Paesi non saranno risolti, la zona euro e l’Unione nel suo insieme non sopravviveranno».

Il nuovo incarico di Bernabè rischia di mandare in tilt la fibra ottica dei romani

Non arriva davvero al momento giusto la nomina di Franco Bernabè alla vicepresidenza dell’Unione industriali di Roma. Alcuni sostengono che la mossa di Aurelio Regina sia dovuta al tentativo di mettere insieme un parterre de roi da fare invidia al salotto buono della Confindustria nazionale. In effetti, con l’ingresso dell’ad di Telecom,  il presidente della Uir completa il quadro di una serie di collaborazioni prestigiose che vanno da Mauro Moretti, a Rocco Sabelli, da Flavio Cattaneo e Giorgio Zappa fino a Caltagirone Junior.

sabato 13 novembre 2010

L'aria di crisi ci costa 250 milioni di euro al mese

Comunque la si pensi su Fini, Bossi e Berlusconi, una cosa è certa: la maggioranza di governo per litigare non poteva scegliere momento peggiore. Durante l’estate le fibrillazioni provocate dal duello tra il presidente della Camera e quello del Consiglio non avevano turbato più di tanto i mercati internazionali.
Ma l’accelerazione degli ultimi giorni sulle prospettive di crisi ha riacceso i riflettori sul nostro Paese. E ieri è bastato un refolo di vento (i timori sulla tenuta dell’Irlanda smentiti da tutte le istituzioni europee) per far ballare i rendimenti dei nostri titoli di Stato addirittura ai massimi da quando è stata introdotta la moneta unica, ovvero dal 1997.

venerdì 12 novembre 2010

Salta la tregua sulla banda ultra larga. Aumenti unbundling troppo “generosi” per Telecom

Il pallino sulla fibra ottica, avevamo scritto, è in mano all’authority. E ieri l’authority è scesa in campo, con una decisione che è piombata come un macigno sulla tregua faticosamente raggiunta dal ministro dello Sviluppo, Paolo Romani. All’indomani della l’intesa sulla società per realizzare le infrastrutture passive della banda ultra larga, l’Agcom ha infatti emesso il tanto atteso verdetto sugli aumenti dell’umbundling (il canone pagato a Telecom per l’affitto della rete) scatenando la furia degli operatori alternativi. In un comunicato congiunto Fastweb, Wind, Vodafone e Tiscali si dicono addirittura pronti ad «avviare le opportune azioni nelle sedi competenti» non appena saranno conosciute le motivazioni del provvedimento. Sull’incremento tariffario deciso dall’Agcom era arrivato qualche settimana fa lo stop della Commissione Ue, che aveva invitato l’authority a ricalcolare gli aumenti considerati troppo “generosi” per l’ex monopolista. Ebbene, per il 2010 il valore resta fissato a 8,70 euro al mese. Per il 2011 lo sconto porta il canone da 9,14 a 9,02, mentre per il 2012 si passa  da 9,48 a 9,28. L’ad di Telecom si è detto «stupito» per la decurtazione, ma ha comunque incassato gli aumenti definendo «positiva» la chiusura della pratica. Per i piccoli Corrado Calabrò si sarebbe invece fatto beffe non solo delle loro obiezioni, ma anche di quelle di Bruxelles. Di sicuro, come annunciato più volte dagli stessi operatori alternativi, la decisione peserà sugli accordi per la rete veloce di nuova generazione la cui strada, ora, appare tutta in salita. 

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giovedì 11 novembre 2010

Sulla rete ultralarga la palla ora passa all’autority delle tlc

Per Paolo Romani il risultato ottenuto è addirittura «straordinario». Di sicuro, visto lo scenario, non si poteva ottenere molto di più. Il ministro dello Sviluppo è riuscito a mettere allo stesso tavolo tutti gli operatori telefonici, compresa Telecom, per siglare un memorandum d’intesa sulla creazione di una società ad hoc, che potrà raccogliere anche investimenti pubblici come quelli della Cdp, per la realizzazione delle infrastrutture passive per la rete ultra larga.

«Senza la liberalizzazione Tnt Post lascerà l’Italia»

«Lo abbiamo fatto in Austria, se saremo costretti lo faremo anche in Italia». Luca Palermo è convinto che il nostro Paese sia un mercato strategico dove il gruppo ha investito e vuole continuare a investire. Ma se la liberalizzazione dei servizi postali che dovrebbe partire il primo gennaio si rivelerà un bluff, il colosso olandese delle spedizioni  è anche pronto a fare le valigie. Servono garanzie e, soprattutto, regole.

mercoledì 10 novembre 2010

Sacconi prova a far lavorare la Cgil

I duri della Fiom non ci hanno pensato neanche un secondo. La mano tesa di Maurizio Sacconi sul nuovo statuto dei lavoratori, ha tuonato il segretario Maurizio Landini, è un atto «gravissimo e inaccettabile». Eppure, più che una provocazione, l’invito rivolto ieri dal ministro del Welfare ai sindacati ha tutta l’aria di una grande opportunità. Soprattutto per la Cgil, che avrebbe la possibilità di smarcarsi dall’abbraccio soffocante delle tute blu e di far coincidere la nuova segreteria con una svolta storica per la confederazione rossa.

Romani cerca di mettere pace nella rete internet di ultima generazione

Le distanze non sono state del tutto colmate. Anche perché l’authority sta ancora lavorando alla definizione del quadro regolatorio sulla rete di nuova generazione. Il passo avanti ottenuto da Paolo Romani è comunque significativo. Oggi tutti  gli operatori alternativi (Fastweb, Wind, Vodafone e Tiscali) e Telecom si siederanno intorno al tavolo per firmare un memorandum d’intesa sul piano di sviluppo della banda ultralarga. Non c’è molto di più rispetto all’accordo tecnico raggiunto qualche settimana fa sempre al tavolo promosso dall’allora viceministro ed ora titolare dello Sviluppo economico. La prospettiva di Romani è quella di arrivare alla creazione di una società per la condivisione delle infrastrutture passive che veda la partecipazione di tutti i soggetti coinvolti. Gli ostacoli, però, sono ancora molti. Compreso quello relativo agli aumenti unbundling (il canone da pagare a Telecom per l’utilizzo dell’ultimo miglio) ora al vaglio dell’authority dopo lo stop imposto da Bruxelles. Aumenti che secondo gli operatori alternativi andranno a togliere risorse per gli investimenti sulla fibra. 

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martedì 9 novembre 2010

L’Italia dà la caccia a 400 miliardi arabi

Quando investono in Italia, solitamente, scatenano reazioni e polemiche. Recentissimo è il caso di Unicredit che, alla fine, è anche costato la poltrona all’ex ad Alessandro Profumo. Ma in fondo pure i critici sanno che il business col mondo arabo è un’opportunità cui l’Italia, soprattutto in questo periodo, non può permettersi di rinunciare. Oltre alle attività contestate dei tanto temuti fondi sovrani, infatti, i Paesi del medio oriente e del golfo rappresentano mercati emergenti  in forte espansione dove le nostre imprese possono giocare un ruolo di primo piano.

sabato 6 novembre 2010

Il Tar contro la Prestigiacomo. Chiuso da un anno l’ente che vigila sui rifiuti

L’Osservatorio nazionale sui rifiuti torna in campo. La notizia può sembrare bizzarra, visto che l’organismo interministeriale non è mai stato sciolto. Tuttora, nella sezione “comitati e commissioni” del sito del ministero dell’Ambiente, si può leggere che l’Onr “vigila sulla gestione dei rifiuti, degli imballaggi e dei rifiuti di imballaggio;  provvede all’elaborazione e all’aggiornamento permanente di criteri e specifici obiettivi d’azione, nonché di un quadro di riferimento sulla prevenzione e gestione dei rifiuti; verifica i costi di recupero e smaltimento; verifica i livelli di qualità dei servizi erogati; predispone un rapporto annuale sulla gestione dei rifiuti, ecc. ecc.”. Compiti mica da ridere, soprattutto mentre Napoli è sommersa dalla “monnezza” e l’Europa è pronta ad aprire una procedura d’infrazione contro l’Italia proprio sui rifiuti.

Elkann sbarca a Roma per ammorbidire le spine di Marchionne

Normali relazioni istituzionali. Così John Elkann ha definito la sua girandola di incontri romani. Un pellegrinaggio che lo ha portato al Quirinale, in Bankitalia, ma soprattutto a Palazzo Chigi e a Via XX Settembre, dove ha incontrato rispettivamente il sottosegretario Gianni Letta e il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti. Il tempismo del giovane rampollo della famiglia Agnelli non lascia molti dubbi sull’oggetto delle conversazioni.

mercoledì 3 novembre 2010

Sabelli invoca la Francia. Colaninno lo scomunica

Solo gli sciocchi, si dice, non cambiano mai idea. Tuttavia fa un po’ impressione leggere, tra le decine di anticipazioni quotidianamente distillate dall’ultima fatica di Bruno Vespa, che l’ad di Alitalia Rocco Sabelli ha intenzione di proporre agli azionisti della compagnia la fusione con Air France. Solo qualche mese fa, infatti, per l’esattezza il 5 luglio, lo stesso manager sosteneva che la fusione «non è nei nostri piani, né nelle nostre prospettive».

martedì 2 novembre 2010

Wall Street sicura: Fiat lascerà Torino

Delle due l’una: o gli esperti a stelle e strisce di Goldman Sachs sono impazziti oppure sono convinti che Sergio Marchionne abbia già preparato le forbici per tagliare la zavorra Italia. Sarebbe difficile spiegare in altro modo quella fiducia che la grande banca d’affari americana continua a riporre sulle potenzialità di crescita del Lingotto, al punto da consigliare agli investitori di fare man bassa di azioni Fiat, perché il titolo sarebbe sottovalutato non di qualche spicciolo, ma di quasi 10 euro.

domenica 31 ottobre 2010

La Marcegaglia scarica Silvio. E Fini si fa avanti

Siamo indignati e arrabbiati». Lo ripete due volte Emma Marcegaglia, scatenando l'applauso della platea, per far capire che questa volta la misura è colma dawero e la pazienza è finita. Non era mai stata così dura la presidente di Confindustria. Di fronte ai giovani imprenditori riuniti a Capri parla di "un'azione di governo che non c'è" più, di "paralisi" e "smarrimento" istituzionale, di "credibilità internazionale" che vacilla, di "senso della dignità" e "dello Stato" che si è "perso" e che va ritrovato al più presto. Con o senza questo governo.

I giovani industriali temono nuove tasse

Riforme e innovazione. Ma anche strategie più efficaci per contenere il debito pubblico e politiche fiscali meno soffocanti. È lungo l'elenco di compiti che Federica Guidi presenta al governo durante la tradizionale kermesse di Capri. Le parole del presidente dei giovani di Confindustria si intrecciano con le buone notizie che arrivano da Bruxelles, dove Silvio Berlusconi ha portato a casa una serie di paletti al protocollo di Kyoto e l'inserimento del debito privato nel nuovo patto di stabilità. Ma la Guidi non fa sconti.

giovedì 28 ottobre 2010

Primo sì a Marchionne. Il governo detassa la produttività

Anche ieri da imprenditori e manager sono continuati ad arrivare sostegno e apprezzamenti alla linea Marchionne. Ma la vera sponda alla rivoluzione avviata dal numero uno della Fiat è quella che sta preparando il governo attraverso il dl sviluppo. È qui che il martellamento del manager sulla necessità di aumentare la produttività e la competitività delle aziende del gruppo potrebbe incontrarsi con le esigenze dei lavoratori. Abbiamo già visto che il piano Pomigliano, una volta a regime, potrebbe portare in tasca agli operai qualcosa come 250 euro netti mensili in più.

Altro che liberalizzazioni. Meglio le poste private

Tra i tanti monopoli che si apprestano a cadere sotto i colpi del mercato c’è anche quello dei servizi postali. Dal gennaio del prossimo anno si aprirà alla concorrenza anche l’ultima quota di business ancora sotto la gestione esclusiva dell’azienda pubblica guidata da Massimo Sarmi. Si tratta, in particolare, di tutta la corrispondenza sotto i 50 grammi e delle raccomandate attinenti alle procedure amministrative e giudiziarie relative all’attività della pubblica amministrazione.

mercoledì 27 ottobre 2010

Acea punta sull’austerity per rilanciare i conti dopo l’uscita dei francesi

Prima i tagli, poi la bolletta. Non si può davvero dire che Marco Staderini stia cercando di attirare le simpatie dei romani. Alla vigilia di un cda che dovrebbe varare un piano di riduzione dei costi lacrime e sangue, l’ad dell’Acea ha annunciato anche che per «rifare le infrastrutture servono quattro miliardi da investire in opere immediatamente cantierabili». Risultato: occhio alle docce e alle bevute troppo generose. «Bisogna avere il coraggio», ha spiegato il manager, «di aumentare le tariffe annue del 10%, visto che non c’è più il salvadanaio delle risorse pubbliche». La situazione, comunque, non è così drammatica. Anche perché le tariffe dell’acqua sono stabilite dal Comune e non dall’Acea.

Ascoltare Marchionne vale 250 euro al mese

Duecentocinquanta euro al mese, 7,6 miliardi in 30 anni. Basterebbe ragionare un po’ su queste due cifre, forse, per disinnescare gran parte delle polemiche scatenate negli ultimi giorni dall’ennesima “provocazione di Sergio Marchionne. La prima cifra circola da quest’estate, ma nessuno l’ha mai presa troppo sul serio. Eppure, al di là degli utili e degli investimenti, i numeri che interessano i lavoratori sono soprattutto quelli che alla fine del mese finiscono in busta paga. E quei 250 euro non sono invenzioni della propaganda filoaziendalista, ma semplicemente l’aumento netto che gli operai di Pomigliano si troveranno in tasca ogni mese quando il nuovo piano entrerà in vigore.

lunedì 25 ottobre 2010

Sui cambi la Germania fa l'amica del giaguaro

Come spesso accade ai vertici internazionali, alla fine si festeggia comunque. Come dice Giulio Tremonti, la frase contenuta nel comunicato finale del G20 finanziario in Corea del Sud per un sistema dei tassi di cambio “determinato dal mercato e che riflette i fondamentali economici” è una «novità rispetto all’assoluto silenzio». Ma anche il ministro dell’Economia è costretto ad ammettere che si tratta solo «dell’avvio di un processo di critica verso un espansionismo spinto dalla politica dei cambi». Un piccolo passo, insomma, rappresentato da un compromesso che non va al di là di un appello generico del G20 a non giocare troppo sporco con le politiche valutarie. La realtà è che la Cina si è opposta con forza a qualsiasi proposta vincolante. E che la Germania, preoccupata di dover tirare il freno sull’export, gli ha dato manforte.

sabato 23 ottobre 2010

Paradosso Terzigno. Hanno la regione con meno discariche. Eppure insorgono

I cittadini di Terzigno protestano, occupano, incendiano. Senza considerare che quella discarica che il governo cerca di far funzionare in base al piano messo a punto nel 2008 quando Napoli era invasa dai rifuti serve proprio a riportare l’area nelle medie italiane. Già, perché la Campania è in fondo alla classifica nazionale per raccolta differenziata, per numero di termovalorizzatori e, inutile dirlo, per numero di discariche. Su quest’ultimo punto, accanto alla realizzazione del nuovo inceneritore di Acerra, si è concentrato l’intervento del governo, che ha portato i siti da tre a cinque, mettendo in cantiere l’apertura di altre tre discariche.

Biasi resta alla guida di Cariverona. La Lega lascia una poltrona al PdL

Paolo Biasi (nella foto LaPresse) resta presidente della Fondazione Cariverona. Nella riunione del consiglio generale l’ingegnere 72enne, da 18 alla guida dell’ente, ha vinto pure la partita del vice presidente vicario, dove arriva Giovanni Sala. Il secondo vice è Silvano Spiller. Nel cda entra anche un degli uomini vicini al sindaco di Verona Flavio Tosi, Giovanni Maccagnani, che lascia un posto libero nel consiglio generale, dove dovrebbe arrivare un uomo del Pdl. Il sottosegretario Giorgetti e la senatrice Bonfrisco avevano infatti criticato la decisione del leghista Tosi di occupare tutti i posti (quattro) disponibili nell’ente senza alcun accordo.

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venerdì 22 ottobre 2010

Bruxelles stoppa gli aumenti Telecom. Gli operatori alternativi festeggiano

L’Agcom dovrà rifare i suoi conti. Alla fine, nel lungo braccio di ferro sull’aumento delle tariffe unbundling (l’affitto della rete Telecom) la spuntano gli operatori alternativi. Bruxelles non contesta il metodo di calcolo utilizzato dall’Agcom, ma il risultato finale. Secondo la Commissione Ue l’authority per le Tlc avrebbe sovrastimato sia i costi di manutenzione sia quelli commerciali. In entrambi i casi, concedere a Telecom un aumento troppo alto scoraggerebbe interventi finalizzati al miglioramento dell’efficienza della rete e all’ottimizzazione dei costi. Su un punto, in particolare, si erano concentrate le critiche di Fastweb, Wind e Vodafone. Si tratta della percentuale dei guasti sulla rete, stimata dall’Agcom al 22% contro il 12% fornito dalla stessa Telecom. I livelli considerati dall’authority, scrive la Commissione, «sembrano legati a una rete storica, piuttosto che orientati verso un’ipotetica rete di rame efficiente, con una minore occorrenza di guasti». La partita è comunque ancora aperta. Entro tre settimane l’Agcom rifarà i suoi calcoli. Gli operatori alternativi sperano in una consistente sforbiciata, ma secondo quanto risulta a Libero si tratterà solo di piccole correzioni.

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Emma in visita privata da Silvio. Scoppia la pace in nome delle riforme

Un caffé della pace a Palazzo Grazioli. È durato poco meno di un’ora il faccia a faccia tra Silvio Berlusconi ed Emma Marcegaglia. I due si erano incontrati anche mercoledì a Via XX Settembre, in occasione del primo incontro convocato da Giulio Tremonti per discutere di riforma del fisco con le parti sociali. Ma ieri è stato il primo incontro privato dopo la bufera mediatico-giudiziaria che ha portato all’uscita di scena del portavoce Rinaldo Arpisella. Incontro partito da una telefonata del premier al numero uno di Viale dell’Astronomia.
Sul tavolo, ufficialmente, tutti i principali dossier economici del momento. Le strategie per la ripresa, la competitività, il Mezzogiorno, le dinamiche sindacali, la riforma del fisco, il nucleare. Ma è chiaro che nel vertice a due si è parlato anche, e molto, di altri dossier. Quelli, per intendersi, legati alla disfida con Il Giornale e alla copertina di Panorama. 

giovedì 21 ottobre 2010

La Serbia riprova a vendere la Telekom degli scandali

Un déjà vu, direbbe qualcuno. Dopo circa 13 anni di polemiche, inchieste, accuse e controaccuse, dossier, soffiate e calunnie, Telekom Serbia torna sul mercato. In Italia è come se il tempo non fosse passato. Le tangenti, la commissione parlamentare, i procedimenti giudiziari, il “superteste” Igor Marini, mortadella-Prodi, ranocchio-Dini, cicogna-Fassino. Il polverone alzato dalla vendita a Telecom delle quote della società serba e dal successivo riacquisto da parte del governo di Milosevic non si è mai abbassato del tutto. Solo qualche giorno fa Repubblica ricostruiva tutti i passaggi salienti della vicenda per sostenere (in barba alle sentenze della magistratura che hanno dimostrato il contrario)  che quella fu la prova generale della cosiddetta macchina del fango di cui gli ambienti vicini al Cavaliere e i giornali “amici” sarebbero provetti manovratori.

Non c’è abbastanza gas se l’inverno sarà rigido

È bastato qualche grado in meno di temperatura per far partire il solito allarme gas. L’Italia rischia anche quest’inverno di restare a secco. O meglio, al gelo. Questa volta, però, stando all’avvertimento lanciato dall’authority per l’energia la situazione sembra addirittura peggiore. Lo scenario che si prospetta è quello, infatti, di un balzo indietro nel tempo. Da un punto di vista della fornitura di gas naturale il nostro Paese si troverebbe nella stessa situazione di cinque anni fa.

Montezemolo si rimangia tutte le accuse: «Nessun ostruzionismo da parte delle Fs»

Torna il sereno tra Luca Cordero di Montezemolo (nella foto Ansa) e Mauro Moretti. Sarà stato merito del solito Gianni Letta o, forse, della documentazione dettagliata messa sul tavolo da Rfi, fatto sta che durante un incontro a Palazzo Chigi il patron di Ntv, accompagnato dal socio Diego Della Valle, si è rimangiato tutte le pesanti accuse fatte nei giorni scorsi contro le Ferrovie dello Stato. Boicottaggi, dispetti, sgambetti? Ostacoli al concorrente privato che dal prossimo autunno gareggerà con le Fs nell’alta velocità? Macché.  «Il governo ha preso atto che tutte le prove del treno prototipo Agv Pegaso procedono regolarmente», recita un comunicato ufficiale della presidenza del Consiglio, mentre «da parte sua, Ntv ha precisato che Rfi non ha attuato alcun comportamento ostruzionistico nello svolgimento delle prove».

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mercoledì 20 ottobre 2010

Guerra di cifre tra Agcom e i rivali di Telecom. L’Istituto Leoni: «Tariffe in aumento solo da noi»

Guerra di cifre tra autorità delle tlc e operatori alternativi. Alla vigilia del verdetto di Bruxelles sull’aumento dell’unbundling (il canone di affitto della rete Telecom),   atteso oggi, il clima si surriscalda. Riconvocato dal Senato, ieri Corrado Calabrò ha ribadito che l’impatto dei rincari  sui conti di Fastweb, Wind e Vodafone sarà solo di 70 milioni di euro. E non di 1,1 miliardi, come sostenuto dagli interessati. Il presidente dell’Autorità non ha smentito le cifre certificate  dallo studio internazionale Copenhagen Economics, ma ha spiegato alla Commissione Lavoro che quei calcoli si riferiscono a  un periodo che va dal 2009 al 2015 e tengono conto di una ipotizzata espansione della rete. A parità di rete e prendendo in considerazione solo gli anni 2010-2012, i conti tornano, secondo Calabrò,  scettico anche sulla temuta ripercussione degli aumenti sui consumatori. Resta il fatto, come spiegato ieri un report dell’Istituto Bruno Leoni, che l’Italia figura  tra i soli quattro paesi dell’Europa a 14  per cui le tariffe dell’unbundling sono aumentate nel periodo 2005-2010. E il confronto internazionale sarebbe svantaggioso per l’Italia anche prendendo in considerazione la Ue a 27, dove la media delle tariffe è più bassa di circa un euro rispetto alle nostre.

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Anche per i superconsulenti di Bruxelles i rincari di Calabrò costeranno 1,1 miliardi

Mentre Corrado Calabro si appresta a tornare al Senato (l’audizione è convocata   oggi) per fornire ulteriori chiarimenti sugli aumenti unbundling (l’affitto della rete Telecom), gli operatori alternativi affilano le armi in vista della decisione di Bruxelles, che dovrebbe arrivare dopodomani. Per smentire le cifre dell’autorità per le Tlc - secondo cui i rincari costerebbero a Fastweb, Wind e Vodafone solo 70 milioni -  i piccoli si sono fatti certificare la loro versione dei fatti da Copenhagen Economics,  prestigioso studio internazionale consultato anche dalla Commissione Ue. Gli esperti hanno confermato che dal 2009 al 2015 l’impatto degli aumenti   sarà di 1,1 miliardi. Soldi che saranno tolti agli investimenti in fibra ottica e dalle tasche dei consumatori. 

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martedì 19 ottobre 2010

Bruxelles riconosce i debiti privati. Tremonti ci salva dalla stangata Ue

«Habemus pactum novum». Ci sono volute 11 ore, oltre a diversi mesi di estenuanti trattative, ma alla fine il cerchio si è chiuso. Giulio Tremonti ha portato a casa il risultato più importante di qualsiasi finanziaria. Gli amanti della cabala avranno di che dibattere. Il nodo su cui si sono scontrati ieri i 27 ministri economici della Ue riuniti a Lussemburgo era contenuto nel punto 21 di un documento di 21 pagine. In quel numero “21” era appeso il destino dell’Italia. E forse anche quello del governo. La matassa da districare riguardava infatti le sanzioni previste dal nuovo patto di stabilità che scatteranno per chi non rispetterà, oltre al parametro sul deficit (tetto al 3% del pil), quello sul debito pubblico (tetto al 60% del pil).

sabato 16 ottobre 2010

Bankitalia conta 628mila disoccupati in più. Draghi pessimista: «Ripresa incerta». Sacconi e Tremonti: «Dati esoterici e inutilmente ansiogeni»

«Esoterici» per Maurizio Sacconi, «ansiogeni» per Giulio Tremonti. Sarà il momento politico particolare, fatto sta che i dati diffusi ieri da Bankitalia al governo e all’Agenzia delle Entrate non sono proprio andati giù. Non è la prima volta che il bollettino economico di Via Nazionale suscita reazioni e polemiche. Questa volta, però, lo scontro è al vetriolo. Il quadro dipinto dai tecnici del governatore Mario Draghi, secondo i ministri economici, è molto più fosco di quello reale. Nel mirino di Sacconi, in particolare, ci sono i numeri sulla disoccupazione, che secondo Bankitalia sarebbe salita nel secondo trimestre del 2010 oltre l’11%, ben al di sopra dell’8,5% certificato recentemente dall’Istat. Non bruscolini. Tanto per avere un’idea, si sta parlando di qualcosa come 628mila persone in più senza lavoro. Si tratta chiaramente di un calcolo, non nuovo a Via Nazionale, basato su criteri differenti da quelli utilizzati dall’Istituto di statistica, che prende in esame anche i cosiddetti inattivi (chi il lavoro ha smesso di cercarlo) e la quota di cassintegrati.

Roma batte Berlino. L'export fa +31%

Proseguono i segnali di risveglio dell’economia. A fare la differenza, ancora una volta il mese delle vacanze per eccellenza. Così come la produzione (balzata del 9,5%, seconda in Europa solo alla Germania), ad agosto hanno spiccato il volo anche le esportazioni. L’impennata è stata del 31,5%, rispetto allo stesso mese del 2009, un rialzo che non si vedeva da oltre quindici anni, ovvero dal maggio del 1995. In questo caso, fa notare Assocamereestero, abbiamo non solo tallonato, ma superato la locomotiva tedesca (+23,6%).

Le forbici di Tremonti strappano il governo

Tutti contro Giulio. Malgrado la benedizione europea, l’austerity di Tremonti sta facendo imbufalire mezzo governo. Sandro Bondi giovedì non si è neanche presentato al Consiglio dei ministri. «Non vado a chiedere l’elemosina», ha fatto sapere il responsabile della Cultura. Per Stefania Prestigiacomo le cambiali in bianco sono finite. «Abbiamo messo in sicurezza la stabilità dei conti pubblici e ancora una volta abbiamo dato fiducia, anche se è l'ultima volta che approviamo pacchetti a scatola chiusa», ha detto fuori dai denti il ministro dell’Ambiente. Mentre Giancarlo Galan, che giovedì aveva parlato di «tragedia», ieri ha rincarato la dose: «Abbiamo delle Ferrari, ma poi non gli diamo la benzina». C’è, infine, Mariastella Gelmini,che per la sua università si è dovuta accontentare di un “faremo il possibile”.

venerdì 15 ottobre 2010

Tremonti apre la fase due: «Dopo il rigore il nuovo fisco»

Dopo il rigore, la crescita. È questo il messaggio lanciato da Giulio Tremonti, che ieri ha coronato il suo sogno presentandosi al Consiglio dei ministri con una Finanziaria senza testo, così come prevede la nuova legge di stabilità. Solo numeri e tabelle, incomprensibili ai più, con cui il ministro dell’Economia ha sostanzialmente confermato i saldi di bilancio della manovra triennale approvata prima dell’estate. Pochi fogli su cui, in un pugno di minuti, il responsabile di Via XX Settembre ha incassato il via libera del governo, con tanto di voto di fiducia per superare lo scoglio parlamentare.

giovedì 14 ottobre 2010

Bernabé conquista Telecom Argentina. C’è il sì di Buenos Aires

Si chiude, dopo circa tre anni, la telenovela argentina. Le autorità di Buenos Aires hanno finalmente dato il via libera all’accordo fra Telecom Italia e la famiglia Werthein, sottoscritto lo scorso agosto, che permette al gruppo italiano di salire al 58% di Sofora e ai Werthein di scendere al 42%. Sofora controlla il 100% di Nortel, che a sua volta possiede il 54,7% di Telecom Argentina. Andrebbe così in soffitta l’opzione call, che garantiva a Telecom Italia la possibilità di acquisire la totalità del capitale.

La riforma Gelmini cerca soldi. Braccio di ferro nella maggioranza

I conti non tornano. E il voto sfuma, ad un passo dal traguardo. Doveva arrivare oggi nell’aula della Camera, la riforma dell’università messa a punto da Maria Stella Gelmini. Ma all’ultimo momento un attacco congiunto di Ragioneria generale dello Stato e ministero del Tesoro ha sollevato dubbi che rischiano di aprire l’ennesimo braccio di ferro nella maggioranza e con l’opposizione. Il nodo è quello dello coperture del provvedimento, bocciate in vari punti dalla relazione della Ragioneria e da quella di Via XX Settembre. In particolare, l’emendamento che potrebbe determinare «effetti finanziari negativi tali da pregiudicare la stabilità dei conti di finanza pubblica» riguarda il piano di sei anni di concorsi per 9mila ricercatori universitari. Una norma  che Fli considera, però, «dirimente». «Il governo», ha spiegato Chiara Moroni, «deve trovare la copertura, semmai rinviando l’esame del provvedimento».

mercoledì 13 ottobre 2010

Ancora attacchi contro la Cisl. Scritte sui muri e lancio di uova a Terni e Teramo

Altri attacchi, altre aggressioni. Con la Uil che finisce per la prima volta nel mirino e la Cisl che continua ad essere bersagliata. Una violenza ormai quotidiana, quella messa in scena dalla sinistra antagonista e dall’ala massimalista del sindacato rosso. Sono molti gli episodi di ieri. A Terni nuove scritte ingiuriose e ancora uova contro e davanti (in un pacchetto con su scritto «fate schifo, tiratevele») le sedi locali di Cisl e Uil. Altre scritte di insulti sono comparse nella notte a Teramo, sempre sui muri e sulle finestre di in una sede della Cisl. «Squadracce che si muovono con uno stile da fascisti», ha commentato a caldo il segretario, Raffaele Bonanni, aggiungendo che «il colore di cui vogliono tingersi è rosso, ma la simbologia dell’iniziativa è tutta fascista».

Telecom da sola sulla banda larga

Avanti col progetto della banda larga per arrivare a metà della popolazione nel 2018. Il presidente di Telecom, Gabriele Galateri, ha ribadito l’impegno della società, sottolineando, però, che la collaborazione con gli operatori alternativi potrà avvenire solo nelle città più piccole. Nelle grandi, «intendiamo operare in maniera diretta come Telecom». A scaldare un altro po’ il clima ci ha pensato ieri l’esperto di tlc, Franco Morganti, che ha lanciato l’allarme sugli aumenti unbundling decisi dall’authority, spiegando che potrebbero invertire il trend di diminuzione delle tariffe per l’utenza in atto da 15 anni. 

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Profuma di nucleare lo sbarco di Gdf nel salotto buono di Confindustria

Gdf Suez entra nel salotto buono di Confindustria. Profuma molto di nucleare la decisione presa dal colosso francese di sbarcare in Anigas, l’associazione di Viale dell’Astronomia che vede tra gli iscritti anche Enel ed Eni. Fino ad ora le due società di Gdf attive nella vendita e distribuzione di gas, Italcogim Energie e Italcogim Reti erano in Assogas, che raccoglie le Pmi del settore.  In uno scenario di mercato in rapida evoluzione, rileva il gruppo, «le prospettive strategiche e le priorità di sviluppo di Gdf Suez in Italia hanno motivato l’adesione ad Anigas, in quanto principale associazione industriale del gas che, rappresentando oltre il 50% del mercato italiano e i maggiori operatori, è certamente un punto di riferimento». Non bisogna dimenticare che in Anigas c’è anche E.On. È proprio in tandem con la società tedesca che i francesi si sono candidati per la formazione di un secondo consorzio (oltre a quello Enel-Edf) per la realizzazione delle centrali nucleari in Italia. Un dossier, quello dell’atomo, la cui strategicità per l’interesse nazionale impone alle aziende che saranno della partita un profondo radicamento nel nostro Paese. A partire, chiaramente, dalle strutture associative.

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Anche il Dow Jones premia l’innovazione di Finmeccanica

Circa 35mila dipendenti su 73mila impegnati nel settore dell’innovazione (+10% rispetto al 2008). Quasi 2 miliardi di euro investiti in attività di ricerca e sviluppo (+10% sul 2008). Balzo del 36% del portafoglio brevetti rispetto all’anno precedente. Dodici milioni investiti nel miglioramento delle performance ambientali degli impianti. Trentaquattro milioni in salute e sicurezza. Riduzione tra il 2006 e il 2009 delle emissioni di Co2 per 12.000 tonnellate, programmi per il risparmio energetico (23GWh di elettricità e 1.600.000 metri cubi di gas risparmiati solo nel 2009) che hanno consentito di diminuire del 12% i consumi, sistemi innovativi per la cattura dei gas nocivi e impegno sull’utilizzo delle fonti rinnovabili. E ancora progetti di solidarietà in Abruzzo, in Camerun, in Congo e in Nigeria.

martedì 12 ottobre 2010

L’industria italiana tallona Berlino

Per stappare lo champagne c’è tempo. La ripresa non è dietro l’angolo. E il percorso è tutt’altro che agevole. Il fronte dei catastrofisti, però, è stato costretto nelle ultime settimane ad ingoiare un po’ di bocconi amari. L’ultimo della serie, il più indigesto, è arrivato ieri dall’Istat, che ad agosto ha certificato il balzo più consistente della produzione industriale dal dicembre del 1997. Un dato che si va ad aggiungere alla ripresina in atto dei consumi (+0,6% nel secondo trimestre) e del reddito delle famiglie (+0,9% sempre nel secondo trimestre). Ma anche ai segnali positivi arrivati dalle imprese, che da aprile a giugno hanno visto aumentare i profitti dello 0,6% rispetto ai tre mesi precedenti e del 2,3% rispetto allo stesso periodo del 2009.

domenica 10 ottobre 2010

Tremonti nella tana del lupo: «I bankers sono tornati»

A sentire Giulio Tremonti che l’Italia ha resistito alla crisi meglio degli altri lo hanno capito più gli americani che i “soloni” di casa nostra. Da qui a pensare che il ministro dell’Economia sia volato Oltreoceano per uno scambio di cortesie, ce ne passa. Non è nel suo stile. Anzi, per lanciare i suoi strali contro la speculazione che si riaffaccia e i bonus dei banchieri sempre più alti, Tremonti ha aspettato di trovarsi nella tana del lupo, ossia in quella 19ma strada di Washington DC dove si affacciano, uno di fronte all’altra, il Fondo monetario internazionale e la Banca Mondiale.

«Dieci, cento, mille Pomigliano». Urlo liberatorio contro la Cgil

Certo, ci sono le richieste sul fisco, le proposte  per lo sviluppo e il pressing sulle politiche sociali, ma la manifestazione di ieri sarà ricordata soprattutto per la spallata al vecchio sistema sindacale. Quello della triplice, per intenderci. Già, perché al di là della folla, dei comizi e degli slogan, la cosa che si è notata di più ieri per le strade di Roma è stata l’assenza delle solite bandiere rosse. È la prima volta. Cisl e Uil hanno portato centinaia di migliaia di lavoratori in piazza. E la Cgil è rimasta alla finestra. Per carità, nessuno punta il dito sui sindacalisti di Corso d’Italia. I nostri avversari, ci tengono a sottolineare gli organizzatori, «sono gli evasori» e la manifestazione non è “contro” qualcuno, ma “per” rilanciare l’azione di governo sulle politiche fiscali e su quelle per la crescita. Difficile, però, dimenticare quello che è successo nelle scorse settimane. Il clima di intolleranza, le tensioni sulla Fiat e sul contratto dei metalmeccanici, le aggressioni fisiche contro la Cisl, i proclami battaglieri della Fiom-Cgil.

venerdì 8 ottobre 2010

Londra impone l'apertura della banda larga. Catricalà denuncia l'impasse in Italia

Anche in Gran Bretagna si discute molto di fibra ottica. Ma il livello delle chiacchiere sembra di gran lunga inferiore a quello dei fatti concreti. Mentre in Italia si dibatte, e si litiga, da mesi sui progetti, sulle tecnologie e sul ruolo degli operatori, a Londra hanno preso il toro per le corna senza troppe cerimonie. Nell’arco di qualche mese (dal marzo scorso), dopo avere annunciato l’iniziativa e dopo aver messo in consultazione le proposte, Ofcom (l’equivalente della nostra Authority per le Tlc) è andata al cuore del problema imponendo all’ex monopolista BritishTelecom di concedere l’accesso alla rete in fibra agli operatori alternativi.

giovedì 7 ottobre 2010

Atomo al via con Usa e Francia

Agenzia per la sicurezza, definizione delle tecnologie, formazione dei consorzi e atto di indirizzo sulla strategia del governo. È questo il pacchetto di interventi che lo Sviluppo economico conta di portare a casa entro la fine dell’anno per dare un colpo di acceleratore alla pratica nucleare. Il tema è stato al centro dei numerosi incontri tecnici che il neoministro Paolo Romani ha tenuto negli ultimi giorni per riannodare i fili del dialogo con le categorie e le imprese dopo il lungo interim di Silvio Berlusconi. L’esigenza di ripartire al più presto è stata manifestata martedì da Emma Marcegaglia, ma soprattutto ieri dall’ad dell’Enel Fulvio Conti, che sul nucleare ha già firmato un’intesa con i francesi di Edf ed Areva per la costruzione delle prime quattro centrali ed è pronto ad investire qualcosa come 9 miliardi di euro.

Contro la Cisl uova, vernice e insulti

Ci risiamo. La Cisl è di nuovo sotto attacco. Dopo il fumogeno lanciato contro Raffaele Bonanni a Torino, gli attacchi alle sedi di Treviglio e Livorno, ieri la violenza è tornata ad affacciarsi contemporaneamente a Roma e nella provincia di Lecco. Nella Capitale alcuni militanti della sinistra antagonista che fanno capo ad Action si sono presentati davanti alla sede centrale del sindacato, in via Po, per protestare “pacificamente” a colpi di uova e vernice rossa, con l’aggiunta di qualche volantino. Nelle stesse ore a Merate un gruppo di operai della Fiom-Cgil, provenienti da una fabbrica vicina dove, tanto per cambiare, avevano proclamato uno sciopero, ha fatto irruzione nella sede locale della Cisl lanciando insulti e lasciando volantini.

mercoledì 6 ottobre 2010

Marchionne sbanda. A Cisl e Uil che chiedono di vedere il piano di rilancio l’ad di Fiat risponde con l’ultimatum: accordo preventivo o niente. Così tratta le due sigle come la Fiom

«Senza sindacati Fabbrica Italia non parte». Sergio Marchionne si è presentato così, con l’ennesimo ultimatum, al tavolo con le parti sociali sul progetto della Fiat per rilanciare la produzione. Niente sconti, niente concessioni. Solo la conferma di un percorso annunciato: se entro l’anno i sindacati non si schiereranno ufficialmente al fianco del Lingotto, il piano di investimenti da 20 miliardi salta. Le parole del manager non sono nuove. Sono mesi che l’ad della Fiat insiste sulle garanzie necessarie a convincere l’azienda che restare in Italia sia una buona scelta. Ma nel frattempo Marchionne ha incassato non solo il sì su Pomigliano, ma anche l’accordo sulle deroghe al contratto dei metalmeccanici. Una piccola rivoluzione che di fatto spiana la strada a quella maggiore flessibilità chiesta a gran voce dal Lingotto.

martedì 5 ottobre 2010

Operatori alla guerra delle tariffe. Missione anti-Telecom a Bruxelles

Un costo non in linea con l’Europa, che taglia le gambe agli investimenti nella rete di nuova generazione. Oggi a Bruxelles si gioca l’ennesimo round della guerra tra Telecom e gli operatori alternativi per tentare di scongiurare gli aumenti dell’unbundling (il canone che bisogna pagare all’ex monopolista per l’utilizzo del cosiddetto ultimo miglio) decisi qualche settimana fa dall’Authority. Sul piatto, secondo i calcoli dei “piccoli”, ci sarebbe un salasso di circa 600 milioni di euro per i prossimi tre anni, che diventerebbero 1,1 miliardi spalmati su cinque anni se si considerano gli aumenti già approvati lo scorso anno. Cifre nei giorni scorsi contestate dall’authority (che ha parlato di 70 milioni complessivi) ma parzialmente confermate da Deutsche Bank, che in un report ha quantificato in 200 milioni il possibile guadagno per Telecom. Al di là dell’ovvia considerazione in base alla quale aumentare la redditività della rete in rame dell’ex monopolista scoraggia qualsiasi accelerazione sulla nuova rete veloce in fibra ottica, Fastweb, Wind, Vodafone e Tiscali si presenteranno oggi davanti al commissario Ue per le Tlc, Neelie Kroes, con dati e cifre che dovrebbero dimostrare l’errore anche tecnico dell’aumento deciso dall’Agcom (8,63 euro al mese nel 2010, 9,14 e 9,48 rispettivamente nel 2010 e nel 2011).

Altro giro di valzer per Wind, comprano i russi

Da Via XX Settembre alla Piazza Rossa, passando per le piramidi. A cinque anni di distanza dall’operazione con cui il controllo del terzo operatore di telefonia mobile italiano è passato dalle mani del Tesoro, attraverso l’Enel,aquelle del magnate egiziano Naguib Sawiris, per Wind è di nuovo tempo di cambiamenti. Ieri, dopo settimane di trattative, VimpelCom e Weather Investments hanno siglato l’accordo che darà vita al quinto operatore mondiale della telefonia. Dalla fusione tra il secondo operatore russo e i gioielli della famiglia Sawiris nasce un gruppo con oltre 174 milioni di utenti nella telefonia mobile e un giro di affari complessivo da 21,5 miliardi di dollari.

lunedì 4 ottobre 2010

In cinque milioni col doppio lavoro, la metà in nero

La disoccupazione scende. Anzi no, sale. Non passa giorno, ormai, senza che qualcuno snoccioli numeri sul mondo del lavoro. Tutti rigorosomente veri e tutti rigorosamente diversi. Qualche settimana fa l’Istat ci ha spaventato annunciando che la disoccupazione nel secondo trimestre dell’anno è salita al livello record dell’8,5%. Mani nei capelli. Senonché pochi giorni dopo sempre l’Istat ci spiega che ad agosto i senza lavoro rappresentano solo l’8,2% del totale, il dato più positivo dal settembre 2009. Non abbiamo fatto in tempo a tirare un sospiro di sollievo che ieri la Cgil se n’è uscita sostenendo che la disoccupazione è salita nei sei mesi al livello monstre dell’11,5%. Com’è possibile, direte voi? La spiegazione sta nel fatto che il sindacato rosso ha inserito nel calcolo anche i cassaintegrati e i cosiddetti inattivi, cioè coloro che il lavoro hanno smesso di cercarlo o non lo hanno mai cercato.

Marchionne contro il clima violento: «Hanno aperto gli zoo»

Un’Italia violenta, in cui «sono stati aperti i cancelli dello zoo» e che «ha perso il senso delle istituzioni», ma dove la Fiat vuole continuare a investire nonostante qualcuno «la prenda a schiaffi». Non usa mezzi termini Sergio Marchionne. Di fronte ai Cavalieri del lavoro riuniti a convegno a Firenze per parlare di Europa al manager preme soprattutto difendere l’accordo di Pomigliano, che «non azzera alcun diritto istituzionale» e rappresenta il frutto della scelta della Fiat di restare in Italia, malgrado «logiche economiche e finanziarie spingerebbero verso altre scelte e altri Paesi». Ma le parole di Marchionne si dirigono in fretta sui fatti degli ultimi giorni, sulle tensioni alimentate dalla Fiom a Treviglio e a Livorno, sulla criminalizzazione della Cisl e anche sulla vicenda che ha coinvolto il direttore di Libero, Maurizio Belpietro. «Il paese», spiega con amarezza l’ad del Lingotto, «ha perso il senso istituzionale, la bussola è partita, qualcuno ha aperto i cancelli dello zoo e sono usciti tutti». Una situazione «difficile da spiegare» quando si va in giro per il mondo. Qualcosa di «vergognoso».

sabato 2 ottobre 2010

Il Corriere sciopera contro Internet

«Cari colleghi, questa lettera vi complicherà la vita». Sono righe esplosive, quelle spedite da Ferruccio de Bortoli alla redazione. Piene di realismo, ma anche di spine. Risultato: due giorni di buio totale. Niente giornale in edicola oggi e domani, nessun aggiornamento sul sito web. Più un pacchetto di altri cinque giorni di sciopero. Una protesta scontata, considerato l’affondo del direttore del Corriere della Sera, che parte dalle nuove tecnologie («è finita l’era del piombo») per finire ad affondare il coltello contro i “senatori” di Via Solferino, che farebbero di tutto per ostacolare il nuovo e  i nuovi. «Non è più accettabile, anzi è preoccupante», scrive de Bortoli, «il muro che è stato eretto nei confronti del coinvolgimento di giovani colleghi. Non è più accettabile una visione così gretta e corporativa». Nel denunciare la scarsa collaborazione sulle piattaforme multimediali, il direttore prende a mazzate l’intero “sistema Corriere”. Non è più accettabile, è il refrain, «che parte della redazione non lavori per il web o che si pretenda per questo una speciale remunerazione. Non è più accettabile che perduri la norma che prevede il consenso dell’interessato a ogni spostamento», ma anche «non è più accettabile, e nemmeno possibile, che l’edizione iPad non preveda il contributo di alcun giornalista professionista dell’edizione cartacea del Corriere».

venerdì 1 ottobre 2010

Cgil fuori controllo. Uova marce e petardi contro la sede Cisl

A farne le spese è sempre la Cisl. Questa volta però la contestazione/aggressione non è arrivata dai giovani militanti di un centro sociale, come nel caso del petardo sparato contro Raffaele Bonanni alla festa del Pd, ma da un gruppo di operai della Fiom-Cgil, con tanto di dirigente al seguito. L’episodio, che il ministro del Welfare, Maurizio Sacconi, ha definito il frutto di «una vera e propria campagna d’odio», è avvenuto a Treviglio, in provincia di Bergamo. Sull’onda della rabbia alimentata dai commenti durissimi dei vertici del sindacato rosso contro i “traditori” che hanno firmato l’accordo sulle deroghe del contratto, un gruppetto di lavoratori della Same, guidato dal segretario generale della Fiom di Bergamo, Eugenio Borella, ha pensato bene di passare alle vie di fatto. Così, gli operai si sono presentati davanti alla sede della Cisl, dov’era in corso una riunione congiunta con i metalmeccanici della Uil proprio sulla vicenda Pomigliano, e hanno iniziato a lanciare fischi e insulti prima, uova e petardi poi.

Riparte l’alta velocità, ma guidano i giudici

La partita, paradossalmente, non è ancora chiusa. Il match legale tra le Fs e i francesi di Alstom proseguirà il 18 novembre, quando il Tar del Lazio dovrebbe, si spera, mettere fine alla vicenda con il giudizio di merito. Per ora il tribunale amministrativo («per non pregiudicare il servizio pubblico») si è limitato a revocare la sospensiva con cui il 27 agosto aveva bloccato la gara da 1,5 miliardi per la fornitura di 50 treni superveloci. Una gara pubblica vinta dal nuovo V300 Zefiro prodotto da Ansaldo Breda e Bombardier, ma subito contestata dai concorrenti di Alstom.

Tremonti: «Non temiamo le nuove regole di Bruxelles»

«Non temiamo le nuove regole». Giulio Tremonti non ci sta a fare il sorvegliato speciale dell’Europa. Il commissario agli affari monetari, Olli Rhen (che giovedì ha puntato il dito sull’enorme debito pubblico italiano), può sbraitare quanto vuole. Ma, ha spiegato il ministro dell’Economia a margine dell’Ecofin, «visto che la crisi è venuta dalla finanza privata e non da quella pubblica, siamo convinti che per l’Italia un conteggio algebrico tra attivi e passivi ci metta in zona di sicurezza». La tesi, non nuova, è che malgrado le apparenze (un debito pubblico al 118,2% ben oltre la soglia del 60% prevista dal nuovo patto di stabilità) l’Italia abbia una solidità sul fronte del risparmio privato che la mette al riparo dai terremoti che hanno scosso l’Europa. Non si può, ha spiegato Tremonti, «guardare in una tasca e non in un’altra». Anche il presidente dell’Eurogruppo, Jean-Claude Juncker, ha ricordato che il problema del debito «non riguarda solo l’Italia» e che comunque il nostro Paese «non è a rischio sanzioni». Rehn non ha rinunciato alla controreplica: «Mi dovrei comprare una giacca italiana ben tagliata per capire come funziona il meccanismo della doppia tasca». 

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giovedì 30 settembre 2010

Tremonti pensa positivo. Ma parte il pressing Ue

Arriva in sordina il nuovo Dpef, portato sul tavolo del Consiglio dei ministri a poche ore dall’attesissimo voto di fiducia alla Camera (finito con 342 voti favorevoli) sulle dichiarazioni programmatiche di Silvio Berlusconi. Ma è solo una coincidenza. I numeri sullo stato dell’economia messi nero su bianco da Giulio Tremonti nella Dfp (la Decisione di finanza pubblica che ha sostituito il Dpef) non disegnano infatti scenari preoccupanti, previsioni da tenere lontano dei riflettori. Anzi, il titolare di Via XX Settembre prosegue dritto per la sua strada, confermando sostanzialmente le stime già elaborate a maggio nella Relazione unificata (Ruef). Il che significa, in sintesi, che salvo sorprese non ci sono all’orizzonte interventi correttivi o manovrine aggiuntive. Come del resto sempre smentito categoricamente da Tremonti.

sabato 25 settembre 2010

Il lamento di Confindustria: «Siamo in crisi come gli altri»

L’Italia cresce troppo poco. E, soprattutto, meno degli altri. Il resto sono chiacchiere o, peggio, bugie. Non è la prima volta che Emma Marcegaglia lancia l’allarme sulle difficoltà del nostro Paese a rialzarsi dalla crisi. Sono settimane che il presidente di Confindustria pungola, stimola, incalza. Che invita il governo ad uscire dal pantano delle beghe politiche e a riprendere in mano l’agenda delle riforme per rilanciare crescita e occupazione. Questa volta, però, la Marcegaglia supera il confine delle circonlocuzioni e delle metafore e va dritta al punto. Palazzo Chigi, è il senso dell’affondo, la smetta di raccontare frottole. «Il peggio è alle spalle», premette, «e probabilmente non rietreremo, a livello nazionale ma anche internazionale, in una seconda recessione». Ma «quando si dice che siamo andati meglio di altri Paesi», tuona di fronte alla platea degli industriali toscani dove poco dopo il ministro Renato Brunetta ribadirà l’ottimismo governativo, «non è vero, siamo stati fortemente colpiti dalla crisi» e ne stiamo uscendo «con una capacità di crescita inferiore alla media europea». Se il messaggio non fosse arrivato a destinazione, aggiunge: «I problemi dell’occupazione non attendono i passaggi di parlamentari da una parte all’altra, pretendono risposte serie e immediate».

venerdì 24 settembre 2010

I treni veloci di Bombardier valgono 7 miliardi

Sette miliardi di euro entro il 2012. È questo il bottino che Bombardier Transportation pensa di portare a casa attraverso contratti “ad alta velocità” sparsi in mezzo mondo. Una cifra enorme per un gruppo che ha chiuso il 2010 con 10 miliardi di ricavi. Si tratta di oltre 300 treni che il colosso canadese dei trasporti dovrebbe piazzare a partire da quest’anno. Nel secondo trimestre dell’esercizio 2011 gli ordini sono già a quota 4,3 miliardi, con 2 miliardi di ricavi. La commessa più consistente è proprio quella italiana, in collaborazione con AnsaldoBreda, per la fornitura di 50 treni V300Zefiro alle Ferrovie dello Stato. Contratto per ora appeso al ricorso della Alstom al Tar. Ma tra i vincitori della gara c’è grande ottimismo.
Ieri, presentando alla Fiera di Berlino Innotrans le strategie del gruppo, anche il presidente di Bombardier Transportation, André Navarri, si è detto “molto fiducioso” di una soluzione positiva. Anche perché, ha proseguito, “abbiamo presentato l'offerta migliore su tutti i punti richiesti”. Ma l'Italia non è l'unico mercato dell'alta velocità nel mirino dei canadesi. Oltre ai 50 in Italia, Bombardier ha in corso trattative per 12 treni in Cina, 120 in Germania, 30 in Inghilterra, 36 (più altri 65 possibili) in Francia, 20 in Brasile, 12 in Portogallo, 8 (più 12) in Spagna e 145 negli Stati Uniti. Tutte macchine in grado di andare da un minimo di 250 fino a sfiorare i 400 chilometri orari. Veri e propri siluri con cui Bombardier punta a conquistare un mercato che sembra avere ormai spiccato il volo. Le rilevazioni sul 2009 dimostrano che il settore è cresciuto del 135% rispetto alla crescita registrata nel triennio 2006/2008, più del doppio del dato medio dei sette anni precedenti.
Per i prossimi anni si prevede una crescita ad un tasso molto superiore, tanto da arrivare, rispetto ai 10mila chilometri di binari ad alta velocità nel 2009, addirittura a 70mila chilometri di linee veloci nel mondo entro il 2025. In particolare 17.500 chilometri dovrebbero svilupparsi soltanto in Europa, 2mila negli Stati Uniti e 500 in Brasile. Faraonico il progetto della Cina, che prevede entro il 2025 di arrivare a 50mila chilometri di linee ad alta velocità.
E sul mercato del Dragone Bombardier è in prima linea col suo Zefiro, treno della stessa famiglia di quello che, giudici permettendo, dovrebbe circolare in Italia sotto le insegne delle Fs. In Cina il gruppo canadese ha venduto i primi 40 Zefiro 250 nel 2007. E altri 40 sono stati ordinati quest'anno. Sono invece 80 gli Zefiro 380 superveloci venduti sempre al governo cinese. In tutto 160 treni, che potrebbero arrivare a 210 con la commessa italiana. Quest’ultima costituirà il biglietto da visita per l’Europa.  Il V300Zefiro è infatti flessibile sia dentro che fuori. Internamente, la struttra a tubo aperto consente di riconfigurare velocemente posti e spazi per adattarsi ad ogni esigenza. Esternamente, il treno è predisposto per il servizio transfrontaliero dall’Italia o direttamente sui corridoi europei ad alta velocità. Può infatti operare sotto i quattro differenti tipi di alimentazione europei ed è predisposto per l’installazione di  differenti sistemi di segnalamento.

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Moretti fa causa ai francesi per lo stop all’alta velocità

 Il treno è avveniristico e affusolato. Vola sui binari a 400 chilometri orari e può essere smontato e rimontato internamente in poco tempo per adattarsi alle diverse esigenze di utilizzo. Ma ieri, al salone tedesco Innotrans, la più grande fiera mondiale del settore dei trasporti, non è stato il gioiellino targato AnsaldoBreda (Finmeccanica) e Bombardier a tenere banco. Malgrado il fascino del nuovo V300 Zefiro, i riflettori berlinesi erano tutti puntati sullo scontro a distanza con i francesi di Alstom, il cui ricorso al Tar del Lazio ha congelato la maxi gara da 1,56 miliardi indetta dalle Fs per la fornitura di 50 treni superveloci. Sulla fusoliera dello Zefiro c’è già il marchio Fs, ma per sapere se viaggerà effettivamente sui binari italiani bisognerà aspettare il 29, quando i giudici si esprimeranno sulla sospensiva. Uno sgambetto. Nessuno lo dice, ma è questo il sospetto che trapela dalle parole durissime di Mauro Moretti, che è pronto a chiedere un robusto risarcimento (si parla di centinaia di milioni di euro) per i «danni gravi e irreparabili» dovuti a ritardi che rischiano di far «mancare all’azienda l’appuntamento col mercato».
Nella circostanza si potrebbe configurare anche un danno erariale, visto che, spiega il manager, «l’azienda è anche sottoposta alla giustizia contabile». La convinzione dell’ad delle Fs è che il Tar, alla fine, rigetti l’istanza, perché la gara si è svolta in maniera assolutamente regolare. Ma non è questo il punto. Al di là della decisione dei giudici, Moretti vuole  verificare se ci sia stata della “malafede” nell’iniziativa di Alstom. La lista dei moventi è lunga. Intanto, ricorda lo stesso Moretti, i francesi sono legati al principale concorrente privato sull’alta velocità.  Alstom, infatti, fornirà i 25 treni Italo  con cui Luca Cordero di Montezemolo  costituirà la flotta della sua Ntv (dove  le ferrovie francesi Sncf sono nel capitale con il 20%). Un progetto che partirà alla fine del 2011 sulle tratte italiane  e che  potrebbe essere favorito dall’intoppo delle Fs sullo Zefiro. Ma tra le questioni in sospeso ci sono anche pesanti penali che l’azienda francese potrebbe dover pagare per i  problemi che si sono verificati su alcuni modelli di treni regionali  forniti alle Ferrovie dello Stato.
Immediata la replica di Alstom, che ha accusato Moretti di avere trasformato la cosa in una questione personale. Quanto al ricorso, ha spiegato il presidente Philippe Mellier, «si tratta di  fatti, non di sogni. Le nostre obiezioni sono fondate e accetteremo serenamente il verdetto dei giudici». Controreplica: «Siamo un’azienda che persegue solo il business senza tener conto di amicizie o inimicizie», fanno sapere fonti vicine all’ad.
Comunque andrà il ricorso, sarà difficile che i treni superveloci potranno essere firmati da Alstom. L’ad fa capire che se il Tar dovesse bocciare la gara, non ci sarà alcun bis. «A quel punto apriremo una trattativa privata», spiega:  «Non possiamo pagare più di trenta milioni per quel treno». Come dire: per i 35 offerti da Alstom non c’è   possibilità. Un’altra certezza è che la vicenda si andrà ad aggiungere agli altri contenziosi già aperti con i cugini d’Oltralpe. Per certi versi, c’entra sempre Montezemolo. Il quale, come ricorda Moretti, «ha solo i francesi di Sncf come partner industriale». Per il resto,  «tutti i i finanziamenti fanno capo ad un’unica banca». Che è Intesa Sanpaolo. A fronte dell’ingresso dei francesi, Moretti continua a ricevere porte sbattute in faccia. Da oltre un anno sta cercando di sbarcare   sulla tratta Torino-Lione, ma ogni volta le autorità d’Oltralpe si inventano qualcosa di nuovo. Risultato: le Fs non hanno ancora neanche potuto avviare la sperimentazione dei treni. «Altro che liberalizzazioni», sbotta Moretti, «a parole sono tutti bravi. Poi quando si va sul concreto si scopre che solo da noi il mercato si è aperto».
Moretti ribadisce che il futuro è sul mercato delle grandi rotte europee. L’opposto, dice sorridendo, di Alitalia, «che ha preso “rottine” interne con valore più politico che economico».

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Ripresa senza lavoro. Più licenziati che assunti

Ripresa senza lavoro. È questo l’ossimoro che spaventa il Vecchio continente, dove i segnali di ripartenza dell’economia sembrano del tutto slegati dalle prospettive di crescita dell’occupazione. Non fa eccezione l’Italia, che pur restando molto al di sotto della media Ue (disoccupazione all’8,4% contro il 10% dell’Eurozona) non riesce a frenare l’emorragia di posti di lavoro. Secondo gli ottimisti, si tratta di una normale asimmetria temporale tra crescita economica e ripartenza delle assunzioni. Punta l’indice, invece, sul deficit di produttività Confindustria, che stima a fine 2010 un tasso di disoccupazione in salita all’8,7% e al 9,3 nel 2011.  Lo stesso Giulio Tremonti ieri ha ammesso che l’Italia, pur non essendo a rischio sul fronte dei conti pubblici e delle speculazioni finanziarie, ha un problema di crescita. «Dobbiamo fare di più per lo sviluppo», ha detto il ministro dell’Economia, intervenendo alla festa del Pdl a Cortina.
I numeri, per ora, non danno molto conforto. A luglio, secondo i dati diffusi ieri dalla Cisl, gli occupati si sono ridotti di 18mila unità, lo 0,1% rispetto al mese precedente, ma hanno toccato quota 172 mila rispetto a luglio 2009, lo 0,7% in meno. Uno scenario preoccupante, per il sindacato guidato da Raffaele Bonanni, che chiede al governo di mettere il tema occupazione al centro dell’agenda politica. La ricetta sarebbe quella di incentivare le nuove assunzioni, attraverso la valorizzazione dell’apprendistato come primo contratto per i giovani, il rafforzamento del part time e del credito d’imposta per i contratti al Sud.
Previsione fosche anche quelle arrivate, sempre ieri, dalla Cgia di Mestre.  Da Torino e Milano a Palermo, passando per Roma e Napoli: nel 2010, secondo l’associazione di artigiani e piccole imprese, in tutte le province italiane, saranno più i lavoratori licenziati che i nuovi assunti. Con situazioni particolarmente preoccupanti nei grandi capoluoghi del Mezzogiorno, che già nel 2009 registrano un tasso di disoccupazione a due cifre e con segnali di altrettanta sofferenza anche nelle roccaforti dell’industria manifatturiera del Nord.
La prospettiva è che a fine anno i senza lavoro potrebbero sfiorare quota 2.200.000 unità. «Nonostante i timidi segnali di ripresa registrati in questi ultimi mesi, gli effetti della crisi economica esplosa negli anni scorsi continuerà a far crescere l’esercito dei senza lavoro», argomenta la Cgia che ha condotto l’indagine mettendo a confronto il tasso di disoccupazione delle province con le previsioni occupazionali fatte dagli imprenditori italiani nell’indagine conoscitiva elaborata da Excelsior-Unioncamere. «A fronte di 802.160 nuove assunzioni previste nel 2010», dice Giuseppe Bortolussi segretario della Cgia di Mestre, «sono ipotizzati, sempre quest’anno, anche 980.550 licenziamenti. Pertanto, il saldo sarà pari a meno 178.390». La Cgia, a dire il vero, dimentica di sottolineare che, pur a fronte di un segno meno, il numero di assunzioni previste è superiore di 20mila unità rispetto al 2009 e che lo scorso anno, sempre in base ai dati Excelsior-Unioncamere, il saldo era ben più negativo, a meno 213mila unità.
Detto questo, il panorama industriale italiano non offre molti segnali incoraggianti. A partire dalle grandi aziende. Basti pensare al piano di 4.700 esuberi che Unicredit sta concordando in queste settimane con i sindacati, oppure all’accordo già raggiunto in Telecom per la messa in mobilità di 3.900 lavoratori.
Un altro colpo all’occupazione potrebbe arrivare da Fincantieri. Secondo la bozza circolata in questi giorni il piano di ristrutturazione della società conterebbe indicazioni per 2.500 esuberi in Italia. “Solo” 500, sono invece i lavoratori che rischiano il posto a Lecce, dove la multinazionale British American Tobacco (Bat), che ha rilevato i nostri tabacchi, intende chiudere gli impianti e delocalizzare la produzione.
Numeri più piccoli, ma sempre significativi, sono quelli su cui si sta trattando da alcune settimane a Treviso, dove la PepsiCo ha deciso di spostare la produzione di Gatorade e Lipton Ice Tea, mettendo a rischio circa 130 posti di lavoro.
Molti di più sono gli operai che potrebbero finire in mezzo alla strada per la ristrutturazione dell’azienda di abbigliamento intimo La Perla, che a Bologna prevede il licenziamento di 335 lavoratori su 665 dipendenti. Contemporaneamente, La Perla, prevede il taglio di 100 posti a San Piero in Bagno, in Romagna, e di altri 81, a Roseto degli Abruzzi, dove lo stabilimento chiuderà i battenti.
Finirà invece in Procura la lite tra sindacati e commissario liquidatore del Consorzio di Bacino di Napoli-Caserta, che ha avviato la procedura per mettere fuori dall’ente 424 lavoratori.
Ancora da scrivere, infine, il futuro dei 1.400 lavoratori dello stabilimento di Termini Imerese, dove Fiat chiuderà la produzione alla fine del 2011. Il prossimo appuntamento per verificare la presenza di candidati per la riconversione industriale dell’impianto si terrà martedì prossimo al ministero dello Sviluppo.

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sabato 18 settembre 2010

Romani fa ripartire la rete ultraveloce. Ma l’accordo è lontano

Eppur si muove. Dopo le tensioni dei giorni scorsi qualcosa sembra sbloccarsi sul fronte della banda ultra larga, la cosiddetta Rete di nuova generazione (Ngn). Dal tavolo del viceministro allo Sviluppo con delega alle Comunicazioni, Paolo Romani, sarebbe uscito un accordo di massima che potrebbe rappresentare il punto di partenza per un’intesa fra i gestori. Il condizionale è d’obbligo, perché il passo in avanti arriva dopo dieci giorni di scontri all’arma bianca culminati con l’uscita degli operatori alternativi (Fastweb, Wind, Vodafone, Bt, Aiip, Teletu, Tiscali e Welcome Italia) dal comitato Ngn voluto dall’Agcom. Una rottura provocata dalla diffusione di un documento sulle linee guida per la nuova rete che, è l’accusa, avrebbe riportato solo le posizioni di Telecom senza tener conto dei concorrenti.
Negli stessi giorni l’autorità per le Tlc ha varato un contestatissimo aumento del canone (unbundling) che gli operatori alternativi devono pagare per utilizzare la rete in rame dell’ex monopolista. Decisione che contrasterebbe con il trend europeo di diminuzione dei costi e che, aumentando la redditività della vecchia rete, rischia di rendere meno allettante per Telecom investire sulla nuova. A far alzare un altro po’ la temperatura ci ha poi pensato la Commissione europea, che nei giorni scorsi ha fatto trapelare  indiscrezioni sulle direttive che saranno pubblicate lunedì proprio in materia di rete di nuova generazione.
È questo il clima in cui si è aperto il tavolo col ministro. Una sessione tecnica, quella di ieri mattina, su cui Romani puntava proprio per superare le distanze e i dissapori delle ultime settimane. E le speranze non sono state disattese. Il vertice, al quale hanno partecipato tutti i duellanti, ha in sostanza definito il modello infrastrutturale di base, vale a dire come organizzare cavidotti, fibre ottiche spente, collegamenti verticali, permutatori ottici e collegamenti ottici per stazioni radio base, che «dovrà essere punto di riferimento dell’attività che governo, Enti locali e operatori prevedono di sviluppare congiuntamente».
Di sicuro, rispetto alla guerriglia che si era aperta, arrivare a mettere nero su bianco almeno un modello infrastrutturale condiviso è già molto. Ma il risultato è stato possibile solo grazie ad un rinvio dei nodi più spinosi. In primo luogo quello dell’architettura della rete. Il modello condiviso si può infatti definire “neutrale”, ovvero in grado di supportare sia la modalità “Gpon” che quella punto-punto. La prima, tanto per intendersi, è quella su cui punta Telecom, anche perché comporta molti risparmi per chi ha già il controllo della rete in rame. La seconda è quella preferita dagli operatori alternativi, che costa di più in fase di avvio ma è più remunerativa in seguito. Le differenze tra le due modalità non sono irrilevanti. Il punto-punto è del tutto aperto alla concorrenza, l’altro no. Se l’Ngn italiana dovesse essere in Gpon, infatti, nell’immediato i concorrenti privi di fibra propria potrebbero accedervi solo in modalità bitstream, con profili di servizio e velocità finali decise da Telecom. Non sarebbe possibile l’unbundling, cosa che  invece sembra stare molto a cuore anche alla Ue.
Pensare che sia scoppiata la pace, insomma, rischia di essere prematuro. Anche perché l’ex monopolista, spiega una fonte che segue la trattativa, “procede dritto sul Gpon e non ha alcuna intenzione di scendere a patti”. E se Bruxelles dovesse confermare l’aumento dell’unbundling, prosegue, “piazzerà un macigno sulla strada della Ngn”. In effetti, conti alla mano, la decisione peserà per circa 200 milioni l’anno sulle spalle degli operatori alternativi. Soldi che inevitabilmente andranno a intaccare il fondo da 2,5 miliardi previsto per lo sviluppo delle banda ultraveloce.
La partita, dunque, è ancora aperta. Il passo successivo sarà l’avvio, la prossima settimana, tramite una consultazione pubblica, di un censimento delle infrastrutture in fibra ottica presenti nel Paese e dei relativi piani di investimento per lo sviluppo delle stesse nei prossimi tre anni. Soddisfatto Romani, che ha ringraziato «tutti gli operatori che stanno contribuendo al progetto con grande professionalità e straordinaria disponibilità». Positivo anche il commento del presidente dell’Autorità, Corrado Calabrò, secondo il quale «poter disporre di un modello condiviso non può che agevolare il percorso di definizione delle nuove regole che l’Agcom si accinge a varare».

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I treni di Moretti restano in utile. Costi in discesa

Nove milioni di utili rispetto a un buco di 141 milioni. Prosegue la corsa di Mauro Moretti verso il riassestamento dei conti. Dopo aver chiuso nel 2009 il primo bilancio in utile del gruppo dopo anni di perdite vorticose, l’ad delle Ferrovie dello Stato ha fatto il bis nei sei mesi, portando a casa la prima semestrale in attivo con profitti schizzati del 106%. E le previsioni positive, si legge in una nota, «sono confermate anche per la fine del 2010». Il manager riconfermato la scorsa primavera alla guida delle Fs è riuscito a mantenere in crescita tutti gli indicatori. Il margine operativo lordo  al 30 giugno è stato di 658 milioni, in aumento del 44% rispetto ai 458 milioni del 2009.
La performance è stata favorita dalla crescita di volumi e ricavi nel trasporto viaggiatori, ma anche dal miglioramento gestionale, su cui Moretti insiste da quando ha messo piede ai piani alti di Piazza della Croce Rossa. Basti pensare che la razionalizzazione dei costi operativi ha portato in 4 anni a risparmi per oltre 1,1 miliardi su un totale di 7,3 miliardi del 2006. Balza alle stelle il risultato operativo del gruppo, che a giugno 2010 raggiunge i 115 milioni di euro, in crescita del 542% rispetto ai -26 milioni di euro del primo semestre 2009. Buone notizie anche sul fronte delle controllate. Trenitalia ha segnato un margine operativo lordo di 558 milioni (+25%) e un risultato netto che si avvicina al pareggio con un passivo di 13 milioni. Un dato che non può essere compreso senza ricordare che nel 2006 la società delle Fs chiudeva l’esercizio con un risultato negativo di 1,9 miliardi. Rfi ha invece segnato un utile netto semestrale di 19 milioni  rispetto al rosso di 61 milioni del primo semestre 2009.
Numeri che permettono a Moretti di togliersi l’amaro di bocca dopo il clamoroso stop del Tar del Lazio alla maxi gara da 1,54 miliardi per la fornitura di 50 treni superveloci. Una commessa vinta dal consorzio italo-canadese AnsaldoBreda-Bombardier, ma congelata da un ricorso dei francesi di Alstom (che casualmente fornisce i treni alla concorrente Ntv di Montezemolo).

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giovedì 16 settembre 2010

Patto Capranica in panne. Confcommercio resta sola

Alla fine ha avuto la meglio Giancarlo Cremonesi (nella foto LaPresse), attuale presidente di Acea nonché candidato forte di Gianni Alemanno. Alla terza ed ultima votazione utile per la presidenza della Camera di Commercio di Roma (dopo ci sarebbe stato il commissariamento) Cremonesi ha incassato il voto scontato dell’Unione industriali di Roma e quello inatteso dei piccoli. Cna, Confartigianato, Confesercenti e CdO si sono infatti accontentate di ottenere la vicepresidenza per il loro candidato Lorenzo Tagliavanti. La decisione ha fatto andare su tutte le furie la Confcommercio, che ha disertato il voto denunciando le «logiche politiche» che hanno portato alla vittoria di Cremonesi. Di fatto si tratta della prima spaccatura interna di Rete imprese Italia (il cosiddetto Patto Capranica dove Confcommercio è presente accanto ai “piccoli”), che a pochi mesi dalla sua nascita non è riuscita a presentarsi compatta al primo appuntamento importante.

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Per l’Istat l’inflazione rallenta. Ma è boom per i trasporti

I prezzi si sgonfiano. Anzi no. È un dato che va visto in controluce quello diffuso ieri dall’Istat, che ha sostanzialmente confermato le stime preliminari. Ad agosto l’indice nazionale dei prezzi al consumo ha registrato una crescita dello 0,2% rispetto al mese di luglio e dell’1,6% rispetto allo stesso mese dell’anno precedente. Lo sguardo d’insieme è senz’altro positivo. Ha ragione Confcommercio quando sostiene che la riduzione all’1,6% rispetto all’1,7 del mese scorso dimostra l’assenza di «patologie inflazionistiche» nel nostro Paese e ci pone sostanzialmente in linea con l’Europa dove l’indice in media fermo sull’1,6%. D’altro canto, la stabilità dei prezzi è anche il segno di una difficoltà a ripartire. Tra i settori che hanno contribuito a rallentare il trend inflazionistico c’è ad esempio quello dell’agricoltura. Un fenomeno che alleggerisce le tasche dei cittadini ma pesa tutto sulle spalle degli operatori che vedono, come spiega la Cia, «prezzi sui campi in netta caduta (-16% negli ultimi due anni) e listini sugli scaffali in frenata (appena +0,1% in un anno)».
Detto questo, non tutto è così fermo come può sembrare. E la speculazione che a livello generale appare sotto controllo, lo è molto meno in alcuni settori specifici. Di sicuro sul rallentamento ha pesato la performance dei carburanti, con la benzina che registra addirittura un abbassamento delle quotazioni pari al -1% su base mensile, mentre a livello tendenziale ha segnato una brusca frenata, passando al +5,8% dal +8,9% di luglio. In ribasso anche il prezzo del gasolio per auto (-0,9% su mese, +9,1% su anno) e del Gpl (-0,6%,+ 20,6%). Ma all’interno del paniere ci sono voci schizzate alle stelle. E, guarda caso, si tratta proprio di quei settori che durante l’estate vanno a colpire di più il portafoglio degli italiani. Stiamo parlando di viaggi e vacanze. Secondo i dati dell’Istat i biglietti aerei hanno registrato un’impennata del 26,6% su luglio, mentre i prezzi sono cresciuti del 6,2% su agosto del 2009. Prezzi alle stelle anche per i traghetti, dove si è rilevato un rincaro del 7% su base congiunturale e del 41,1% su base tendenziale. Quanto ai treni, l’Istat ha registrato un rialzo dello 0,2% a livello mensile e del 9,8% a livello annuale.
La vera stangata arriverà in autunno, «quando le famiglie italiane si troveranno a pagare, su base annua, ben 902 euro in più, principalmente a causa di manovre speculative su prezzi e tariffe». Qualcuno è convinto che la corsa isolata di alcuni prodotti si allargherà presto a tutti gli altri settori.  Secondo Casper, il nuovo Comitato contro le speculazioni e per il risparmio, formato da Adoc, Codacons, Movimento difesa del cittadino e Unione Nazionale Consumatori, la vera stangata arriverà in autunno. Le prime avvisaglie, secondo il Casper già con gli aumenti dell’acqua  (+8,5%) e dell’Rc auto (+7,3%) le famiglie italiane già ad agosto stanno pagando, rispetto allo scorso anno, 30 euro in più per ogni vettura assicurata e 23 euro in più per l’acqua potabile.

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mercoledì 15 settembre 2010

Cresce il debito, non la produttività

A prima vista le cose non vanno niente bene. Da qualunque angolazione lo si guardi, il dato complessivo, arrivato come al solito in contemporanea da Bankitalia e dal Tesoro, sull’andamento delle entrate sembra tracciare un quadro fosco per le finanze pubbliche. Il calo del gettito nei sette mesi si attesta a -3,4% secondo Via Nazionale (che utilizza il criterio di calcolo per cassa) e a -3,1% per Via XX Settembre (secondo il criterio di competenza). E sebbene ieri, a differenza di altre occasioni, le due cifre convergano, mai come questa volta il documento parallelo diffuso dalle Finanze merita una lettura più approfondita. Il calo è infatti quasi totalmente attribuibile alla flessione delle imposte dirette, in particolare al crollo (-52,5%) dell’imposta sostitutiva su interessi e altri redditi da capitale imputabile principalmente alla riduzione dei tassi d’interesse avvenuta nel 2009 e al calo dei rendimenti dei buoni fruttiferi postali. Una flessione ampiamente compensata dall’aumento dell’Ire (2,3%) e dell’Iva (+4%).
Un’altra voce che ha fatto sballare i conti è il venire meno delle entrate una tantum per il riallineamento dei valori contabili per l’adozione dei nuovi criteri internazionali Ias. Una sorta di posta straordinaria che ha pesato sulle entrate dello Stato per 4,2 miliardi rispetto ai complessivi 7 miliardi che mancano in confronto ai sette mesi del 2009. Contemporaneamente sono però aumentati del 10% gli incassi da ruoli. In sostanza, si legge nel documento del dipartimento delle Finanze, «al netto delle “una tantum” si registra una riduzione percentuale più contenuta, passando dal -3,1% a -1,3% per la competenza giuridica e dal -3,4% al -1,3% per gli incassi. Se a questo si aggiungono i ruoli, i conti di Giulio Tremonti non sembrano più così cattivi. «Nel complesso le entrate, inclusi gli incassi erariali dei ruoli e l’effetto nettizzante delle poste correttive evidenziano un lieve incremento dello 0,1%». C’è poco da discutere, invece, sul debito, che a luglio ha collezionato l’ennesimo record negativo. Il “buco” dello Stato italiano, arrivato a quota 1.838 miliardi, è cresciuto del 4,7% rispetto a luglio 2009 e del 4,3% sulla fine dell’anno scorso. In altre parole, se il gettito tiene e le entrate sono in linea con le previsioni, la spesa della pubblica amministrazione non riesce invece a rallentare la sua corsa. Un dato che non può non preoccupare, soprattutto, se letto insieme a quello diffuso sempre ieri da Eurostat relativo alla produzione industriale nel Vecchio continente. Come già confermato nelle scorse settimane, l’Italia sta ripartendo, ma troppo lentamente. A luglio l’avanzamento è stato dello 0,1% sostanzialmente in linea con quello dell’Eurozona e dell’Europa a 27, che non ha di fatto registrato variazioni. Rispetto allo stesso mese dello scorso anno, però, l’area Euro è cresciuta del 7,1% e la Ue a 27 del 6,8%. Nel nostro Paese, invece, il dato annuale parla di un aumento limitato al 4,8%, segno che la scossa su produttività e competitività per rilanciare l’economia italiana, su cui da più parti arrivano  sollecitazioni, non è più rinviabile.

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